Chico Forti “è stremato”, appello a Cartabia: “Risolvete i problemi burocratici con gli Stati Uniti”

Era il 23 dicembre 2020 quando Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, annunciò il ritorno in Italia di Chico Forti, il 62enne produttore televisivo e velista detenuto dal 2000 negli Stati Uniti dove sta scontando una condanna all’ergastolo per omicidio, nell’ambito di una vicenda giudiziaria piena di punti oscuri e aspetti da chiarire, con il diretto interessato che si è sempre dichiarato innocente. Quasi sei mesi dopo non c’è ancora una data ufficiale del ritorno, in carcere, nel suo Paese natale.

A lanciare un appello alle istituzioni è Gianni Forti, zio dell’imprenditore trentino: “Chico ormai è allo stremo. Sì è vero, è un combattente nato. Ma stavolta è al limite. In questi mesi di pandemia, abbiamo avuto anche problemi a sentirlo con continuità. E’ isolato dal mondo. Poco prima di Natale dell’anno scorso, il ministero degli Esteri aveva annunciato che il trasferimento in Italia ormai era cosa fatta – continua Forti – Bene, ad oggi solo silenzio. Questa tragedia familiare, oltre che giudiziaria, non ha fine. A questo punto siamo costretti a chiedere al governo risposte certe”.

Alla base del ritardo, dopo l’annuncio festante di Di Maio, ci sarebbero problemi burocratici: i documenti, che il dipartimento della giustizia degli Stati Uniti avrebbe dovuto mandare al ministero della Giustizia per accordarsi sulla commutazione della pena e relativo trasferimento, non sarebbero mai arrivati in Italia. “Senza questi documenti Chico non può rientrare – sottolinea Gianni Forti – Dall’annuncio del ministro Di Maio sembrava che sarebbero passate poche settimane, lo aspettavamo il 14 febbraio per il compleanno della mamma che ha compiuto 93 anni, poi a Pasqua, infine a maggio. Invece, ancora niente. Siamo fermi al palo”.

L’ultima mail dal carcere

“L’ultima mail di Chico Forti – prosegue lo zio –  è della settimana scorsa: si trova ancora in un carcere statale della Florida. Per l’estradizione in Italia deve essere prima trasferito in una prigione federale dal Dipartimento di giustizia americano. Se il governo italiano non sollecita gli americani, loro di certo non si fanno prendere dalla fretta – dice Gianni Forti -. La Farnesina ha fatto il suo lavoro, ora deve farlo il ministero della Giustizia. Se la prima lettera alle autorità americane non ha avuto risposta, spero che la ministra Cartabia ne invii un’altra. Ormai le mail di Chico arrivano a singhiozzo. Nell’ultima, a parte cose personali, ha scritto che ha piena fiducia che le istituzioni italiane accorceranno il più possibile la sua attesa. Ma si capisce che è una situazione atroce”.

La madre: “Non mi resta molto tempo”

Un appello, dalle pagine del quotidiano Libero, è stato lanciato anche dalla mamma di Chico Forti, la signora Maria, 93enne. “Non lo vedo dal 2008, ormai non mi resta molto tempo. E’ fondamentale l’intervento del Governo per sbloccare gli ostacoli burocratici”.