Il Sistema? Semplicemente non esiste. È solo un titolo di un libro di successo. Lo hanno fatto notare ieri le toghe di Articolo 101, il gruppo di magistrati che cerca di opporsi al correntismo imperante in magistratura, commentando sul sito “toghe.blogspot” le motivazioni della sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione che ha confermato la radiazione di Luca Palamara dall’ordine giudiziario.
Secondo la Cassazione, Palamara ha «agito sulla base di motivazioni assolutamente personali, intendendo colpire specificamente singoli magistrati, volta per volta presi di mira e al contempo e sinergicamente, ponendo in essere manovre strategiche tese a collocare in alcuni uffici giudiziari sensibili taluni magistrati in luogo di altri aspiranti».
Nelle oltre duecento pagine di sentenza che hanno avallato la decisione del Consiglio superiore della magistratura di togliere per sempre dopo un turbo processo disciplinare la toga a Palamara, della parola “Sistema” non c’è traccia. E il racconto di Palamara con il direttore di Libero Alessandro Sallusti? Le trame svelate? Gli accordi sottobanco? Tutto finto. «Quel diavolaccio di Palamara ha fatto tutto da solo, riuscendo a condizionare un organo importante e collegiale come il Csm, composto da molti magistrati e politici, tutti messi nel sacco dal mefistofelico saggista», ironizza allora il giudice Nicola Saracino.
Palamara e le sue malefatte hanno determinato le sorti della magistratura italiana per anni, piazzando i suoi amici nei posti di comando e sgambettando i nemici. Certo, è una tesi difficile da credere. Palamara non fa “sistema” da solo. Semmai, puntualizza Saracino, «nel sistema ci sguazzava alla grande viste le innegabili doti riconosciutegli dai mille questuanti, tra i quali anche altissimi papaveri ai vertici di uffici molto importanti». «Per il rispetto che gli si deve – prosegue Saracino – bisogna credere alla Cassazione. A non crederci, paradosso dei paradossi, sono i correntisti, cioè i togati organizzati in partiti politici interni alla magistratura che, secondo l’ingannevole racconto di Palamara, erano dediti a dividersi la torta degli incarichi direttivi, piazzando qua e là nel paese gli scudieri delle varie cordate, tanto indifferenti ai meriti quanto sensibili all’appartenenza dei loro protetti». Il tutto, peraltro, sarebbe avvenuto «senza finalità politiche che avrebbero poi connotato anche l’attività giudiziaria delle Procure delle Repubblica: bestemmia che la Cassazione ha sanzionato come bufala, così che tutti fossero più tranquilli».
La sentenza della Cassazione, però, stride con quanto sta accadendo in questi mesi, con tutti gli operatori del diritto preoccupati delle conseguenze nefaste del correntismo in toga. «L’Associazione nazionale magistrati – ricorda Saracino – supplica la politica di fare presto perché il sistema clientelare è vivo e vegeto. E la ministra della Giustizia li ascolta e forma commissioni di cervelloni per arginare il sistema clientelare in magistratura, sollecitata persino dal Capo dello Stato che, a differenza della Cassazione, il sistema lo conosce e lo teme, essendo egli anche il presidente del Csm». Tutto questo agitarsi, continua il magistrato, del mondo correntizio e politico per giungere «ad una riforma anti-sistema mostra il lato comico della vicenda che evoca le collodiane bugie: una sentenza del più alto organo giudiziario italiano ha affermato che il sistema non esiste, respingendo la difesa dell’incolpato che di quel sistema si proclamava abile pedina».
Il resto del mondo, quello fuori del Palazzaccio di piazza Cavour, sembra comunque ignorare quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione e «si schiera, inconsapevolmente, a difesa di Palamara, non più isolato artefice di malefatte dettate da ‘motivi personali’ bensì protagonista, con molti altri, di un sistema da scardinare», conclude Saracino. La pronuncia della Cassazione è l’ultima parola sul caso ed in Italia non è ulteriormente “discutibile” in sede giudiziaria: a Palamara restano solo i diritti umani da far valere in sede europea. Ma, considerate le tempistiche della Corte di Strasburgo, l’ex presidente dell’Anm farà in tempo a scrivere altri tre o quattro libri.
