Il parere
Con il sindaco d’Italia viene riconosciuta piena dignità al voto espresso dai cittadini
Nel “Si&No” del Riformista spazio alla proposta di Italia Viva sul sindaco d’Italia. Favorevole Marilisa D’Amico, professore ordinario di Diritto costituzionale, secondo cui “così è riconosciuta piena dignità al voto espresso dai cittadini”. Contrario invece Dario Parrini, vicepresidente Commissione Affari Costituzionali, che sottolinea come l’elezione diretta del premier “presenta un’estrema rigidità e mortifica il Parlamento”.
Qui il commento di Marilisa D’Amico:
Sono profondamente convinta, e da tempo, come parte della dottrina costituzionalista, della necessità di intervenire con cambiamenti anche formali della seconda parte della Costituzione, per rimediare non soltanto alla “debolezza voluta” del Governo – affidata a norme costituzionali scarne e scarse – ma anche per consentire al Parlamento di riprendere la propria centralità ormai smarrita e al Presidente della Repubblica e alla Corte costituzionale di riposizionarsi come “garanti” e non come “supplenti” di altri poteri. Il punto di partenza infatti da cui occorre prendere le mosse, con sincerità, è la constatazione della profonda trasformazione – nei fatti – della nostra forma di governo parlamentare, che va oltre il perimetro delle norme scritte, le quali, peraltro, volutamente già esprimevano un Presidente del consiglio debole.
Nella relazione che accompagna il disegno di legge di revisione costituzionale presentato dal senatore Renzi si sottolinea proprio la necessità e l’urgenza di rafforzare la nostra forma di governo al fine di razionalizzarla e metterla al riparo dalle troppe distorsioni che sono andate accumulandosi nel corso della vita repubblicana. A partire da questa consapevolezza, la proposta di revisione costituzionale in commento intende introdurre l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, prendendo a modello il sistema delle amministrazioni locali, unico – si legge ancora nella Relazione – capace di garantire ai cittadini la determinazione della politica nazionale e, ad un tempo, di consentire al Paese di essere governato per cinque anni senza risentire dei continui cambi di umore delle forze politiche.
Come si evince dalla relazione, si tratterebbe di un modello capace di riconoscere piena dignità al voto dei cittadini. Dal punto di vista del contenuto, il disegno di legge si compone di cinque articoli: l’art. 1 coordina l’istituto dello scioglimento anticipato con il modello istituzionale dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri. A questo fine si prevede che, in caso di dimissioni, morte o impedimento permanente del premier, il Capo dello Stato disponga lo scioglimento anticipato delle Camere. È una previsione necessaria per assicurare il principio del simul stabunt simul cadent, già presente nei modelli istituzionali regionali e locali, che è finalizzata a garantire stabilità attraverso la previsione della medesima sorte per due organi. L’art. 2 prevede l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio, contestualmente alle elezioni delle Camere, per evitare la cd. coabitazione, vale a dire la situazione in cui il Presidente del Consiglio si trovi a interfacciarsi con una maggioranza espressione di forze politiche estranee alla sua (come avviene invece in Francia). Questo stesso articolo prevede, poi, l’attribuzione al Presidente del Consiglio del potere di nominare e revocare i ministri, come riflesso naturale dell’investitura diretta. L’art. 3 incide sul rapporto fiduciario: in forza dell’elezione diretta e della contestuale elezione delle Camere, la fiducia si intende accordata in via implicita. Il Governo sarà sempre chiamato a presentarsi alle Camere per illustrare il proprio programma e la fiducia potrà comunque venire meno, ad esempio a seguito dell’approvazione della mozione di sfiducia. Si prevede, poi, nel caso in cui il Governo ponga la questione di fiducia e ottenga su di essa un voto contrario, la possibilità di richiedere, dal giorno successivo, una seconda deliberazione per verificare che il rapporto di fiducia si sia effettivamente interrotto. L’art. 4 si occupa di precisare il ruolo del Presidente del Consiglio, mentre l’art. 5 prevede l’applicazione del nuovo modello istituzionale a partire dalla prossima legislatura.
La proposta muove, come visto, da un punto di partenza condivisibile e propone una modifica mirata, volta a correggere una delle pagine più ambigue della nostra carta costituzionale. Ci si potrebbe però domandare se la soluzione non presenti margini di incertezza o di possibili miglioramenti: per assicurare una maggiore stabilità al Governo, mi chiedo se non sia ipotizzabile, anche, in casi specifici, la previsione della cd. fiducia costruttiva, ovverossia l’ipotesi per cui il Parlamento possa votare la sfiducia al Governo proponendo una soluzione alternativa, nell’ambito però della maggioranza espressa dagli elettori. Questa soluzione, oltre ad essere più coerente con il ruolo centrale che il Parlamento, comunque, ricopre nella nostra forma di governo, contribuirebbe a evitare uno scivolamento verso una eccessiva “leaderizzazione” e una svalorizzazione della rappresentanza intesa come intermediazione fra “il popolo” e il “leader”.
Vi sono, poi, taluni aspetti tecnici della proposta che meriterebbero un approfondimento, soprattutto per quanto riguarda la figura del Presidente della Repubblica, le cui attribuzioni risulterebbero profondamente modificate. Rimane, in ogni caso, un dato di fondo, che è necessario tenere a mente quando si discute di riforme costituzionali: assicurare un più efficace funzionamento all’attività del Governo e – più in generale – al sistema definito nella seconda parte della Costituzione significa difendere meglio la prima, quella che garantisce i diritti e i doveri di tutti e tutte.
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