Nel “Si&No” del Riformista spazio alla proposta di Italia Viva sul sindaco d’Italia. Favorevole Marilisa D’Amico, professore ordinario di Diritto costituzionale, secondo cui “così è riconosciuta piena dignità al voto espresso dai cittadini”. Contrario invece Dario Parrini, vicepresidente Commissione Affari Costituzionali, che sottolinea come l’elezione diretta del premier “presenta un’estrema rigidità e mortifica il Parlamento”. 

Qui il commento di Dario Parrini:

L’Italia è una repubblica parlamentare e tale deve restare. Non è opportuno che diventi né presidenziale (modello Usa), né semipresidenziale (modello Francia), né criptopresidenziale (modello del Sindaco d’Italia o dell’elezione diretta del primo ministro). L’obiettivo da perseguire è migliorare la forma di governo parlamentare, non archiviarla.
In Italia quella di avere governi più stabili, che godano di una solida legittimazione popolare, e che possano durare per una intera legislatura, è una necessità reale, tanto grande quanto la necessità di restituire dignità e forza al Parlamento, oggi schiacciato dalle modalità concrete dello svolgersi dell’attività legislativa. Ma la risposta giusta a questa necessità non è l’elezione popolare del Presidente del Consiglio, con annessa clausola simul stabunt simul cadent (elezioni anticipate automatiche se il premier si dimette o viene sfiduciato).

Questa scelta presenta una estrema e disdicevole rigidità, non è presente in nessuna democrazia occidentale e si porta dietro almeno tre grossi problemi: comporta una revisione invasiva della Costituzione; mortifica il Parlamento, che viene privato del potere di fiduciare e sostituire i governi; fa saltare l’equilibrio costituzionale tra Capo del Governo e Capo dello Stato, svilendo il ruolo del Presidente della Repubblica, le cui maggiori prerogative subiscono uno svuotamento di fatto.
Per arrivare a una maggiore stabilità e a una più forte legittimazione popolare degli esecutivi in maniera sostenibile – senza stravolgimenti della nostra Costituzione e senza intaccare la funzione di garanzia e di motore istituzionale di riserva del Quirinale – ci sono due strade, entrambe ampiamente sperimentate e di stampo neoparlamentare, e che possono essere adottate sia singolarmente che in forma integrata.
Una strada è quella che passa da una legge elettorale maggioritaria decidente, in base alla quale la legittimazione popolare del governo deriva dal fatto che diventa premier il capo della lista o della coalizione a cui il voto degli elettori ha conferito la maggioranza assoluta dei seggi. Formalmente, in questo caso, il popolo elegge una maggioranza parlamentare, non un capo.

Un’altra strada è il modello tedesco (vigente con qualche variante anche in Spagna e in Svezia). Cioè un sistema parlamentare razionalizzato in cui una legge elettorale proporzionale robustamente corretta si associa alla sfiducia costruttiva e all’elezione parlamentare del primo ministro, al quale, conseguentemente, viene attribuito il potere di proporre al Capo dello Stato sia la nomina che la revoca dei ministri, nonché lo scioglimento delle camere in caso di sconfitta su un voto fiduciario.

Dario Parrini (Vicepresidente Commissione Affari Costituzionali)

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