Conte e Di Maio? Come Gastone e Paperino: al premier va tutto bene, al ministro nulla

Avete presente Gastone Paperone? Lo inventò nel 1947 Carl Barks per Walt Disney ed è il papero fortunato: azzimato, impomatato, sfaticato, di immeritato e insopportabile successo. È l’antimateria di Paperino, che è il papero sfortunato, immerso nei guai ma con una fondamentale papera onestà. Paperino, com’è ovvio, odia Gastone perché quello gli vuole fregare la ragazza ed è pieno di soldi e di fortuna. Nella famiglia papera, Gastone è visto male anche dallo stramiliardario Paperon de Paperoni (Scrooge McDuck, nell’originale con riferimento allo Scrooge di Dickens), un emigrato scozzese che si è fatto da solo partendo dal primo nichelino.

Ebbene, guardate: Gastone Paperone è Giuseppe Conte e Paperino è ovviamente Giggino Di Maio. Paperino Di Maio – almeno – ha trafficato nella politica universitaria e come si legge ormai anche sull’Enciclopedia Britannica, accompagnava con umiltà e qualche mancia gli spettatori paganti allo stadio. Ma Giuseppe Gastone Conte – lui e solo lui – è il papero fortunato. Gliene vanno bene tutte. Persino la tremenda epidemia è per lui – politicamente parlando – un terno al lotto. Guardatelo: nei telegiornali non è più soltanto un protagonista. È un salvaschermo. Durante il notiziario il conduttore parla di varia umanità ma dietro di lui, sul grande schermo che fa da sfondo al piccolo schermo, c’è sempre laborioso e taciturno Gastone Paperone Conte.

Sulla sua scrivania, non si vede, ma il display del Consensometro Google spara numeri milionari in crescita continua perché il pubblico è sempre quello del Nerone di Petrolini che si affeziona e applaude: “Bene, bravo, grazie”.  Lui, Gastone, è solo. Pensa. Di fronte alla sua enorme scrivania ha un altro schermo suddiviso in tanti altri piccoli schermi. Chi appare in quei piccoli lotti elettronici? Loro: i grandi della Terra. Tutti primi ministri, presidenti, eccellenze, scià, califfi, imperatori, zar, dittatori, caudillos, eccellenze, eminenze, sono tutti perennemente in flebo Wi-Fi per potersi travasare in conferenza planetaria congiunta perenne no-stop con Gastone che è serio ma distratto. Annuisce.

Un suo impercettibile piccolo cenno di fastidio equivale a una sentenza. Se dai suoi schermi i grandi della Terra sono assenti perché sono andati al bagno, Gastone non dà segni di smania e aspetta. Vive piazzato davanti a tutti quegli schermi come un’orchidea di plastica. Paperino , come da copione, ci sforma. Nell’ultima avventura, “Paperino e Gastone nella Nuova Maggioranza”, Paperino era sempre arrabbiato: si vedeva che rimpiangeva i nemici dell’avventura precedente con Matteo Gambadilegno e aveva fatto la grande mossa delle dimissioni da Capo dei Capi, chiudendosi a chiave nella Farnesina sotto una feluca, sperando prima o poi di tornare protagonista. Ma era andato tutto male.

L’unica cosa che era riuscito a fare per avere visibilità nei notiziari era stato il tormentone sul povero studente italiano in Cina che non aveva il Coronavirus, che non ha mai avuto il Coronavirus, ma che aveva qualche linea di febbre – i test confermavano – e nessun corona virus. Un grande caso. I cinesi non lo volevano sui loro aerei perché avevano vietato gli sternuti. Le loro regole sono rigide. Allora Paperino ne aveva fatto un grandissimo caso e mandato un aereo militare per riportare a casa il povero ragazzo col raffreddore che non aveva mai avuto il corona virus, ottenendo – caso straordinario ma non unico di giornalismo italiano contemporaneo – più volte il servizio di apertura nei telegiornali: “Studente italiano sano e senza Coronavirus, fatto rientrare con aereo militare dalla Cina e sottoposto a tampone che conferma che era sempre stato sano come un pesce”.

Un piccolo momento di gloria. Nulla a confronto di quanto poteva schierare il tele-giornalismo di Gastone che ha trasformato in romanzo a lieto fine continuo la vicenda della famosa Coppia di Coniugi Cinesi in Italia che ancora reggono banco: i poveretti come tutti sappiamo erano malati ma, sottoposti ad attente e lodevoli cure, sono guariti. Alleluja. Però restano in ospedale. Si devono rimettere in salute.

Allora non sono guariti? Sì, ma sono come le pecore che si usavano agli esordi della televisione in bianco e nero quando non c’era la pubblicità: fra un programma e l’altro andava in onda un “Intervallo” e si vedevano delle pacifiche pecore in bianco e nero che brucavano un prato in bianco e nero. Tutti si andavano a lavare i denti e a fare pipì perché c’erano le pecore. Adesso al posto delle pecore c’è la coppia degli anziani signori cinesi, malati, salvati, dimessi, rientrati, sostenuti, trattenuti, liberati, salvati di nuovo e poi ancora curati. Ogni volta un titolo a favore di Gastone. Che uomo. Che cinesi.

Gastone è sempre lì – rassicurante salvaschermo seduto dietro il tavolo – mentre osserva l’altro schermo intergalattico del dialogo costante. Il consenso – che è una malattia passiva del cervello pigro – cresce a Viagra, perché Gastone è fortunato anche se l’Italia lo è molto meno, visto che il virus ha ormai ridotto l’Italia del Nord a un girone dantesco in cui migliaia muoiono soffocati senza conforto e si finisce gettati nelle bare avviate a crematori come mai nemmeno in Cina: dunque, appare probabile che qualcuno in qualche modo e da qualche parte debba pur aver infilato una serie di grandissime cazzate promosse da un governo di cui lui è il capo. Ma Gastone è fatto così: deve solo aspettare e la fortuna è sempre dalla sua.

Un giorno lo chiamò Paperino e gli disse: “Ti va se ti porto dall’uomo sull’alto Colle per proporti come capo del governo?”. Lui rispose: “Ma sono vestito bene?”. Sì, lo rassicurò Paperino: hai pochette, ghette, bombette, cravatte, sei liscio e pettinato come se t’avesse leccato la vacca. E così diventò primo ministro. Poi, anche secondo ministro. Continuazione del primo.

E Paperino? Livido. Gli hanno sfilato il diritto di decalcomania televisiva, può apparire soltanto di rimessa. E deve faticare. Raduna gli ambasciatori e tutti lo prendono in giro perché non sa le lingue. Nessuna. Gastone, neanche lui. Ma ha savoir faire: è uno che quando andava a lezione alla New York University per imparare l’inglese che non sa, se lo iscriveva come titolo accademico. Tanto che l’uomo sull’alto Colle gli disse: fortunato, passi.  Ma adesso basta stronzate, d’accordo? Altri tempi, ormai. Oggi Gastone pensa di essere lui un giorno l’uomo del colle, versione maglioncino o in “fracche,” come lo chiamava Ettore Petrolini.

Nelle storie di Carl Barks in genere Donald Duck (cui il fascismo impose il ridicolo nome di Paperino) alla fine prevale sull’indecentemente fortunato cugino impomatato che raccoglie successo qualsiasi cosa faccia, specialmente se la fa male. Gastone si è insignito dell’ordine di Grande Salvatore Epidemico mentre persino i cinesi che arrivati a Milano per dare una mano si sono chiesti se è scemo, vedendo la sciatta inconsistenza delle misure concepite e attuate da una banda di incompetenti, come mostra il record dei morti e dall’infezione.