L’evasione fiscale rappresenta per il nostro Paese una continua e costante emergenza, che non solo provoca rilevanti danni al nostro sistema economico ma rappresenta un inaccettabile vulnus all’equità e ai fondamenti del vivere democratico. Un fenomeno deplorevole che sottrae risorse ai servizi indispensabili per i cittadini, che limita o addirittura impedisce il contrasto alle disuguaglianze e la tutela dei più deboli. Un fenomeno che sembra essere diventato strutturale nel nostro Paese, amaramente considerato quasi inevitabile e ineluttabile, anche se negli ultimi anni si è registrato qualche segnale importante di miglioramento, grazie soprattutto all’introduzione di efficaci misure di contrasto come l’allargamento dello split payment e la fatturazione elettronica obbligatoria. Ciononostante, il tax gap, cioè il divario tra le imposte e i contributi effettivamente versati e quelli che i contribuenti avrebbero dovuto versare in un regime di perfetto adempimento degli obblighi tributari e contributivi, continua ad ammontare a circa 100 miliardi di euro all’anno, dato che nel confronto europeo pone il nostro Paese in una posizione decisamente poco invidiabile. Un fenomeno tanto grave che per tentare di porvi rimedio il PNRR, nell’ambito delle misure correlate alla Riforma dell’Amministrazione fiscale, prevede fra gli obiettivi primari la riduzione del tax gap.

Quindi la lotta all’evasione – in tutte le sue diverse sfaccettature – dall’occultamento di base imponibile al mancato versamento di imposte regolarmente dichiarate, dalle frodi fiscali all’utilizzo improprio di strumenti agevolativi, deve diventare una priorità, a maggior ragione in un paese caratterizzato da seri problemi di debito pubblico, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello civile, perché sottrae risorse a tutti i cittadini ed in particolare a quelli che più ne hanno bisogno. Sono parecchi gli strumenti che possono essere impiegati in modo integrato e coordinato per limitare l’evasione, a partire dall’attività di compliance, che spinge il contribuente infedele a modificare il suo comportamento, fino ai moderni sistemi di controlli automatici, che sfruttano le più avanzate tecnologie, non ultima l’intelligenza artificiale. Esiste però uno strumento piuttosto semplice, fino ad oggi spesso evocato ma mai applicato, che certamente non risolverebbe tutti i problemi ma che potrebbe dare buoni risultati per far emergere redditi spesso occultati.

Uno strumento che si basa su una considerazione logica elementare: nel momento in cui un meccanismo di detrazioni/deduzioni fiscali rende non più conveniente per il consumatore un pagamento in nero, il venditore sarà costretto a dichiarare le sue attività, facendo così emergere base imponibile. Si tratta del cosiddetto contrasto di interessi dove, come dice la parola stessa, l’interesse del venditore ad evadere trova un ostacolo, un contrasto nella convenienza del compratore ad effettuare una transazione alla luce del sole. Si tratta di uno strumento che ha oggettivamente anche dei limiti, a partire dall’onerosità per le casse statali o dal fatto che il venditore potrebbe comunque praticare degli sconti del prezzo in nero per renderlo più conveniente rispetto agli sconti fiscali offerti dallo Stato, ma che limitatamente a particolari settori e magari per periodi predefiniti potrebbe favorire l’emersione del tanto sommerso esistente. Si tratterebbe quindi di applicare questa misura al lavoro autonomo o alle imprese individuali, caratterizzati da un gap tax decisamente rilevante, selezionando magari i settori a maggiore rischio di evasione, partendo dal presupposto che tanto è maggiore la possibilità per il consumatore di portare in detrazione/deduzione il costo del bene/servizio acquistato, tanto più pressante sarà la richiesta al venditore di rilasciare fattura o scontrino, con conseguente incremento della sua base imponibile.

Contrasto di interessi, uno strumento semplice, che non presenta insormontabili difficoltà applicative e che in taluni settori potrebbe portare risultati interessanti, anche se per vincere la lotta contro l’evasione fiscale servirebbe più di ogni altra cosa un cambiamento culturale, un diverso approccio dei cittadini a questo fenomeno. Chi non paga le tasse non è un furbo, non può esserci nessuna giustificazione o nessun cedimento nei confronti degli evasori, così come è inaccettabile che un Presidente del Consiglio definisca le tasse “un pizzo di Stato”. Chi non paga le tasse è un disonesto che mette a rischio il futuro del Paese, il futuro nostro e quello delle prossime generazioni. Quando gli italiani, tutti gli italiani, lo avranno capito, la lotta all’evasione sarà molto più semplice.