Domenica scorsa si è chiuso il primo Congresso nazionale di Azione, il partito voluto da Carlo Calenda e Matteo Richetti. Naturale ed immediato è il dubbio della necessità di un nuovo soggetto politico, e istintiva è la riflessione sulla sua capacità di portare qualcosa di veramente nuovo. L’infrastruttura del partito su cui abbiamo lavorato, in questi due anni, si basa su una scelta profonda e valoriale che travalica il tatticismo politico. Abbiamo immediatamente evidenziato che l’assenza di una profonda riforma del sistema politico, porta al continuo corto circuito tra le funzioni principali dello Stato ed i diritti fondamentali ed inviolabili dei cittadini, con una conseguente ricaduta sulle priorità d’intervento: cura, sapere, sicurezza, sanità, scuola, ordine pubblico.
Carlo Calenda, durante la due giorni di congresso romana, ci ha ricordato, che Azione nasce per essere protagonista del rilancio del riformismo e della cultura di governo, una terza via per la costruzione di un’alternativa possibile al populismo e al sovranismo. Non si parla più di grande centro ma di un’area pragmatica che contiene le grandi famiglie politiche europee. E non si tratta di argomenti di destra o di sinistra. Non vogliamo sembrare “i primi della classe”, né quelli che riescono a vedere le cose prima che accadano: come la profetica scelta di parlare di Sanità a novembre 2019 qualche mese prima della più grande pandemia che il mondo potesse aspettarsi. Vogliamo però “seminare” un modello nuovo di pensiero e di politica. Un modello dove la cultura sia centro e confine della politica stessa.
La relazione del neo segretario Calenda, è stata da più parti commentata come una relazione “troppo” culturale, una critica paradossale a cui un po’ tutti ci siamo abituati, l’idea che la politica debba parlare alla pancia e non alla testa, un’idea che appiattisce il senso stesso della politica e che la svilisce. Non c’è antidoto migliore a questo declino se non la cultura. La cultura, quella riformista e liberista, contro la semplificazione, braccio armato del populismo, contro il degrado della classe politica e amministrativa del paese. Una cultura che sappia soppiantare il seme della complessità e del rispetto delle competenze. Azione, a ben leggere il manifesto fondativo respira sia del liberalismo sociale che del popolarismo di Sturzo in una ricerca pragmatica di sintesi e di equilibrio. Ma ancora il dubbio… era necessario un nuovo partito? C’è da prendere atto dello stato di emergenza politica, culturale e democratica dei nostri giorni per poter comprendere, fino in fondo, la nascita di Azione.
C’è da compenetrarsi nella decadenza generale del Paese e delle istituzioni. Azione nasce con un DNA risolutivo e coraggioso per affrontare il presente con la ricerca di soluzioni concrete. Per Azione la politica è amministrazione, concretezza, buongoverno. Altrimenti è solo populismo e chiacchiere inutili. E poi la serietà. Vogliamo invertire il modello di comunicazione politica portando l’onestà intellettuale al centro del dibattito, un dibattito dove poter dare ragione all’avversario politico e poter fare proposte impopolari. Vogliamo una politica capace di anteporre alla convenienza la convinzione, la coerenza e la competenza. È necessario, urgente, impellente invertire il disastro culturale del populismo e del sovranismo che ha portato alla negazione dei doveri associati ai diritti. Si pretende il massimo intervento dello Stato a fronte della massima libertà individuale. Ogni partito, dovrebbe aver compreso quanto la politica oggi viva di un linguaggio chiuso, di autoreferenzialità e di liturgie distanti dalla vita reale; Azione nasce anche con il senso di responsabilità di restituire serietà e credibilità alla politica.
