Delitto di Garlasco, Alberto Stasi oggi sarebbe innocente. La “doppia conforme” che farebbe salvo l’ex fidanzato

Come già ampiamente raccontato nel numero 70 di PQM dedicato al processo di Garlasco, la lunga e tortuosa vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Chiara Poggi si è conclusa con la condanna di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione nel dicembre 2014. Questa sentenza è stata preceduta da una cosiddetta “doppia conforme”, ossia da un’assoluzione piena in primo grado e da una sua conferma in appello. Il Procuratore Generale ne ha richiesto la riforma, ed il resto è storia.

Garlasco, perché Alberto Stasi oggi sarebbe considerato innocente

Oggi, o meglio dal 2017 con la Riforma Orlando, le maglie del ricorso della Pubblica Accusa si sono ristrette: ci dice l’articolo 608 del codice di procedura penale che “se il giudice di appello pronuncia sentenza di conferma di quella di proscioglimento, il ricorso per cassazione può essere proposto solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606”. E dunque, quando una sentenza di appello abbia confermato un’assoluzione di primo grado, al Procuratore Generale saranno consentite unicamente doglianze, per così dire, di puro diritto: violazione di legge, inosservanza di norme processuali. È invece preclusa ogni argomentazione che, anche individuato un vizio di legittimità (siamo pur sempre dinanzi alla Suprema Corte), si fondi su un rinnovato vaglio dei fatti di causa: mancata assunzione di una prova decisiva (lettera d); mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (lettera e). In assenza di vizi diversi da questi ultimi, perciò, la Procura Generale non può che arrestare la propria corsa: l’assoluzione resta confermata.

Quel limite della parte pubblica confermato dalla Cassazione

Le ragioni di questa scelta legislativa sono state nel tempo confermate dalla Suprema Corte: è “un limite alle facoltà della parte pubblica che trova ragionevole giustificazione (…) nell’esigenza di deflazione del giudizio di legittimità; nell’ontologica differenza di posizione delle parti processuali, giustificativa, nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, di un’asimmetrica distribuzione delle facoltà processuali e di una diversa modulazione dei rispettivi poteri d’impugnazione; nella presunzione di non colpevolezza dell’imputato, stabilizzata dall’esito assolutorio di due gradi di giudizio; nella pienezza del riesame del merito consentito dal giudizio di appello; nell’esigenza di non dilatare i tempi di definizione del processo per l’imputato, assicurandone la ragionevole durata e la stabilizzazione del giudizio di non colpevolezza” (così da ultimo la Cassazione Penale, Sezione IV, n. 31664/2024).

La presunzione di non colpevolezza stabilizzata dalla “doppia conforme”

Non solo esigenze deflattive, dunque, ma anche e soprattutto la valorizzazione della presunzione di innocenza e del limite del ragionevole dubbio; quest’ultimo, già oneroso se espresso da un solo giudice, diventa un limite al sindacato dell’accusa se confermato da un ulteriore giudizio di merito. Per usare ancora una volta le parole della giurisprudenza di legittimità, la presunzione di non colpevolezza viene di fatto “stabilizzata dall’esito assolutorio dei due gradi di giudizio di merito, con approfondimento di aspetti e di elementi di fatto, non rivisitabili né riesaminabili in sede di legittimità sotto il profilo delle incongruenze motivazionali, posto che la presenza di due pronunce assolutorie di per sé denota l’esistenza di un ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato” (Cassazione Penale, Sezione VI, n. 39456/2023). Ebbene, con queste premesse, quella della Quarta Pagina di PQM sembra essere una sede opportuna per ripercorrere sinteticamente le doglianze della Procura Generale avverso l’assoluzione di Stasi ed insieme verificare se esse resisterebbero al vaglio di ammissibilità di un ricorso presentato nel giugno del 2025.