Il 7 ottobre 1985, durante una crociera sul Mediterraneo, al largo delle coste dell’Egitto, la nave da crociera italiana Achille Lauro, venne dirottata da un commando di quattro terroristi appartenenti al Fronte per la Liberazione della Palestina. A bordo c’erano 201 passeggeri e 344 uomini di equipaggio. I guerriglieri si erano imbarcati nel porto di Genova con passaporti ungheresi e greci. Il resto del sequestro è storia con la crisi tra l’Italia e Usa innescata dall’uccisione a freddo del passeggero statunitense Leon Klinghoffer, ebreo e disabile su una sedia a rotelle.
La resa del commando era stata concordata con le autorità italiane senza che l’esecuzione di Klinghoffer fosse nota. Quando il delitto emerse gli Usa dirottarono su Sigonella l’aereo egiziano che stava portando a Tunisi, presso il quartier generale dell’Olp, i quattro dirottatori e il capo dell’organizzazione alla quale appartenevano, Abu Abbas. A Sigonella, nella notte tra il 10 e l’11 ottobre, si arrivò molto vicini al confronto armato tra militari italiani e statunitensi. I quattro dirottatori furono imprigionati non negli Usa ma in Italia. Abbas fu lasciato libero. Quando le intercettazioni dimostrarono le sue responsabilità fu condannato all’ergastolo ma in contumacia. Molti anni dopo i fatti, il 13 maggio 1998, il giornalista Enrico Franceschini intervistò per Repubblica Abu Abbas, rifugiatosi a Gaza. Nella lunga intervista emergono diversi elementi che aiutano a comprendere più a fondo le dinamiche del funzionamento dell’accordo stipulato dall’Italia con le Autorità Palestinesi, noto come “Lodo Moro”.
L’incontro con il giornalista italiano nasce perché Abbas sperava di vedersi revocato l’ergastolo. Secondo la sua versione il dirottamento non era stato un atto premeditato ma un “incidente di percorso” durante il viaggio di 4 combattenti armati diretti ad Ashdod in Israele, ove intendevano riunirsi con altri compagni. Erano però stati scoperti da un cameriere che, entrato improvvisamente nella loro cabina, aveva visto le armi. A quel punto non avevano potuto far altro che prendere possesso della nave.
Abbas parla esplicitamente di un accordo con il governo italiano, per cui i membri del commando sarebbero dovuti essere processati in Italia e subito rilasciati. Le cose andarono diversamente per i quattro terroristi che si trovarono a scontare invece la pena in un carcere italiano. Un processo politico per accontentare gli Stati Uniti dopo la mancata consegna dei quattro e di Abu Abbas.
In riferimento al sequestro, il Capo arabo esprimeva il convincimento che si fosse trattato di un atto di lotta per la libertà, un tentativo di far sapere al mondo che esisteva il problema palestinese. La nave era descritta non come un bersaglio ma come un mezzo di trasporto e l’assassinio del povero americano come un atto non voluto, avvenuto “senza che nessuno avesse dato dall’alto l’ordine di farlo”. La dichiarazione di Abbas su questo punto è netta: «Non l’ho ucciso io. È rimasto vittima di una disgrazia, è stato un terribile incidente». Ma si può davvero liquidare così il dirottamento dell’Achille Lauro? Proviamo a fare un salto indietro e precisamente negli anni ‘76 – ’77, con l’ausilio dei documenti dell’Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Ufficio Affari Riservati b. 297.
A Roma, il 9 luglio 1976, in un telegramma del Ministero dell’Interno, Ispettorato Generale per l’azione contro il Terrorismo, viene riportato quanto detto da una fonte estera qualificata. Cioè che Wadi Haddad avrebbe lasciato il Fronte Popolare Liberazione Palestina, per dirigere una nuova organizzazione terroristica araba finanziata dalla Libia con la presenza di Carlos Ramirez Sanchez. L’intento è quello di proseguire sulla linea del terrorismo a oltranza, proseguendo la lotta in Europa, cosi come appare in un altro documento del governo italiano ancora più specifico. Proseguendo con un altro telegramma, cifrato urgentissimo, ancora del Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, una fonte estera qualificata segnala che, il noto dirigente del Fplp, Wadi Haddad, ha intenzione di organizzare in Europa Occidentale, con l’aiuto libico, una bene articolata rete di agenti e terroristi, particolarmente in Italia, Francia, Grecia, Germania, Austria e Belgio. Dovrebbero essere impegnati anche elementi locali, pronti ad azioni terroristiche e la centrale operativa si troverebbe a Ginevra.
Lo scopo della nascente organizzazione è quello di commettere azioni criminose a danno di navi dirette in Israele e negli Stati Arabi. Il gruppo avrebbe lasciato R’As Hilal Camp a Bengasi, Libia, per Atene e Rotterdam via Roma. Per Haddad i campi in Libia servivano per addestrarsi insieme ai membri del gruppo di Carlos e dell’Armata Rossa giapponese, mentre quelli nello Yemen del Sud per incontrarsi con elementi di altre organizzazioni clandestine collegate al Fplp. Seguendo il discorso, anche il riferimento dell’imbarco dalla città di Genova, di Abu Abbas, non fu un caso, come si evince dalla comunicazione della Questura di Genova al Ministero Interni Sicurezza, in data 6 aprile 1977. L’incaricato della Sicurezza della Compagnia Israeliana “ZIM” informava che, sulla base di notizie raccolte dai servizi di informazione israeliani, due gruppi misti di terroristi arabo – europei, appartenenti all’ala estremista del movimento palestinese che fa capo a Wadi Hadda, si troverebbero in Europa, forse in Italia, per commettere un atto terroristico su una nave probabilmente passeggeri. Si tratta di terroristi addestrati in Libia ad atti di sabotaggio in mare e su natanti. Viene avanzata, inoltre, l’ipotesi che l’attentato potrebbe essere effettuato su delle navi dirette in Israele, anche se con tappe intermedie, navi passeggeri greche, francesi e italiane.
Come modus operandi vengono prospettate tre ipotesi differenti: la prima vede un irruzione violenta con delle armi da fuoco nel porto con lo scopo di salire sulla nave e impossessarsi della stessa; la seconda invece punta sull’imbarco dei terroristi come passeggeri e l’inizio dell’azione in mare aperto, con il possibile dirottamento della stessa e infine la terza si pensa alla collocazione di una bomba sotto la chiglia della nave. Dalla Compagnia Israeliana “ZIM” viene chiesto che venga effettuato un controllo presso la ditta Barracuda, che si occupa dei controlli con i sommozzatori nel porto di Genova, per accertarsi che non ci siano infiltrazioni da parte di elementi arabi e filo arabi, che potrebbero rendere nulli i controlli stessi. Inoltre viene chiesto che il personale della Polizia, della Dogana e della Finanza perquisisca in modo capillare bagagli, persone ed eventualmente auto di elementi sospetti, indicati da un addetto della sicurezza israeliana. Poi che venga disposto un servizio, di almeno due uomini armati di mitra, al controllo dei passaporti e all’inizio della passerella dell’imbarco. Infine che venga previsto un uomo armato di mitra all’inizio delle passarella dell’imbarco delle navi da carico israeliane e che si controllino anche con una lancia in mare.
Successivamente dal Ministero degli Affari Esteri, con un telegramma, indirizzato al Ministero dell’Interno e al Ministero della Difesa, si apprende su istruzioni del Governo israeliano, della possibilità di attentati terroristici contro navi in partenza da porti italiani, dirette verso Israele. Secondo indicazioni raccolte dai servizi di sicurezza israeliani, due gruppi terroristici facenti capo all’organizzazione palestinese Wadia Haddad (appartenente al Fplp di Habbach) si troverebbero in Europa e forse sarebbero già penetrati in territorio italiano al fine di compiere tali azioni, la cui possibilità di attuazione vengono valutate “molto alte” a Tel Aviv. Alla luce di questa comunicazione da parte israeliana si auspica che gli organi competenti italiani dispongano: la massima possibile sorveglianza con l’impiego di reparti armati tendente a scoraggiare, anche attraverso una presenza vistosa, ogni attentato alle navi; minuziose perquisizioni dei passeggeri, equipaggi, bagaglio ed autovetture da imbarcare sulle navi stesse.
Sempre da parte israeliana è stato segnalato il calendario delle partenze delle navi dai porti italiani dirette verso Israele nel mese di aprile, tra le quali, il 18 aprile, l’Achille Lauro. A questo punto gli elementi sono emersi tutti, circa una possibile conoscenza dei piani, da parte del Governo Italiano, per dirottare la nave Achille Lauro, già dichiarata bersaglio di attentato dal lontano 1977. E allora invece di credere alla versione di un incidente durante un trasporto, forse sarebbe meglio pensare a un atto premeditato, a lungo studiato e ben conosciuto dai terroristi palestinesi, tutti inseriti nella galassia del FPLP. Ritornando al “Lodo Moro”, ancora una volta l’Italia sapeva eppure ancora una volta si è contato un morto, ebreo.
