Necessario attrezzare e rinforzare alcune comunità e sviluppare strutture educative
È allarme accoglienza: c’è carenza di strutture per i minori stranieri non accompagnati
Sono ormai ben più di 20.000 le presenze in Italia, con un ritmo di circa 2.000 ingressi ogni mese, di minori stranieri non accompagnati. Dinanzi a questi numeri è evidente che bisogna sostituire alla politica dei proclami e delle passerelle mediatiche una politica di gestione del fenomeno con risorse adeguate e un dialogo costruttivo con le amministrazioni locali.
Uno dei temi oggi più urgenti – e che crea forti pressioni sui territori – riguarda i minori stranieri non accompagnati (msna). Sono ormai ben più di 20.000 le presenze in Italia, con un ritmo di circa 2.000 ingressi ogni mese di cui il 60% da sbarchi e il 40% da ritrovamento sul territorio. Se togliamo il flusso degli ucraini, che ha dinamiche particolari, possiamo dire che questi numeri sono in crescita, la quasi totalità dei msna è di sesso maschile e oltre il 70% ha un’età compresa tra i 16 e i 18 anni.
L’accoglienza del msna, dopo il riconoscimento dalle Forze dell’Ordine locali, diventa obbligatoria per il Comune dove avviene il rintraccio. Le strutture di accoglienza sono definite dallo Stato in strutture ministeriali di primo livello – quasi tutte ubicate nel sud Italia in prossimità degli sbarchi – e nelle strutture di secondo livello della rete SAI in collaborazione con Anci. Strutture oggi insufficienti, visti i 7.000 posti letto in tutta Italia. I Comuni devono quindi intervenire con proprie strutture, in sintonia con quanto previsto nei vari regolamenti regionali. In ultima ratio, mancassero le strutture di primo livello, della Rete SAI e quelle comunali, il Prefetto potrebbe autorizzare l’apertura di Cas minori. In questi ultimi anni sta succedendo che il flusso dei rintracci spontanei sui territori sta ingolfando particolarmente le più grandi città del centro nord Italia.
Per fare l’esempio di Firenze, i msna accolti su rintraccio sono ormai superiori a 450 e insistono su strutture ubicate nel territorio comunale. I 450 msna presenti, in proporzione ai loro coetanei fiorentini maschi (circa 3.300), rappresentano quasi il 15% del totale. Diventano il 50% dei loro coetanei fiorentini, se consideriamo quelli fuori dal circuito scolastico. Una concentrazione che di per sé fa riflettere e che di conseguenza alimenta malumore e scetticismo nella popolazione come se tutti i problemi di devianza, e le baby gangs, derivino da questo. In realtà, si possono quantificare in circa il 5% del totale i minori che dovrebbero essere maggiormente seguiti non solo sul versante educativo, ma anche su quello comportamentale. In sintonia con le Forze dell’ordine e le Autorità Giudiziarie.
Fa più rumore un albero che cade di un’intera foresta che cresce, diceva un filosofo cinese del 300 a.C. In effetti a Firenze sono circa una quindicina gli alberi che cadono e fanno rumore. Sono circa 450 la foresta silenziosa che invece si deve fare crescere e seguire nelle comunità educative.
Quali soluzioni operative, meglio se inter-istituzionali, possono essere messe in campo per attenuare le tensioni sul territorio ma anche per consentire un proficuo lavoro di inclusione? Per prima cosa serve attrezzare e rinforzare alcune comunità educative di secondo livello, perché possano seguire meglio quei msna più recalcitranti al rispetto delle regole, quei pochi che hanno agito con atti violenti, che hanno commesso reati, che fanno uso sistematico di alcool e droghe. Parliamo del 3% del totale dei msna, che potrebbero essere ospitati in comunità sempre educative, ma rinforzate con personale aggiuntivo nelle 24H.
Questo a tutela dei ragazzi, del lavoro che possono/potrebbero fare al meglio le altre comunità e per una migliore e fattiva collaborazione con le Forze dell’Ordine del territorio nel presidiare queste strutture. Sarebbe poi necessario che le varie Istituzioni locali come Comune, Città Metropolitana e Regione, si adoperassero per spalmare questi numeri – concentrati sovente nei grandi centri e città capoluogo – in un territorio più vasto, sia istituendo con i Prefetti dei Cas di primo livello, sia sviluppando le strutture educative di secondo livello.
Questo consentirebbe un lavoro più proficuo sui minori in alfabetizzazione linguistica e inserimento nei corsi di studio e formazione professionale. I corsi di L2 – Lingua Italiana per stranieri – sono solitamente tenuti dai Centri per l’Istruzione degli Adulti (Cpia) del Ministero dell’Istruzione e sono aggregati, dal punto di vista organizzativo, ai corsi serali. Di conseguenza, concentrati tutti sul capoluogo, riescono ad assorbire solo il 20-30 % dei msna. Insomma, il tema è complesso e non pare episodico, considerato il fatto che ormai dobbiamo fronteggiare una immigrazione strutturale che il Governo non riesce a fermare, nonostante le promesse elettorali di chiusura dei porti e di blocco degli arrivi, o di un Piano Africa tutto ancora da costruire.
È, quindi, evidente che bisogna sostituire alla politica dei proclami e delle passerelle mediatiche una politica di gestione del fenomeno con risorse adeguate e un dialogo costruttivo con le amministrazioni locali. Oggi la costante gestione in emergenza mette in grande difficoltà i comuni, ma non offre percorsi di educazione ed inclusione che sono l’unica vera risposta per garantire e tutelare sia i minori che arrivano così come le comunità che li ospitano. Su questo il Governo sta dimostrando tutta la propria incompetenza e improvvisazione.
Il malumore che sta emergendo anche da presidenti di regione e sindaci del centro destra ne è la dimostrazione. L’immigrazione non è né un tema di sicurezza da affidare alla filiera dei Prefetti, né un evento emergenziale e episodico da gestire con la protezione civile. Soprattutto quando riguarda i minori, è un grande fenomeno sociale che ha bisogno di visione, di dialogo con le nostre comunità e di risorse adeguate. Accompagnato da una politica estera autorevole che disegni il nostro Paese non come chi vuole scaricare il “problema “ sugli altri Stati, ma come una Nazione responsabile che accoglie e non lascia morire nessuno ma ma che ha bisogno di supporto e condivisione dall’Europa dei popoli e dei valori che la rappresentano.
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