Elezione del Csm, al via la campagna per la nomina di 10 componenti laici

La campagna per l’elezione del Csm è partita. Comunque vada la composizione di palazzo dei Marescialli risentirà di una singolare situazione. Mentre, infatti, saranno applicate le nuove norme volute dalla ministra Cartabia per la scelta dei consiglieri togati (20 su 30), un Parlamento praticamente con le valigie in mano si appresta alla nomina dei restanti 10 componenti laici tra cui sarà scelto il prossimo vice Presidente. È chiaro che la politica è chiamata a operare scelte di alto profilo che possano assecondare l’intento della nuova legge elettorale di spezzare o almeno mitigare il controllo delle correnti sulla magistratura italiana.

Un nugolo di norme riguarda proprio il funzionamento del Csm in settori nevralgici per la governance delle toghe – dagli incarichi direttivi al cosiddetto fascicolo delle performance – ed è chiaro che la cifra istituzionale della prossima consiliatura sarà data proprio dai primi approcci a dossier importanti. Ci saranno da smaltire le scorie dell’affaire Palamara, la vicenda del processo Eni, gli approdi delle indagini sulla Loggia Ungheria, la scelta del prossimo procuratore di Napoli e la copertura di altri importanti incarichi.

Il Quirinale, probabilmente, accenderà un faro sulle trattative tra i partiti alcuni dei quali, destinati a un drastico ridimensionamento, lasceranno in eredità al Csm una rappresentanza numericamente importante per i prossimi quattro anni. Ancora di più, quindi, si avverte la necessità di scelte equilibrate che possano accompagnare la magistratura attraverso una prossima legislatura parlamentare che non è detto abbia maggioranze politiche benevole con le toghe come in passato. Se, come pare, i referendum del prossimo giugno dovessero fallire – anche per la disattenzione mediatica che li accompagna – e i partiti che si sono impegnati conquistassero la maggioranza nel prossimo Parlamento, non è impensabile qualche fallo di frustrazione verso le toghe e il tentativo di un più cruento regolamento dei conti.

In questo scenario al calor bianco il Colle sarà chiamato a un ruolo complesso proprio per la posizione che riveste di presidente del Csm e dovrà evitare contrapposizioni che, invero, lo sciopero di ieri lascia ampiamente presagire. I magistrati vivono una delicata condizione in cui si sommano la frustrazione per i danni fatti dalla gestione correntizia, le impellenze del Pnrr con i suoi obiettivi di smaltimento e una difficile condizione lavorativa. Una miscela esplosiva che ha, anche, l’effetto di scoraggiare i più bravi dall’accesso alla magistratura ordinaria. Quindi al Parlamento il compito di individuare la squadra dei dieci consiglieri e di tracciare il profilo del prossimo vice presidente che, in quel consesso, esercita un ruolo fondamentale. A esempio non sarebbe fuori di luogo dismettere le solite soluzioni “giuridiche” e individuare qualche docente universitario con esperienze in materia di organizzazione o anche di giustizia amministrativa, tenuto conto del calvario di annullamenti che affligge l’attività del Csm in materia di nomine anche di grande rilievo.

Così come potrebbe avere diritto di tribuna nel Csm quella parte dell’avvocatura e dell’accademia che sono più sensibili ai temi della separazione delle carriere o delle garanzie processuali al fine di attivare circuiti di interlocuzione con quelle realtà territoriali in cui più acuto è il tema del processo penale e della sua tenuta costituzionale.
Insomma le toghe sono chiamate a un impegno importante con il voto di luglio, ma il Parlamento non potrà certo pensare di aver liquidato la faccenda con l’approvazione di una legge, per poi tornare ai soliti bilancini e alle solite spartizioni. L’autorevolezza della politica e la riconquista di un equilibrio nei confronti della magistratura si giocherà anche sul crinale della composizione del prossimo Csm che tanto rilievo assume nella vita delle toghe.