La vignetta di Staino
Giordano Bruno non aveva niente a che fare con la ricerca scientifica
Giordano Bruno non aveva niente a che fare con la ricerca scientifica. Era piuttosto uno degli ultimi esemplari di sapiente eclettico rinascimentale: un ibrido tra venerazione dell’antichità, alta metafisica e indagine qualitativa sulle essenze nascoste nella natura, che sconfinava volentieri nella magia.
Il suo uso dei numeri per descrivere la realtà non andava al di là di un tradizionale pitagorismo. La sua prova dell’infinità dell’universo muoveva dall’infinita bontà e potenza di Dio, come ai tempi di Ockham, anche se con una differenza rispetto al francescano inglese: la dimensione infinita sia del Creatore che del Creato li portava a coincidere, motivo per cui la materia, anche quella inorganica, per Bruno era animata e pensante. Niente di più distante dalla fisica quantitativa e meccanica dei tempi moderni.
Per lui le parole erano le Ombre delle Idee eterne, altro che logica formale. Il fatto che l’intera natura fosse divina non impediva, anzi, incoraggiava le sue esperienze mistiche.
Insomma: se diamo per buono il luogo comune secondo il quale i medievali vivevano nel “mondo del pressappoco” e i moderni nell’ “universo della precisione”, quello di Bruno è uno dei pochi casi affascinanti di “universo del pressappoco”.
Sbaglia chi lo considera un uomo in anticipo sui tempi: era un uomo in grave ritardo sui tempi, ed è questo che lo rende un gigante.
Educato secondo i canoni del Rinascimento, trovò l’Europa intera già sprofondata nel fanatismo e nelle guerre di religione. I domenicani lo cacciarono da Napoli, i gesuiti da Roma, i calvinisti da Ginevra, i dottori della Sorbona da Parigi, gli anglicani da Londra, i luterani da Wittemberg, finché un patrizio veneziano non lo consegnò agli inquisitori di stato perché si era rifiutato di addestrarlo nelle arti magiche, e quelli completarono il giro rimandandolo all’Inquisizione romana.
Nel frattempo, Galileo stava già compiendo i suoi studi sperimentali sulla caduta dei corpi e sul moto pendolare. Il vero metodo scientifico stava nascendo, mentre Bruno lodava il sonetto come forma espressiva privilegiata del sapere e i miti greci come via d’accesso allegorica ai segreti della natura.
Il Nolano si trovò catapultato fuori tempo massimo in un mondo ostile, e la sua tragedia non è quella di un innovatore ma quella di un reazionario.
Non celebratelo quindi, liberal e progressisti di ogni estrazione: quasi tutto ciò che ha scritto vi farebbe rabbrividire.
Non celebratelo, voi positivisti col fiatone, materialisti esangui, scettici da social, atei di maniera: avrebbe riso dall’alto delle vostre convinzioni.
Non celebrate, buonisti e moralisti, chi ha scritto che non conta se un’azione sia virtuosa o viziosa ma con quanto furore la si brama.
Non celebrate chi ha disprezzato la mitezza cristiana come peste dell’umanità, se a quella mitezza avete sostituito un vittimismo vendicativo dieci volte peggiore.
Non celebratelo, voi che volete proibire il greco e il latino come se fossero droghe sintetiche, voi che sbadigliate per la storia e sbuffate per l’archeologia: sappiate che il vostro idolo era fissato addirittura con gli Egizi.
Non celebratelo, voi che avete la bocca piena di eguaglianza e parità, perché è stato il più fiero elitario tra i fieri elitari del Rinascimento.
E a tale proposito: non crediate di poterlo festeggiare o rimpiangere neanche voi, no-vax o seguaci di altre superstizioni bizzarre, col pretesto che era un mago. La creduloneria popolana lo irriterebbe oggi come lo irritava allora.
Astenetevi dal fare santini, “woke” e illuminati di ogni sorta. Bruno non è stato un martire della ricerca scientifica, e se è stato un martire del libero pensiero ha pensato liberamente l’esatto contrario di quello che pensate voi.
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