Giorgia Meloni vola nella Repubblica neo ottomana di Erdoğan: speranza per il Piano Mattei

In this handout photo released by Turkish Presidency, Turkey's President Recep Tayyip Erdogan, right, and Italian Prime Minister Giorgia Meloni, pose for photos before their meeting in Istanbul, Turkey, Friday, Aug. 1, 2025. (Turkish Presidency via AP) Associated Press / LaPresse Only italy and spain

Tempo incerto ieri a Istanbul, sferzata dalla brezza marina, dove Giorgia Meloni ha fatto tappa per incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. La politica espansionistica e militarista neo ottomana dell’ex sindaco di Istanbul negli ultimi anni ha interessato soprattutto la Siria e la Libia. E proprio di quanto accade in questi Paesi si è discusso tra le sontuose stanze del Palazzo di Dolmabahce, affacciato sul Bosforo, dove la premier italiana è stata ricevuta per un incontro trilaterale con il presidente turco, ma soprattutto con Abdul Hamidf Mohammed Dbeiba, resiliente primo ministro ad interim della Libia.

Il dossier

Scampato a un attentato nel 2022, Dbeiba rappresenta il potere (sia pur precario) in Tripolitania, strategica sia per Roma sia per Ankara, in antitesi al governo della Cirenaica, dove torreggia invece il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Egitto e Russia, e in parte dalla Francia. La Libia, come noto, è divisa de facto in due regioni (più il desertico Fezzan, ricco però di pozzi petroliferi) dopo la caduta del colonnello Gheddafi. Da allora, caos e scontri tra milizie per spartirsi il potere si sono succeduti senza sosta, con la National Oil Corporation, la compagnia petrolifera nazionale, a sua volta ostaggio di queste divisioni. Il risultato è una no man’s land che limita gli approvvigionamenti energetici verso l’Europa e nel frattempo inonda di migranti le coste dei Paesi euromediterranei. Ecco anche perché il giorno precedente Meloni aveva incontrato a Tunisi il presidente Kaïs Saïed: per ribadire il “rapporto speciale” tra i due Paesi e affrontare il delicato dossier migranti. Dunque, il vertice di Istanbul diventa ancora più importante per il futuro – politico, economico-energetico e securitario – che lega l’Europa e l’Italia, nell’ottica di far sì che l’ambizioso (ma non adeguatamente finanziato, appena 5,5 miliardi di euro) Piano Mattei prenda quota, come spera la premier.

Africa costiera strategica

Vista la strategicità dell’Africa costiera e considerati i venti di guerra che agitano le acque anche del Mediterraneo, la scelta del governo italiano è di proseguire con accordi internazionali (i cinque pilastri del Piano sono: istruzione, salute, agricoltura, acqua e appunto energia) affinché Roma convinca Bruxelles a investire il denaro necessario (venti volte il budget italiano) a inverare le tre parole d’ordine del governo sul tema: incrementare, diversificare, internazionalizzare. Tunisi rientra già nel Piano Mattei; quanto alla Libia, la sensazione è che qualsiasi accordo, anzitutto securitario, dipenderà molto più dalle mosse di Erdogan – che in Libia investe pesantemente in sicurezza – che non dell’Italia. Meloni, ad esempio, non ha potuto che annuire quando il premier libico ha citato i “risultati eccellenti” del modello turco in materia di immigrazione.

Per il resto, essendo Roma il secondo partner commerciale europeo per la Turchia e il primo nel bacino mediterraneo, qualsiasi azione di rilievo in ambito commerciale (a partire dal settore della difesa) e di lotta all’immigrazione, non può in alcun modo prescindere dal mantenimento di un rapporto sempre più stretto con la repubblica neo ottomana di Erdoğan.