Nel Si&No del Riformista spazio al quesito: Giusta la proposta sull’autonomia differenziata? Contrario Alfredo Izzo, studente di Meritare l’Europa secondo il quale “l’efficienza della spesa non può passare per una riforma costituzionale”. Favorevole Alberto La Malfa, studente di Meritare l’Europa secondo il quale “la società non dovrà passare per l’intermediazione dei poteri statali”.

Qui il commento di Alfredo Izzo:

L’autonomia differenziata, così come disegnata dal Ddl Calderoli, non è un atto di secessione, tantomeno la panacea alla malagestione della spesa pubblica italiana. La proposta di legge non è un disegno eversivo dell’unità nazionale, a meno che non lo sia anche il comma 3 dell’art. 117 della Costituzione. Il problema, infatti, non è la forma, bensì la sostanza della riforma così come proposta dal senatore della Lega e, d’altronde, come tante altre proposte di questo Governo. È bene ricordare in primis che le Regioni possono richiedere tante competenze, così come ampiamente descritto nel su citato comma costituzionale a cui rinviamo per avere una panoramica delle materie in questione. Ragioniamo per assurdo o almeno finché la riforma non verrà approvata: Qualora tutte le materie fossero trasferite alla Regione richiedente, quanti miliardi di euro servirebbero per finanziarle? Certo, ad oggi, resta solo un’ipotesi, ma è nitida la sperequazione conseguente ad una continua crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale per la diversa allocazione del gettito fiscale.

A questo si aggiunga che non sarebbe “corretto” dare alle Regioni le tasse di chi risiede in un luogo ma matura reddito altrove. E poi, altro fondamentale interrogativo, abbiamo la certezza o la concretizzazione di studi di settore che possano affermare con sicurezza che la frammentazione delle competenze migliorerà l’efficienza dei servizi? Ovviamente, No! In questo quadro poco rassicurante per l’erario dello Stato e per i servizi pubblici bisogna analizzare l’impatto che questa contro-riforma avrebbe sui vari comparti. Partiamo dalla sanità pubblica, la quale ha ampiamente mostrato la sua fragilità nel biennio pandemico del Coronavirus. Esempio emblematico è la Lombardia amministrata dal leghista Attilio Fontana. Come dimenticare la disastrosa gestione dell’emergenza a livello regionale autonomo, quando l’Ente Regionale non è nemmeno riuscito a implementare un sistema efficace per la prenotazione dei vaccini.

Problema risolto solo grazie all’uso del sistema nazionale di Poste Italiane. Con un sistema sanitario gestito come comparti stagni, chi si trova temporaneamente in altre regioni potrebbe riscontrare grandi difficoltà nel farsi prescrivere e acquistare le medicine di cui ha bisogno. Da qui emerge un chiaro esempio di come le prescrizioni di prestazioni sanitarie non possono limitarsi ad essere esclusivamente regionali. Accanto a queste antinomie funzionali, il vero colpo di grazia al Sistema Sanitario Nazionale avrebbe luogo con l’introduzione di questa legge con gli attuali livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, aumentando le diseguaglianze regionali e legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, tangendo il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Altro capitolo dolente riguarda i trasporti. Questi, già molte volte gestiti dagli enti locali, sono al centro delle maggiori critiche dei cittadini per ciò che attiene l’inefficienza. Con l’autonomia si andrebbe ad aggiungere un ulteriore problema relativo a quei centri urbani che si trovano in una regione, ma ruotano attorno a città situate in altre regioni. Emblematico è il caso di Roma con le città umbre di Terni e Grosseto.

Ed infine sul tema istruzione appaiono lapidarie le dichiarazioni di Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez, sul divario regionale, il quale sostiene come l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con “un vero processo separatista in cui si avrebbero programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati”. Insomma, efficienza e razionalizzazione della spesa non possono passare per una riforma costituzionale perché al nostro Bel Paese occorrerebbe soltanto, ça va sans dire, una classe Politica capace di affrontare le annose richieste di riforme che semplifichino, digitalizzino e ringiovaniscano il personale della PA per renderci davvero e effettivamente un Paese migliore.

Alfredo Izzo

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