Dopo qualche settimana di silenzio, il Fatto Quotidiano e Report sono tornati nuovamente nei giorni scorsi sul loro argomento preferito: i rapporti di Silvio Berlusconi con Cosa nostra. Il Fatto, in particolare, ha rispolverato la storia dello stalliere di Arcore Vittorio Mangano che serviva a evitare i rapimenti e che era al soldo di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca e quindi dei fratelli Graviano. Report, invece, si è concentrato sui lasciti di Berlusconi a Marcello Dell’Utri che sarebbero la contropartita per le condanne patite ed il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto. Le ‘inchieste’ giornalistiche, va detto, non hanno svelato nulla che già non si sapesse. Un po’ come le indagini della Procura di Firenze sulle stragi mafiose del 1993. La Procura del capoluogo toscano, infatti, ha iscritto l’ex capo di Publitalia ed ex senatore azzurro nel registro degli indagati nell’ambito dell’ennesima inchiesta, la quinta per l’esattezza, sui mandanti esterni delle stragi a Milano, Roma e Firenze.

I procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, titolari del fascicolo, hanno contestato a Dell’Utri il concorso in strage con i boss Giuseppe e Filippo Graviano e Gaspare Spatuzza. Secondo i Pm, Dell’Utri avrebbe agito per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico per agevolare l’attività di Cosa nostra e le stragi avevano lo scopo di indebolire il governo Ciampi, allora alla guida del Paese, ed avevano l’obiettivo di “diffondere il panico e la paura fra i cittadini in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi”. Tescaroli, fino ad oggi, non è mai riuscito a portare a processo Berlusconi e Dell’Utri, ed ha dovuto aprire e chiudere continuamente con archiviazioni sempre la stessa vicenda. L’ex senatore azzurro è poi anche indagato per trasferimento fraudolento di valori in concorso con la moglie Miranda Ratti, alla quale Berlusconi aveva bonificato somme di denaro, con la causale di prestito infruttifero, “al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione”. Dell’Utri, che ha riportato una condanna definitiva nel 2014 per concorso esterno in associazione mafiosa, non avrebbe comunicato le “variazioni patrimoniali” circa i bonifici ricevuti direttamente Berlusconi per circa un milione di euro nell’arco di nove mesi fra il 2021 e il 2022.

I magistrati sospettano che questi flussi di denaro potrebbero costituire una ‘contropartita’, come puntualmente ricordato dai segugi di Report, per le condanne subite da Dell’Utri e per il suo silenzio nei processi penali. L’accordo stragista, descritto nell’imputazione, si fonderebbe proprio sui rapporti economici tra Giuseppe Graviano ed esponenti di Cosa nostra, da una parte, Dell’Utri e Berlusconi dall’altra. L’abitazione milanese di Dell’Utri era stata perquisita da parte degli uomini della Dia nei mesi scorsi. Nel decreto di sequestro erano stati riportati gli esiti di una consulenza tecnica “che individua ingressi di flussi finanziari nelle imprese riconducibili a Berlusconi, di cui Dell’Utri già all’epoca era referente e fidatocollaboratore, privi di paternità per 70 miliardi e 540 milioni di lire, nel periodo febbraio 1977 – dicembre 1980”.

Nulla di nuovo, dunque, che non sia stato abbondantemente esaminato dalle autorità giudiziarie che negli ultimi trent’anni si sono occupate dello stesso periodo storico ancora oggetto di indagine da parte dei magistrati fiorentini. “Anche la Corte d’Assise d’Appello di Palermo e la Corte di Cassazione hanno avuto modo di vagliare in modo critico la gran parte del materiale, che oggi appare “rivitalizzato” dalla Procura di Firenze, assolvendo Dell’Utri nel procedimento Trattativa”, aveva ricordato l’avvocato Francesco Centonze, difensore di Dell’Utri, sottolineando come questa nuova tesi accusatoria sia già “a prima vista del tutto incredibile e fantasiosa”. “Ciò che da subito deve stigmatizzato con forza è la singolare trasposizione mediatica – “a specchio” – di ogni iniziativa istruttoria della Procura di Firenze.

Atti e documenti coperti da segreto istruttorio continuano ad essere oggetto, in tempo reale, di illegittima rivelazione e di successiva pubblicazione su organi di stampa”, aveva quindi concluso il difensore, annunciando di aver presentato una denuncia e di cui si sconosce però l’esito. “È un’ipotesi giudiziaria, insieme irreale e surreale: tale ipotesi nel corso del tempo si è sempre inequivocabilmente dimostrata priva di qualsivoglia fondamento, ed è stata smentita dall’accertamento dei fatti che ha originato plurime archiviazioni”. Così, invece, in una nota l’avvocato Giorgio Perroni, legale di Berlusconi, che era stato indagato prima di morire nel medesimo procedimento. Sulla fuga di notizie che stanno caratterizzando l’inchiesta, con atti d’indagine fedelmente riportati dai soliti giornali era stata presentata una interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio da parte del deputato di Forza Italia Pietro Pittalis, firmata anche da Tommaso Calderone e Annarita Patriarca La domanda da porsi, comunque, è quale possa l’interesse a raccontare sempre la stessa storia stranota. Misteri del ‘giornalismo’.