Economia
Gli Usa contestano le imposte sul digitale, ma l’Ue deve agire a tutela dei suoi membri
Con Trump i rapporti transatlantici sono caratterizzati dall’imprevedibilità. È il momento per la Ue di credere in sé stessa, difendendo la propria autonomia normativa e rilanciando il debito comune per finanziare i suoi beni pubblici
L’errore che spesso commettiamo in Europa è quello di presumere che i nostri interlocutori ragionino con le nostre stesse categorie mentali, come se fossero sempre affidabili, razionali e costanti. La vicenda dei dazi dimostra quanto questo approccio rischi di portarci a fraintendimenti pericolosi. Ursula von der Leyen e gli altri leader europei, con sfumature diverse, sembrano ritenere che con Trump si possa negoziare come si fa tradizionalmente in politica internazionale, dove gli accordi si basano anche su fiducia reciproca e impegni condivisi. Ma Trump rappresenta un approccio diverso, molto meno prevedibile.
È passato poco più di un mese dall’intesa definita “storica” tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi e già la Casa Bianca apre un nuovo fronte, contestando il diritto dell’Ue a tassare o regolamentare le imprese digitali. L’avvertimento è chiaro: se Bruxelles procede, anche l’accordo sui dazi potrebbe essere rimesso in discussione. Eppure l’Ue ha piena legittimità ad agire. Negli ultimi anni ha approvato il Digital Markets Act, il Digital Services Act e avviato la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. È un percorso coerente con l’autonomia democratica delle istituzioni europee: così come sono stati disciplinati lo spazio terrestre, marittimo e aereo, non si vede perché lo spazio informativo debba restare una zona franca, affidata al monopolio di pochi attori privati.
L’Ue non ha mai imposto divieti assoluti nello spazio digitale, a differenza di quanto fatto dagli Usa con misure protezionistiche nel commercio di beni. Anzi, ha cercato di coniugare apertura dei mercati e tutela dei cittadini. Proprio per questo l’Europa deve mostrarsi ferma e coerente. Con Trump non bastano sorrisi e diplomazia di facciata: serve consapevolezza delle differenze, capacità di difendere con dignità le proprie scelte e prontezza nel predisporre alternative, nel caso in cui gli accordi vengano messi in discussione. E serve credere in sé stessa, nelle sue enormi potenzialità economiche e politiche.
Ha ragione Mario Draghi a ricordare con severità che la competitività e la coesione dell’Ue passano attraverso la scelta di emettere debito comune, quel debito “ sano”, capace di attrarre investitori internazionali e quindi recuperare 800 miliardi di euro all’anno per l’asfittico Bilancio europeo.
In buona sostanza, unità e non sottomissione all’esterno, coraggio e determinazione all’interno per avere i mezzi necessari a realizzare il fine richiesto dai cittadini, il sostegno ai Beni Comuni Europei.
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