Gli Usa pagano il prezzo del disimpegno che ha spronato i nemici dell’Occidente

“Adoro i piani ben riusciti” esclamava soddisfatto, accendendosi il sigaro, il Colonnello Hannibal Smith, interpretato da George Peppard nella serie culto degli anni ‘80 “The A-Team”: così hanno pensato o forse ipotizzato con troppa facilità di poter fare non tanto al Pentagono, quanto alla Casa Bianca. Il piano era semplice, non nella pratica quanto nella sua ideazione. L’idea era quella di concentrarsi sull’Indo-Pacifico, disimpegnandosi dall’Europa e dal Medio Oriente. Di qui la richiesta di aumentare gli investimenti per i partner europei e la lunga trattativa per estendere gli accordi di Abramo tra Israele e i Paesi Arabi. In mezzo però – perché l’inghippo è dietro l’angolo – il disastro afghano che ha cambiato tutto, e i nemici dell’America e dell’Occidente hanno ritrovato coraggio. Il disimpegno non è un prodotto del tanto vituperato isolazionismo trumpiano, ma una visione che viene da lontano, figlia tanto del logoramento dell’infinita guerra al terrorismo, quanto delle mutate condizioni geopolitiche. Del resto, già Obama vaticinava un cambio di rotta nella politica di difesa americana.

Per l’Impero americano, la priorità è la competizione con la Cina e la difesa di Taiwan, di qui la necessità di chiudere ogni fronte e di razionalizzare le risorse laddove in pericolo è avvertito come maggiore e imminente. Così anche Donald Trump, che nel suo primo mandato si è caratterizzato come un Comandante in Capo in grado di colpire i nemici dell’America (e degli alleati) senza però avviare conflitti e impiegare truppe, ha pensato che la sua capacità negoziale, mista al peso statunitense, bastasse a sedare le mire russe a est e a far digerire qualche compromesso all’Ucraina. E invece ha finito per cozzare con una realtà ben più complessa e un mondo che in quattro anni – quelli di Joe Biden alla Casa Bianca – è cambiato profondamente.

Quello che era un mondo sotto l’apparente “pax” a stelle e strisce si è tramutato in un mondo in fiamme che il continuo e crescente afflusso dei venti alimenta di giorno in giorno, facendo della pace, al di là delle intenzioni, un miraggio. Ora anche l’Amministrazione americana ha compreso che il peccato degli imperi, il prezzo da pagare, risiede proprio nel non potersi disimpegnare, e dunque nel subire la propria potenza. Così, la tanto criticata – non sempre a torto – Europa diviene l’Arma da scagliare contro la Russia per “riconquistare l’Ucraina”, qualora Mosca seguiti a non fare passi concreti verso la pace. Mentre a Oriente, la Siria strappata al Satrapo di Mosca Bashar al-Assad viene concessa all’ex nemico Ahmed Al-Shara’ conosciuto ai più come Al Jolani ex membro di Al Qaida, a patto che Damasco accetti la presenza israeliana sulle Alture del Golan e cessi le persecuzioni su Drusi, Cristiani (si spera) e Alawiti.

Alla fine gli Stati Uniti hanno compreso che il disimpegno non è la via per la tranquillità, ma rischia di tramutarsi in qualcosa di peggio, e per farlo hanno dovuto irrigidire lo stomaco, subire le critiche interne, legittime, in nome della più elementare realpolitik.