L’aggressione russa all’Ucraina del febbraio 2022 ha modificato lo scenario internazionale sotto diversi punti vista. In primo luogo ha tragicamente rimesso al centro della scena europea il tema della guerra e della pace, una questione che non era mai scomparsa del tutto, nonostante la fine della Guerra fredda, ma che ora è tornata a essere una delle priorità dell’agenda politica. In secondo luogo ha messo in luce la capacità dei Paesi europei di superare le proprie divisioni e di rispondere in modo sostanzialmente unitario (tranne la prevedibile eccezione dell’Ungheria), dimostrando una non scontata coesione nell’affrontare una minaccia militare alle porte di casa.

La linea politica

Infine ha riproposto un interrogativo non nuovo, ma diventato di stringente attualità: se gli Stati Uniti modificassero la loro linea politica dopo le elezioni presidenziali del novembre 2024, gli europei sarebbero in grado di farsi carico dell’assistenza all’Ucraina e di procedere in direzione di un’autonoma difesa collettiva? La domanda non è retorica. Le tendenze endemiche all’isolazionismo nella politica statunitense, insieme alla crescente importanza conferita al quadrante indopacifico e alla sfida con la Cina, stanno mettendo in discussione la radicata convinzione degli europei di poter contare sempre e comunque sulla cooperazione transatlantica per la propria sicurezza.

In definitiva, la responsabilità per il futuro dell’Ucraina – e dell’ordine di sicurezza europeo – si sta spostando verso l’Europa. Non è chiaro, tuttavia, se il tessuto politico europeo sia preparato a sostenere questo peso. Al di là delle inadeguate capacità di difesa, un diffuso riflesso di dipendenza dagli Stati Uniti ha impedito al Vecchio Continente di sviluppare una cultura strategica comune e globale. In questo scenario, il sostegno all’Ucraina e il rafforzamento della difesa europea sono dimensioni cruciali di un investimento strategico più ampio e che investe il futuro dell’unità europea.

L’agenda globale

Un impegno orientato in questo senso rappresenta il prerequisito per raggiungere tutti gli altri principali obiettivi che guidano l’agenda dell’Ue, dalla competitività economica alla sovranità tecnologica, dalla coesione sociale alla leadership verde. Il punto non è che la guerra in Ucraina debba avere la precedenza su questi obiettivi. Il punto è che la vittoria della Russia ostacolerebbe gravemente la loro realizzazione. La resa alle mire imperiali di Putin e il mancato sostegno alla necessità di procedere in direzione dell’autonomia strategica minerebbero quella che dovrebbe essere un’agenda globale europea volta a promuovere la cooperazione internazionale basata su regole condivise e universali.

Dopo la Brexit e l’elezione di Trump nel 2016, gli europei avevano riconosciuto l’esigenza di assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Ciò ha dato impulso a diverse iniziative – la Cooperazione strutturata permanente in materia di difesa (PESCO), la Capacità militare di pianificazione e condotta (MPCC), il Fondo europeo per la difesa (EDF) – forme di maggiore coordinamento in materia di armamenti. Iniziative che, però, si stanno rivelando insufficienti. Se non altro, per una ragione di fondo: la guerra in Ucraina ha riportato al centro della scena la questione nucleare. Putin ha attaccato l’Ucraina e non i Paesi baltici, che sono membri della Nato, perché l’Ucraina si trova in una zona grigia dal punto di vista strategico.

E ne ha approfittato riproponendo la periodica minaccia di fare ricorso al nucleare tattico nel caso in cui l’Occidente fosse intervenuto nel conflitto. Può darsi che il Cremlino agiti in modo irresponsabile questa minaccia solo per spaventare l’opinione pubblica, ma la questione della deterrenza nucleare non può comunque essere evitata. Ora, dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea nel 2021, la Francia si ritrova a essere l’unica potenza nucleare dell’Unione. Questo deterrente nucleare nazionale indipendente rappresenta il fulcro della sovranità francese da sessant’anni.

Il discorso di Macron

Solo francese? In effetti Emmanuel Macron ha ribadito più volte che il deterrente nucleare francese comporta anche una dimensione europea. Anche nel discorso tenuto il 25 aprile alla Sorbona, il Presidente francese ha ribadito che “sul nostro Continente si gioca una questione di pace e di guerra” e ha chiesto un “cambio di passo sulla Difesa”, dal momento che “è finita l’epoca in cui l’Europa delegava agli Stati Uniti la sua protezione”. Si tratta di dichiarazioni di estrema importanza, poiché stanno a indicare in modo inequivocabile che Parigi ha abbracciato il progetto europeo come l’unica opzione realistica e sostenibile per difendere i propri interessi nazionali in un mondo nel quale l’equilibrio nelle relazioni internazionali è in crisi conclamata, o in via di peggioramento.

L’Ue si fonda sull’idea di costruire un futuro comune basato sulla solidarietà tra i popoli che ne fanno parte e sul processo di integrazione politica tra gli Stati membri. Questa prospettiva è stata messa alla prova, e superata con successo, in occasione di fattori congiunturali negativi come la pandemia. Perché non dovrebbe essere replicata anche alla difesa militare della sua integrità territoriale?

Riprendere in mano il progetto

Per oltre settant’anni l’idea di difesa europea è rimasta all’ombra del progetto di integrazione. Eppure l’Europa era giunta a un passo dalla sua realizzazione con la proposta della Comunità europea di difesa (CED), respinta per pochi voti proprio dall’Assemblea francese nell’agosto del 1954, ed elaborata nell’ottica federalista alla quale il Manifesto di Altiero Spinelli approvato a Ventotene aveva dato la prima coerente formulazione già nel 1941, proprio quando il dominio nazista sembrava incontenibile. Se l’Europa non vuole diventare una pedina o addirittura una preda in un gioco geopolitico nel quale gli interessi dei suoi cittadini vengono ignorati, nel migliore dei casi, e violati nel peggiore, è quanto mai necessario – anche alla luce delle dichiarazioni di Macron – riprendere in mano quel progetto. Altrimenti, sarà l’ennesima occasione mancata.

Edoardo Greblo, Luca Taddio

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