Il sorriso di mio fratello Gianluigi è la gioia più grande della mia vita, da quando è venuto al mondo diciannove anni fa. Quando i medici, dopo lunghi mesi passati negli ospedali di tutta Italia, ci hanno comunicato che non avrebbe potuto camminare e parlare correttamente, il nostro obiettivo è diventato mantenere sempre vivo quel sorriso. Abbiamo fatto di tutto per riuscirci, ma le sfide e i dolori sono stati tanti in questi anni. Mai ci saremmo aspettati che uno degli ostacoli più grandi sarebbe venuto dalla scuola, l’istituzione che più delle altre dovrebbe essere di supporto alle famiglie, soprattutto quando hanno difficoltà così grandi.

La disabilità di mio fratello è molto difficile da gestire e dal primo giorno ci siamo trovati davanti insegnanti di sostegno che non erano stati preparati ad affrontarla. Chi ricopre questo ruolo è spesso giovane, di passaggio, in attesa di scalare le graduatorie, e non viene preparato al tipo di alunno che si troverà a dover assistere e accompagnare nel percorso scolastico ed educativo. Essere giovani e inesperti non è una colpa, ma affidare loro un compito per il quale non sono pronti è una mancanza grave da parte delle istituzioni, perché si mettono in difficoltà i docenti così come gli alunni dei quali dovrebbero occuparsi. Il report ISTAT 2022 sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità ci dice che oltre 70mila dei 207mila insegnanti di sostegno presenti in Italia non hanno una formazione specifica, ma vengono impiegati nelle classi frequentate da alunni con disabilità per fare fronte alla carenza di figure specializzate.

Lo stesso report, inoltre, pone il tema del ritardo nell’assegnazione: ad oltre un mese dall’inizio dell’attività scolastica, il 14% degli insegnanti ne risultava ancora sprovvisto. Vedremo come inizierà anche questo anno scolastico. La conseguenza è avere alunni con disabilità che si ritrovano a passare le ore di lezione isolati dal resto della classe – arrivando nei casi più gravi all’abbandono scolastico – compromettendo lo sviluppo della socialità e l’integrazione con i loro coetanei. Questo crea ulteriori difficoltà alle famiglie di questi ragazzi, che si sentono abbandonate dallo Stato e dalla scuola.

Come possiamo fronteggiare questo problema, che certamente non riguarda solo noi in Italia? Classi separate per i bambini con disabilità, questa sembra essere la soluzione per Bjorn Hocke, esponente di spicco di Afd, l’estrema destra tedesca, alleata di Salvini e Le Pen in Europa, in modo da non rallentare il resto degli alunni e avere dei programmi specifici per le classi differenziali. Ma ghettizzare i bambini e i ragazzi con disabilità non può essere la risposta. Non dimentichiamo, inoltre, che gli studenti con disabilità non sono certo gli unici che hanno bisogno di assistenza speciale. Ci sono i bambini stranieri, che non parlano correttamente la lingua o quelli con disturbi dell’apprendimento, come la dislessia o la discalculia, o più semplicemente bambini che – vivendo situazioni familiari o sociali di disagio – hanno bisogno di attenzioni particolari. Si tratta dei BES, alunni con bisogni educativi speciali che, secondo il già citato report del 2022, insieme agli alunni con disabilità, superano l’8% della totalità degli studenti. Questi ragazzi e le loro famiglie, non possono e non devono essere lasciati a loro stessi.

L’inclusione e l’educazione degli studenti con disabilità deve essere un’obiettivo primario in un Paese democratico, non solo per il loro sviluppo ma anche del resto del gruppo classe. Fino a quando non si viene in contatto diretto con la disabilità si tende a considerarla una cosa lontana, che riguarda poche persone sfortunate. Talvolta quando poi ci si trova davanti a una persona con disabilità si va nel panico, sembra quasi di avere di fronte un extraterrestre e non si sa come comportarsi e interagire. Proviamo a cambiare prospettiva. I ragazzi con disabilità non sono alieni, sono persone come noi che hanno esigenze e bisogni diversi, e allora dobbiamo imparare a giocare, studiare e lavorare con loro, senza esserne spaventati e senza considerarli un peso. La scuola deve essere un posto dove possano essere accolti e sentirsi al sicuro liberando le loro potenzialità, e gli insegnanti di sostegno devono essere preparati e messi nelle condizioni di accompagnarli nel percorso della loro formazione. E non solo loro, anche il resto del corpo docenti e l’intero gruppo classe deve essere sensibilizzato ed educato, affinché imparino a gestire le situazioni di difficoltà e a costruire rapporti genuini con le persone con disabilità, che non si basino sulla pietà e la compassione ma sul rispetto, sull’amicizia e sul riconoscimento dei bisogni che queste persone hanno.

Il problema va affrontato in maniera strutturale e culturale, invece di limitarci a parlare di disabilità solo per situazioni eclatanti, come l’esclusione dalla gita scolastica. Abbiamo il dovere di non nasconderci davanti al dolore ma di affrontarlo e di lavorare per farlo diventare una risorsa. Lo dobbiamo alle famiglie, lo dobbiamo agli insegnanti valorizzando le professionalità, ma soprattutto lo dobbiamo a Gianluigi e ai ragazzi come lui che hanno diritto di sorridere anche quando sono a scuola.

Maria Di Renzo - Studentessa di Meritare l’Europa

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