Un agente di polizia penitenziaria e la moglie di un detenuto. Sono le due persone tratte in arresto questa mattina dalla Squadra Mobile della questura di Nuoro, ma non in relazione alla rocambolesca evasione dal carcere nuorese di Badu ‘e Carros del 39enne boss della mafia gargana Marco Raduano, scappato lo scorso 24 febbraio.

Il 39enne, che doveva scontare 19 anni di reclusione in regime di alta sicurezza, era riuscito a scappare calandosi dal muro di cinta del penitenziario con delle lenzuola annodate, riuscendo così in una “impresa” mai riuscita ad altri detenuti, ovvero a evadere dal carcere sardo.

Raduano dopo aver costruito una corda artigianale con delle lenzuola si era calato da un’altezza di almeno cinque metri, agevolato nella caduta dalla presenza di un prato, per poi guadagnarsi la “libertà” e l’uscita dalla casa circondariale di Nuoro passando sotto la recinzione metallica e sparendo nel nulla.

Gli arresti odierni hanno riguardato Salvatore Deledda, di 38 anni, assistente capo della Polizia penitenziaria, residente a Siniscola, e Carmela Mele, 45 anni di Napoli, sorella di un detenuto nell’ala dell’alta sicurezza nel carcere. A riferirlo sono stati in una conferenza la procuratrice di Nuoro, Patrizia Castaldini, il questore Alfonso Polverino, il capo della Mobile Fabio di Lella e il capo della Polizia penitenziaria del carcere nuorese, Amerigo Fusco.

Le indagini su questa vicenda, infatti, sono precedenti alla clamorosa evasione di Raduano e risalgono alla fine dell’estate scorsa. Riguardano in particolare un passaggio di denaro per introdurre dei telefoni cellulari all’interno di Badu ‘e Carros: gli investigatori hanno tracciato le transazioni accertando che il prezzo pagato era stato di 1200 euro, in un caso, e 250 euro, in un altro. I due sono accusati di corruzione e introduzione illecita di telefoni cellulari all’interno di una struttura carceraria.

Raduano era detenuto in regime di alta sicurezza 3 ed aveva condanne che avrebbe finito di scontare nel 2046. Soltanto il 3 febbraio scorso gli era stata notificata l’ennesima nuova condanna, definitiva, a 19 anni di reclusione più tre di libertà vigilata.

Si trattava di una condanna legata alla maxi operazione antimafia ‘Neve di Marzo’, coordinata dalla Dda di Bari e svolta dai militari di Vieste a ottobre del 2019 quando fu sgominata un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravato dal metodo mafioso, che utilizzava anche armi da guerra. Raduano è conosciuto anche col soprannome di “Pallone”, dopo la morte del boss Angelo Notarangelo è salito ai vertici della mafia viestina: un territorio incandescente, dove dal 2015 ad oggi è in corso una guerra di mala per il controllo dei principali ‘business illeciti’ a suon di omicidi e agguati.

Lo stesso Raduano riuscì a sfuggire ad un agguato avvenuto il 21 marzo 2018 mentre stava rientrando a casa.

Redazione

Autore