Una madre, Laura Massaro, che da otto anni vive sul filo del rasoio, costretta in più occasioni a nascondersi e a vivere come una cospiratrice per evitare che il figlio le sia sottratto e trasferito in una casa famiglia con decadenza totale della sua responsabilità genitoriale. Un bambino di 11 anni, suo figlio che, nonostante soffra di una forma grave di ipertensione, è da anni esposto all’incubo di essere portato via dalla casa della madre e dei nonni in cui è cresciuto, nonostante tutte le perizie attestino l’ottimo e impeccabile livello delle cure ricevute in quel nucleo familiare e nonostante lui stesso urli la sua disperazione. «Io in questi anni ho detto a tutti: assistenti sociali, giudici, la tutrice, il curatore, e anche direttamente a mio padre che voglio restare con mia mamma e i miei nonni ma nessuno di loro mi ha mai ascoltato. Io oggi sono disperato perché ad un tratto potrebbe venire la polizia per portarmi a forza in una casa famiglia lontano da tutti i miei affetti più cari», ha scritto il bimbo in una lettera qualche giorno fa.

Va ribadito che la scelta di togliere alla madre la genitorialità non si basa su maltrattamenti o mancanze di alcun tipo. Al contrario da questo punto di vista Laura Massaro può squadernare una quantità di perizie e pareri che garantiscono senza eccezioni l’esatto opposto. Sono invece acclarate numerose violazioni dei tempi fissati dal Tribunale da parte del padre e la denuncia di violenze da parte di Massaro è stata archiviata praticamente senza indagini. La motivazione della decisione, in base alla consulenza tecnica richiesta dal Tribunale, è la cosiddetta “alienazione parentale”, costruzione priva di alcun supporto scientifico e definita in un caso “nazista” dalla Corte di Cassazione, in base alla quale se il figlio di una coppia separata rifiuta di vedere uno dei genitori, ma nei fatti si tratta sempre del padre, ciò sarebbe conseguenza di una sorta di plagio da parte della madre. In base a questa teoria, il Tribunale aveva stabilito nel 2019 il collocamento del minore preso il padre, con incontri con la madre per due ore al mese. Per gli avvocati di Laura Massaro, il rifiuto del bimbo di vedere il padre è invece conseguenza del clima di tensione e violenza montato nel corso degli anni e dell’iter di questa causa infinita. La stessa Cassazione, con ordinanza del 17 maggio scorso, ha stabilito che i provvedimenti assunti su questa base, cioè sulla cosiddetta sindrome della madre “malevola” o “alienante”, restaurano di fatto la “colpa d’autore”, anticostituzionale nel nostro ordinamento.

La vicenda di Laura Massaro potrebbe essere solo un caso-limite, grave ma isolato. Invece è la spia di una situazione generale cresciuta negli ultimi anni e oggetto oggi di un’inchiesta della commissione Femminicidio presieduta dalla senatrice Valeria Valente. La commissione sta esaminando circa 200 fascicoli di casi simili a quelli di Laura Massaro, che però sono certamente molti di più. Lo scorso giugno fece scandalo il video di 11 appartenenti alle forze dell’ordine che abbattevano la porta del bagno dove si era rifugiato un minore destinato al prelevamento e lo trascinavano via. La commissione indaga anche sui metodi adoperati dopo il prelevamento e lo spostamento nelle case famiglia per “resettare” i minori, forse anche con uso di psicofarmaci, e convincerlo ad accettare il padre.

È dunque l’intero sistema delle Ctu, le Consulenze tecniche d’Ufficio a cui si affidano i Tribunali dei Minori a essere messo sotto accusa, con sospetti di connivenza con il vertiginoso giro d’affari delle case famiglia. In base alla teoria della bigenitorialità a tutti i costi, secondo la quale il bambino può crescere in modo sano solo mantenendo sempre e comunque il rapporto con entrambi i genitori, vengono infatti ignorate le principale parti in causa, cioè i minori stessi, che spesso non vengono neppure auditi. E vengono violate sistematicamente le regole della Convenzione di Istanbul e le direttive europee che dovrebbero proteggere le donne vittime di episodi di violenza. Alla denuncia di violenza da parte delle madri segue puntualmente la verifica delle sue “capacità genitoriali”, al punto che molte madri preferiscono ormai evitare di sporgere denuncia per paura di finire loro “sotto processo”, col rischio di perdere la potestà genitoriale. Come è successo a Laura Massaro.