Meritare l'Europa: le voci degli studenti sui temi d'attualità
Il gender gap riguarda davvero solo le donne?
Nel report 2023 del Global Gender Gap l’Italia scivola al 79esimo posto su 146 Paesi. La donanda da porci è se si tratti di una questione che riguarda solo le donne, oppure che si riverbera su tutte le relazioni sin anche lavorative.
Com’è facile intuire con l’espressione ‘gender gap’, tradotto in italiano divario tra generi, si fa riferimento alle disparità tra i sessi e alla sperequazione nel mondo lavorativo tra uomini e donne. Pertanto facciamo riferimento non solo al divario lavorativo ed economico ma anche sociale e sin anche politico, esistente ancora oggi tra uomo e donna (e non solo).
Sono di dominio pubblico i dati che rappresentano non solo in Italia bensì in tutto il mondo il divario tra le effettive opportunità lavorative di uomini e donne, il divario retributivo, la parità di ruolo rapportata alle ore lavorate, i pregiudizi sociali e tanto altro ancora. Ma la differenza di genere non dovrebbe essere percepita come fonte di divario, bensì come una vera fonte opportunità. Persino il Forum Economico Mondiale ha introdotto nel 2006 il Global Gender Gap Report uno studio che fornisce un rapporto finale annuale circa l’ampiezza e la portata del divario di genere in tutto il mondo, partendo da quattro indici ovverosia la situazione economica ed opportunità lavorative, l’educazione, la salute e sopravvivenza, non ultimo la partecipazione alla vita politica.
Nel report 2023 del Global Gender Gap l’Italia scivola al 79esimo posto su 146 Paesi. I dati purtroppo non nascondono che la rappresentanza delle donne in politica è drasticamente peggiorata tenendo ovviamente conto sia della percentuale di donne in parlamento sia di quella nel governo. Se invece si prende in considerazione il dato della situazione economica lavorativa, le donne nel nostro Paese hanno un lieve e quasi impercettibile miglioramento, collocandosi comunque nella parte bassa della classifica.
Diversamente rimane invariata la collocazione dell’Italia nella parte relativa all’accesso all’educazione, mentre vi è un deciso miglioramento sul versante salute e prospettive di vita. A conti fatti il divario tra i sessi in Italia non sta facendo passi in avanti sul tema di parità di genere e men che meno nel contesto globale, considerando che l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 per uno Sviluppo Sostenibile, adottato all’unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, mira a raggiungere l’eliminazione di ogni forma di discriminazione e violenza per tutte le donne, di ogni età e più in particolare punta alla parità tra tutte le donne nei diritti e nell’accesso alle risorse economiche, naturali e tecnologiche, tanto più alla piena ed efficace partecipazione delle donne e alle pari opportunità di leadership a tutti i livelli decisionali politici ed economici.
E allora la domanda da porci è: la differenza di trattamento fra uomini e donne è forse una questione che riguarda solo le donne, oppure si riverbera su tutte le relazioni sin anche lavorative? In Italia le cause che portano a questa situazione sono molteplici dall’interruzione o sospensione della carriera lavorativa per esigenze di maternità o esigenze di assistenza a familiari in difficoltà, abbandono del lavoro per difficoltà a conciliare vita privata e lavorativa, non mancano certamente i pregiudizi in fase di selezione.
Queste ma non solo sono alcune delle principali e per nulla esaustive cause che portano a limitare l’accesso delle donne alle posizioni di vertice, alla partecipazione continuativa alla vita aziendale, al pregiudizio per la propria carriera lavorativa e persino al minor numero di ore lavorative, per giungere alla più alta percentuale di dimissioni volontaria dal lavoro in favore di necessità familiari.
Ma effettivamente quali sono le politiche adottabili dalle aziende? Partendo dalla premessa che ogni impresa ha delle proprie necessità e valori – dove chi ricopre ruoli apicali può fare davvero la differenza – le azioni immediate da adottare sarebbero politiche di sostegno alla maternità, a partire dallo smart working, per giungere all’implementazione di asili interni; percorsi di carriera personalizzati; parità retributiva, basata su criteri meritocratici; azioni concrete per garantire a tutti benessere lavorativo e non ultimo per importanza la sensibilizzazione a tutti i livelli aziendali della cultura gender equality. Ci avete mai pensato a quanto la diseguaglianza colpisca tutti rendendo infelici le persone attorno al “nostro mondo”?
© Riproduzione riservata




