Editoriali
Il lavoro dominato da algoritmi, per non finire schiavi dei robot serve un nuovo patto sociale
I recenti sviluppi tecnologici suggeriscono la possibilità di una robotizzazione più massiccia, ma anche più efficiente. Le macchine potrebbero essere in grado di eseguire più delle cosiddette attività di routine. Lo sviluppo di algoritmi decisionali significa in effetti che compiti complessi possono essere potenzialmente automatizzati e questo esige che il sindacato metta in moto un’azione unitaria di alto livello rivendicando un sistema di formazione delle persone meno qualificate, nel quadro di una “distruzione creativa” (in cui i lavori distrutti sono compensati dalla formazione come opportunità per un nuovo lavoro).
Per ottimismo costruttivo
Le organizzazioni sindacali, forti della loro storia rappresentativa e costruttiva, devono essere portatrici di un nuovo ottimismo sociale che vinca la sfiducia, il rancore, la recriminazione, l’invidia e l’individualismo che stanno restringendo gli spazi di uno sviluppo sostenibile che oltre dell’ambiente abbia cura della dignità di ogni essere umano. Mentre diventa sempre più importante comprendere che è importante far crescere le capacità analitiche delle persone al lavoro per elaborare una strategia efficace finalizzata a una nuova e partecipativa organizzazione del lavoro, serve nello stesso tempo grande attenzione al deficit normativo che si accompagna ai nuovi lavori che potrebbe portare a un indebolimento delle protezioni sociali.
Una simile configurazione equivarrebbe a rallentare lo sviluppo di queste nuove attività. Ma al contrario, fornire a queste realtà le garanzie sociali necessarie e sufficienti sembra essere il modo più sicuro per renderle una fonte di prosperità e realizzazione per tutti.
Rifuggendo dalle visioni apocalittiche, sono convinto che il robot possa essere un alleato dell’uomo e in particolare del lavoratore. Occorre spingere per far sì che il settore delle costruzioni e altri settori che presentano affinità investano di più sugli esoscheletri intelligenti in modo che possano svolgere i lavori più ripetitivi, pericolosi e monotoni, lasciando agli esseri umani i compiti che richiedono maggiore abilità e garantiscono meno rischi per la salute.
È un esempio di lavoro che si arricchisce tecnologicamente, invece di scomparire. Tuttavia, da un punto di vista etico, si deve mantenere aperta la riflessione su quali possano essere i rischi legati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. In definitiva, la cooperazione positiva tra uomo e robot non dovrebbe lasciare il posto a una gerarchia invertita in cui l’uomo … servirebbe la macchina!
Per questi motivi, e poiché ci troviamo in una situazione che pone grandi sfide non solo sul piano economico ma anche su quello antropologico, si richiedono atti coraggiosi e forse anche una nuova predisposizione al rischio, Sarebbe necessario un patto sociale sul digitale.
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