Il Papa è indignato, ma se un popolo resiste può uccidere l’invasore?

Come avevamo previsto (e sperato) in pochi, la triste armata del signor Putin è in rotta, i soldati bambini un po’ piangono e un po’ stuprano e hanno cominciato a lasciare il campo. Secondo gli ucraini le defezioni aumentano sia sotto forma di defezione che di passaggio nel campo nemico, cioè dell’esercito di Kiev. E che la resistenza vinca, si misura dal fatto che nessuna città ucraina è stata mai stabilmente conquistata, a cominciare dalla martirizzata Mariupol, data da dieci giorni in mano nemica, ma invece la vediamo: è ferita e sanguina da ogni maceria, ma è libera. Il fatto più geopolitico che emerge dopo un mese di invasione barbarica è il fattore umano: non esiste arma, piombo, cingolo e fucile che possa avere ragione della volontà di chi resiste, a meno che l’invasione non decida di vaporizzare, sciogliere nell’acido, imputridire con piaghe i resistenti. E quando chi invade è armato ma non ha nulla nel cuore che lo muova è militarmente inutile.

I soldatini di Putin non sono stati motivati e la perenne accusa secondo cui l’Ucraina sarebbe piena di nazisti, non scalda nessuno: c’è gente che a casa propria pensa parla canta e veste da nazista? Fatti loro. E i soldati bambini mandati da Mosca seguitano ad arrendersi o morire. Non vedrete in genere nelle televisioni italiane gli stessi filmati che potrete vedere su al-Jazeera, sulla televisione cinese, israeliana, rumena, polacca o dei Paesi baltici. Non so perché ma sugli schermi italiani si vedono immagini sempre tollerabili, palazzi già distrutti, ma mai mentre ardono facendo urlare la carne umana, pianure abbrutite dalle bombe ma raramente i cimiteri di ferraglia cingolata con due, trecento carri russi squinternati, abbandonati, talvolta esplosi ma spesso semplicemente morti stecchiti come bestie del giurassico. E i civili che camminano in famiglie circospetti nelle loro strade imbracciando il fucile, padre madre e nonni, talvolta i bambini più grandi.

Che cosa succede in quei roghi e in quei campi di sterminio di bambini, prima che le telecamere riprendano ciò che è già morto? I nostri network preferiscono l’eleganza formale, poca brutalità e molti dubbi esistenziali: è giusto dare a chi è inseguito da uomini armati di lancia, degli scudi per difendersi? Si, no, segue dibattito. E il dibattito è davvero incredibile da noi in Italia: si discute seriamente, da parte di persone serissime, se fosse o no il caso che gli aerei americani e inglesi di notte paracadutassero ai nostri partigiani le armi con cui combattevano i nazisti. Ma non si sarò così fomentata nuova guerra e violenza? E vero. Si fomentò. Quando gli attentatori di via Rasella a Roma uccisero con una bomba in un cassonetto da Rosario Bentivegna mentre sua moglie Carla Capponi accendeva la miccia, ne venne fori una strage per cui i tedeschi, convenzione di Ginevra alla mano, pretesero di fucilare dieci ostaggi per ogni tedesco ucciso ma eccedettero nella vendetta e ne uccisero alcuni in eccesso e per quelli furono condannati. Quando la Resistenza combatte col popolo, deve o no uccidere l’invasore? I Viet Cong e prima di loro i Viet Minh facevano bene o male a combattere con armi molto offensive e poco difensive contro i francesi prima e gli americani dopo?

Le risposte sono sui libri di storia, che però il Santo Padre, essendo un argentino figlio di piemontesi che giocava pacificamente a calcio lontano dall’Europa ma non troppo lontano dai generali assassini, dà prova di generosa indignazione e lo fa con parole e toni e slancio e tensione morale tale che alcuni giornalisti hanno scambiato quella sua ripulsa violenta e disgustata per le malvagità perpetrate dagli invasori dell’Ucraina, per un cambio di rotta: se il papa è così verbalmente violento contro gli assassini, certamente sarà felice se le vittime potranno opporsi e difendersi: dunque (hanno pensato alcuni) il papa ha cambiato idea ed è a favore dell’incremento di budget militare e dell’invio delle armi ai condannati a morte. Ma era una illusione logica, era come quando ci si chiede che cosa sarebbe successo se usando una macchina del tempo tornasse indietro e ammazzasse in culla baby Adolf Hitler. Il piccolo Hitler non deve essere ammazzato dice il papa. E le armi gli fanno schifo, il loro uso, la loro fabbricazione e il fatto che possano essere distribuite ai morituri., Lu del resto andò a Cuba dove disse messa su un sagrato decorato dalle foto del Che e Fidel ben armati di mitra, che avevano fucilato senza pietà, ma quella era una faccenda iconografica, che non fa male alla salute come invece fanno male certe sigarette e le armi. Quindi si suppone che il papa non voglia vedere spettacoli tanto feroci come la morte dei disarmati e chiede che la televisione sia spenta e non diffonda immagini.

Odessa resiste e Kiev, sanguinante e vittoriosa, sopravvive chiusa nelle cantine con le poche donne rimaste per sparare (in genere nonne con le nipoti) affronta i disperati soldatini mandati da Mosca. E resiste come Madrid resisteva a los moros del generalissimo Francisco Franco. Li ho conosciuti parecchi dei superstiti della difesa di Madrid e ricordo bene la strofa della loro canzone di guerra che diceva così: “Madrid que bien resistes, Madrid Que bien resiste, la bombardeon, de las bombas se rie, los madrilenos”. Madrid che resiste con tututte le sue forze, è stata bombardata, ma di quelle bombe i madrileni se ne ridono”. Ogni Resistenza ha i suoi eroi che difendono il popolo e quando un popolo si sente unito e si riconosce nei suoi leader – “un pueblo unido jamas sera vencido” cantavano gli Inti Illimani cileni: un popolo unito non sarà mai vinto” – quel popolo non è più una massa di civile amorfa, ma una potenza geopolitica che vale quanto e più di ima bomba atomica. E il fatto inatteso e grave non è che Kiev sia eternamente circondata ed eternamente in attesa di una attacco finale che non arriva mai, ma che gli ucraini stiano passando al contrattacco come i partigiani a Genova quando ottennero senza l’aiuto degli americani la resa dei tedeschi.

La pretesa di Putin di estirpare i nazisti dall’Ucraina perché tutti ricordano come andò con i nazisti: dal settembre del 1939 fino all’estate del 1941, l’Unione sovietica di cui l’Ucraina faceva parte era alleata con i nazisti: basta guardare su internet il footage che mostra l’accoglienza festosa e fraterna delle truppe naziste nei confronti delle truppe dell’Armata Rossa quando i tedeschi restituirono ai russi la città allora polacca di Brest Litovsk. Furono libagioni e parate con festoni di svastiche e stelle rosse, falci e martelli e croci uncinate, unirete nella lotta. I russi guidati da Stalin si erano esaltati per le magnifiche vittorie di Hitler contro gli inglesi e Stalin mandava telegrammi tutti rintracciabili sulla Pravda.

Poi fu Hitler a rompere il patto e ad attaccare i russi completamente impreparati per colpa del loro condottiero che perse venti milioni di esseri umani. Gli ucraini se proprio devono ricordare, ricordano. E la città di Brest, senza più Litovsk, oggi si trova nella Bielorussia del dittatore fantoccio Lukashenko, dove si sono svolte le prime trattative sui corridoi umanitari. Il presidente Putin ha dovuto far riscrivere i libri di storia e di geografia e punire con la galera chi ancora osa ricordare, ma gli ucraini ricordano e non ne vogliono sapere in alcun modo di quel vicino che è lungo da Varsavia a Tokyo e che pretende di sottomettere i suoi vicini per avere dei cuscinetti, caso ai si sentisse minacciato. Quell’epoca sta finendo e gli ucraini come i madrileni del 1937 combattono e resistono nella nostra indifferenza infastidita: ma perché non vi limitate ad arrendervi e morire, anziché infastidire i nostri sonni e i nostri sogni?