Bergoglio sferza i bellicisti
Papa Francesco condanna la guerra ed è durissimo contro il governo: “Vergogna!”
A chi voleva arruolarlo, anche ieri (vedi Corriere della Sera con l’editorialista-analista Massimo Franco), tra i ranghi dei non troppo pacifisti, papa Francesco ha portato nuove argomentazioni per un no netto, deciso e senza appello alla guerra e alle armi. Ma il Papa è andato oltre, denunciando e tagliando ogni erba alla causa di chi giustifica una politica di spese militari con la scusa di voler contrastare la guerra. “Mi sono vergognato” – ha ribadito – a sentire che alcuni stati vogliono aumentare le spese militari”. Termini così forti, contro la guerra, nessun papa le ha mai pronunciate, neppure Benedetto XV con “l’inutile strage” della lettera dell’agosto 1917 ai capi di governo. Parole forti, allora, mentre più forti sono quelle che ascoltiamo oggi dal Vaticano, indicando un passo avanti della dottrina sociale della Chiesa.
E proprio ieri parlando al Centro italiano femminile, un’organizzazione della società civile che si occupa dell’educazione delle donne e della loro emancipazione, il Papa ha espresso in maniera più compiuta il suo pensiero. «La buona politica – ha detto il Papa – non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune. Lo prova, purtroppo negativamente, la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo». Primo aggettivo: “vergognosa”. E quindi ha proseguito: «Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno ‘scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri».
Secondo aggettivo: insopportabile. E con questa doppia premessa – vergognosa, insopportabile – papa Francesco è andato al cuore della sua condanna senza appello della guerra. «La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare». Due aggettivi ed un sostantivo: pazzia. Il messaggio forte e chiaro è sia per il governo italiano, sia per i governi europei che con Biden a Bruxelles stanno valutando come imporre sanzioni e trovare modi per far arrivare nuove armi in Ucraina.
Ma papa Francesco non si è fermato qui. Ha aggiunto altri elementi: ha attribuito alle donne un mandato specifico, notando come sia loro caratteristica la cultura della cura, dell’accoglienza, del farsi prossimo. «Perché ho voluto fare con voi questa riflessione? Perché voi siete un’associazione di donne, e le donne sono le protagoniste di questo cambiamento di rotta, di questa conversione. Purché non vengano omologate dal sistema di potere imperante. (…) In effetti le donne, acquistando potere nella società, possono cambiare il sistema. Voi potete cambiare il sistema, le donne possono cambiare il sistema se riescono, per così dire, a convertire il potere dalla logica del dominio a quella del servizio, a quella della cura. C’è una conversione da fare: il potere con la logica del dominio, convertirlo in potere con la logica del servizio, con la logica della cura. (…) È la scuola di Gesù, che ci ha insegnato come il Regno di Dio si sviluppi sempre a partire dal piccolo seme. È la scuola di Gandhi, che ha guidato un popolo alla libertà sulla via della nonviolenza. È la scuola dei santi e delle sante di ogni tempo, che fanno crescere l’umanità con la testimonianza di una vita spesa al servizio di Dio e del prossimo. Ma è anche – direi soprattutto – la scuola di innumerevoli donne che hanno coltivato e custodito la vita; di donne che hanno curato le fragilità, che hanno curato le ferite, che hanno curato le piaghe umane e sociali; di donne che hanno dedicato mente e cuore all’educazione delle nuove generazioni».
A leggerlo attentamente il discorso di papa Francesco si pone come uno dei più rilevanti atti del suo Magistero pontificio, con una netta condanna del conflitto da parte della Chiesa, superando la dottrina classica della “guerra giusta”. Secondo Tommaso d’Aquino, che riprende Agostino, la guerra è “giusta” se dichiarata da una legittima autorità, se intrapresa per giusta causa, se condotta in modi commisurati ai fini della guerra. Una concezione accettata finora. Papa Francesco invece è andato oltre. Domenica all’Angelus ha parlato di «un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità. Non c’è giustificazione per questo!» E il 18 marzo ha definitivamente affossato il concetto di “guerra giusta”: «Non esistono le guerre giuste: non esistono!». Si tratterà ora di rivedere la Dottrina Sociale e il Catechismo, che parla di “guerra giusta” solo nel contesto di una “legittima difesa” contro un’aggressione e secondo condizioni stringenti.
In ogni caso il Catechismo stesso non giustifica mai l’uccisione o gli atti violenti contro una popolazione civile (paragrafi 2307-2317) e chiede che si faccia tutto il possibile, sempre, per non ricorrere alle armi. Come è cambiata la dottrina (ed il catechismo) sulla pena di morte (oggi sempre non giustificata né giustificabile), il conflitto in corso e soprattutto le tecnologie sofisticate a servizio dei conflitti armati, stanno lavorando per una revisione della dottrina sociale sulla guerra. Ma c’è di più. Gli interventi di grande impegno religioso e civile di papa Francesco in queste quattro settimane fanno toccare con mano l’inutilità dell’inchiostro sprecato di alcune ricostruzioni politiche degli ultimi giorni. Ad esempio il Corriere della Sera, ieri, con il suo editorialista-notista politico e vaticanista Massimo Franco, elencava gli ostacoli diplomatici a un viaggio del papa a Kiev, adombrando interventi della diplomazia russa per bloccare ogni velleità del pontefice. E scomodando la tesi di una presunta inadeguatezza della diplomazia vaticana ad agire efficacemente contro la guerra.
In realtà la situazione è tutt’altra. La diplomazia vaticana è sempre disponibile alla mediazione ed è al lavoro proprio perché è l’unica davvero neutrale, in forza dell’autorità morale del Pontefice. Il quale non ha interessi economici, politici o finanziari e dunque può liberamente svolgere il suo ruolo di guida sul piano etico, additando i rischi e indicando quali sono gli ideali che occorre perseguire. Il tentativo del Papa è semplice sul piano teorico e complicatissimo sul piano politico-diplomatico: agire in tutti i modi per scongiurare l’escalation del conflitto. Perché sa che per litigare non bisogna essere da soli; ma sa anche e molto bene che quando uno vuol far di tutto per tirare l’altro nel conflitto, alla fine potrebbe anche riuscirsi. E quindi le ipotesi di ulteriori sanzioni e ulteriori armi (“vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni”) – con gli interessi industriali senza scrupoli in ballo – rischiano di aprire quel baratro che a parole si dice di non volere.
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