Il nuovo Pd, sempre più spostato a sinistra, coltiva contemporaneamente la giusta ambizione di occuparsi del destino dei lavoratori ma anche un certo gusto nel proporre soluzioni antiquate, in contraddizione con la complessità della situazione attuale. Un vecchio tema è quello di creare posti di lavoro per decreto, in particolare attraverso assunzioni nel settore pubblico, come se il settore privato fosse generalmente inetto a farlo, e senza domandarsi mai “chi paga?”.

In questi anni abbiamo anche assistito all’abbandono pressoché completo dell’approccio di flexicurity, secondo cui bisogna puntare alla protezione dei lavoratori, soprattutto grazie a un sussidio di disoccupazione universale generoso ma non eterno, anziché a quella dei posti di lavoro, anche quelli in imprese e settori ormai obsoleti, che di fatto distruggono valore. Il Pd di Schlein dichiara di badare ai lavoratori e alla loro diversità di preferenze ed abilità ma si contraddice nel non ammettere l’esistenza di diversità tra le imprese, per cui la contrattazione a livello aziendale potrebbe funzionare particolarmente bene, lasciando crescere di più i salari nelle imprese che se lo possono permettere grazie a una crescita della produttività più forte.

Vi è poi questa fascinazione per il reddito di cittadinanza, trascurandone gli effetti perversi -ma prevedibili- che consistono nell’indurre chi lo percepisce a non accettare un impiego per il timore di perdere tale reddito fornito dallo stato. La proposta di un salario minimo, pur essendo sensata dal punto di vista redistributivo, spesso viene presentata come soluzione miracolosa, trascurando gli effetti negativi su alcune categorie di lavoratori, che vedrebbero diminuire la domanda del loro lavoro e dunque aumentare il rischio di disoccupazione.

Bisogna infine ricordare il fastidio verso le partite Iva, che con gioviale prontezza in stile ztl vengono qualificate come soggetti largamente dediti all’evasione fiscale. Ormai nel Pd è difficile trovare un esponente che dichiari di apprezzare le partite Iva come modello di imprenditoria che si addossa rischi personali ed è in grado di creare occupazione, oltre alla propria.