Tutti abbiamo letto un comunicato stampa in cui veniva ribadito: “Gli Stati Uniti non approvano contabilità creative degli alleati dell’Unione europea per centrare l’obiettivo di spesa NATO e mettono in guardia l’Italia per la possibile scelta del Governo di conteggiare il ponte sullo Stretto come spesa militare”.
Questo comunicato era prodotto da Bloomberg che citava in proposito una intervista in cui l’ambasciatore degli Stati Uniti alla NATO Matthew Witaker precisava: “Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa ed è molto importante che l’obiettivo del 5% si riferisca specificatamente alla difesa ed alle spese correlate e che l’impegno sia assunto con fermezza”.

Allora voglio ricordare che da sempre la NATO ha seguito le evoluzioni progettuali legate al Ponte sullo Stretto di Messina, cioè dai primi anni ‘2000 in cui si è dato concretamente avvio alla fase progettuale del Ponte ed in cui l’apposito Comitato Scientifico, istituito dalla Società dello Stretto, aveva preso contatti diretti con la stessa NATO sia per l’attraversamento delle navi lungo lo Stretto, sia sul ruolo chiave dell’opera nell’”annullamento di un anello mancante nella continuità tra continente ed isola sia per i collegamenti sistematici sia per quelli strategici legati ad emergenza e sicurezza del territorio”.

Fu sempre la NATO a non condividere la ipotesi di un ponte a tre campate con una pila centrale ubicata nel centro dello Stretto perché fece presente che per le esigenze di transito lungo lo Stretto da parte di navi militari della NATO non era condivisibile uno ostacolo così rilevante lungo il percorso e fu sempre la NATO a chiedere notizie sulle interazioni tra il continente ed i vari impianti militari, anche di sua diretta competenza, ubicati nell’isola.

Ma questa è storia e forse gli assistenti dell’Ambasciatore possono anche non aver preso visione di simili dati ma quello che stupisce è che non abbiano preso visione neppure delle decisioni del vertice NATO del 24 e 25 giugno scorso in cui si è presa la seguente decisone: i Paesi membri dovranno dedicare alle spese per la Difesa il 5% del PIL; questa percentuale deve essere così articolata: il 3,5% dedicato alle spese militari tradizionali e l’1,5% dedicato alle spese “defense-related”, non armi e sistemi di difesa ma infrastrutture critiche, delle reti digitali e non solo, preparazione civile e resilienza.
Anche in questo caso la superficialità degli assistenti dell’Ambasciatore Witaker emerge in modo ancora più forte; infatti nella redazione del Piano infrastrutturale comunitario Trans Europe Network (TEN – T) nella definizione dei Corridoi plurimodali (strade e ferrovie) grande attenzione venne riposta agli “anelli mancanti”, cioè ai valichi (Brennero e Torino-Lione) ed al collegamento stabile sullo Stretto di Messina; anelli mancanti che andavano realizzati proprio per la continuità nei collegamenti del sistema comunitario, un sistema caratterizzato essenzialmente dal superamento di emergenze legate alla sicurezza.

Nel mese di luglio la Commissione europea aveva detto espressamente: “Spetta alle autorità italiane valutare se lo scopo principale del ponte sia militare o civile” e sono sicuro che il nostro Paese preciserà, se non lo ha già fatto, che i Corridoi delle Reti TEN – T (su 9 Corridoi in tutta la Unione Europea 4 attraversano il nostro Paese) e i relativi anelli mancanti fanno parte integrante del comparto di opere “defense-related”.
Sicuramente l’Ambasciatore statunitense della NATO rivedrà la organizzazione dei suoi Uffici perché non è assolutamente accettabile una simile superficialità mediatica proprio da parte di un rappresentante istituzionale degli Stati Uniti.