Sentiamo l’esigenza di intervenire su un punto preciso dell’intervista rilasciata dal Sindaco di Firenze Dario Nardella al Riformista l’11 novembre scorso. Si afferma apoditticamente che «Il carcere di Sollicciano è una vergogna dell’architettura carceraria del nostro Paese, per tutto il rispetto per chi l’ha disegnata. Quella struttura non è pensata per aiutare il detenuto in un’ottica di rieducazione e di reinserimento». Sul complesso penitenziario di Sollicciano il discorso sarebbe lungo, a partire dalla localizzazione periferica, dall’ubicazione su terreni inadatti, dalla qualità dei materiali usati per la costruzione, dalle difficoltà di collegamento pubblico, ma non si può dimenticare che il progetto che risultò vincitore di uno degli ultimi concorsi aperti, era ispirato ai contenuti innovatori che furono alla base della riforma del 1975. Fu redatto da un gruppo di architetti che prospettarono un’articolazione degli spazi incentrata sulla giornata detentiva fuori dalla cella, da trascorrere con un impegno pieno in attività di studio e di lavoro.
La realizzazione dell’opera, inaugurata nel 1982, incrociò varie emergenze e la sostanziale archiviazione dei contenuti della Riforma. Furono imposte modifiche che snaturarono il progetto. Gli anni dell’emergenza sicurezza nelle carceri calarono il sipario sui programmi e sui progetti innovatori, svuotando completamente i contenuti che avevano ispirato sia il bando che il progetto e costringendo i detenuti nello spazio minimo della cella. Quel progetto concepito con un disegno originale fu l’ultimo. Infatti si impose la stagione delle carceri standardizzate sulla logica della sicurezza e si impose la cosiddetta edilizia penitenziaria.
Dopo quindici anni fu realizzato il Giardino degli Incontri progettato da Giovanni Michelucci con i detenuti autori della proposta. Un’opera d’arte unica nelle carceri italiane che costituisce un’alternativa al tradizionale meccanismo dei colloqui, di cui scardina fissità e monotonia, introducendo possibilità di movimento per detenuti e famigliari e di gioco all’aperto e al chiuso con i bambini e che prefigura uno spazio per il diritto alla affettività. La condizione attuale di Sollicciano, nella sua disastrosa fatiscenza della struttura e degli impianti, impone la valutazione sulle responsabilità della mancata manutenzione, ulteriore testimonianza e conferma del carcere inteso come discarica sociale. Immaginare di radere al suolo Sollicciano non solo non è realistico ma impedisce di pretendere un piano di recupero fondato su un serio supporto di analisi delle condizioni della struttura.
Soprattutto occorre ricreare un clima di convivenza e di progettualità al fine della risocializzazione rispetto al ruolo assolutamente dominante del modello contenitivo. Ben poco è stato fatto per supportare con spazi adeguati, sia dentro che fuori il recinto, le misure alternative dell’esecuzione penale. C’è da chiedersi che senso abbia mantenere dentro il perimetro carcerario le sezioni di semilibertà, destinate a coloro che lavorano fuori durante il giorno e hanno l’obbligo di rientrare per la notte tra le mura di una prigione. Il sindaco Nardella dovrebbe impegnarsi a trovare una sede nel cuore della città per questa funzione. Abbiamo in passato suggerito una struttura nell’area di San Salvi. Per superare il sovraffollamento occorrerebbe anche premere sull’Amministrazione Penitenziaria per l’utilizzo degli edifici adiacenti al carcere di Sollicciano da destinare a una sezione giudiziaria per i detenuti in attesa del processo. Il Sindaco Nardella due anni fa propose che Sollicciano fosse intitolato a Sandro Margara; ci opponemmo non perché fosse una vergogna dell’architettura carceraria, ma perché era un carcere. Sollicciano ha bisogno di una anima e la può trovare partendo dalla bellezza del Giardino degli Incontri.
*Società della Ragione
**Archivio Margara

Franco Corleone*, Corrado Marcetti**

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