L'intervista
“Il sovranismo di Salvini è una cavolata”, lo sfogo del leghista pentito Paglierini
È stato un leghista della primissima ora. E a distanza di anni, Giancarlo Pagliarini non si sente né si autodefinisce un leghista “pentito”, semmai tradito. È stato, dal maggio 1994 a gennaio 1995, ministro del Bilancio e della programmazione economica, deputato e senatore della Repubblica, fino a quando, nel 2007, ha deciso di lasciare la Lega Nord a causa di dissidi interni. A Umberto Bossi, allora leader incontrastato della Lega Nord, mandò questa mail quando decise di non rinnovare la tessera del movimento «…Onestamente non riesco a sentirmi parte di un movimento più interessato a discutere di coppie di fatto, eutanasia, dazi, diocesi e presepi che non di federalismo, di federalismo e ancora di federalismo». Con orgoglio, ricorda di quando, era il 4 maggio 1996, il ‘Parlamento di Mantova’ dedicò una giornata di studio al libro di Kenichi Ohmae, La fine dello Stato-nazione. L’emergere delle economie regionali. «Come vede – dice a Il Riformista Pagliarini – già allora, 24 anni fa, discutevamo di “nazionalismi da quattro soldi”. Parlavamo della fine degli Stati-nazione e di una Europa federale. Di diversi che restavano diversi, diversissimi, che lavoravano assieme. Insomma, del modello svizzero».
Lei si ritiene un federalista leghista pentito?
Assolutamente no, semmai sono altri ad aver abbandonato quella strada. Abbandonata, se non addirittura tradita. Vede, io continuo a dire ciò che dicevo allora, con la stessa convinzione: ragazzi, guardate che il Paese è organizzato male, quando un’azienda non funziona perché è organizzata male, è inutile cambiare gli amministratori: è necessario cambiare l’organizzazione. È inutile litigare, o far finta di farlo, su elezioni sì o no, anticipate o meno: il problema è cambiare l’organizzazione del sistema-Paese. Io vado in giro a dirlo: dobbiamo avere questi principi, diversi che lavorano assieme, tutela delle generazioni future etc. È incredibile che quando c’era la Lega di queste cose se ne parlava ed eravamo come una famiglia, eravamo tutti d’accordo e quindi cercavamo di seminare questo know how e di realizzarlo. Adesso è sparito tutto, non riesco a capire come sia possibile. È incredibile, non ho parole. Già ventiquattro anni fa, nel “Parlamento di Mantova” parlavamo della fine degli Stati-nazione, di una Europa federale, di diversi che restavano diversi, che lavoravano assieme. Era il modello svizzero. A distanza di tempo, non ho ancora trovato uno che mi abbia detto: “è sbagliato”. Al massimo mi dicono “sì, però la Svizzera è piccola”. E allora gli dici no, calma, la Svizzera è grande il doppio della Lombardia, più o meno abbiamo gli stessi abitanti, e i confronti si possono fare, poi non è che gli svizzeri sono dei geni, sono solo organizzati meglio. Oggi è diventato quasi proibito parlarne. È incredibile, non ho parole.
Ma la Lega è rimasta in vita. È la Lega di Matteo Salvini. Cosa c’è in questa Lega di oggi di quello che era la Lega di cui lei è stato uno dei pensatori?
Da quello che capisco, non c’è più niente. Adesso vedo questo movimento che stanno cercando di realizzare con il vecchio simbolo della Lega, però finora sento solo parole di polemiche contro Salvini o contro Bossi, ma non sento obiettivi ed elenchi di cose da fare. Evidentemente l’Italia come sistema-Paese non è ancora abbastanza maturo. In Svizzera nel governo hai quattro partiti diversissimi tra di loro, che però lavorano assieme per i cittadini. Il problema è che qui da noi, invece, i politici hanno l’obiettivo di gestire il potere, non di lavorare per i cittadini. Questa è l’unica spiegazione che capisco anche se mi trova in totale disaccordo: siccome chi fa politica vuole gestire il potere, non gliene frega niente di organizzare in modo migliore il sistema-Paese. È chiaro che se hai un sistema federale dove diversi lavorano insieme, tu non puoi gestire il potere perché ci sono anche loro, gli altri, che ti rompono le scatole. E quindi da noi è una perenne lotta politica, mentre lì non c’è. A me quello che piace in quel sistema è che eviti che ci siano centri di potere: il presidente della Svizzera è a rotazione e dura un anno, ed è uno dei sette ministri. Un anno e poi la rotazione: ecco perché lì non esistono centri di potere. È un problema di organizzazione, non di mentalità. Nei documenti ufficiali svizzeri, la parola presidente della Confederazione la scrivono con la “p” minuscola, perché è un cittadino come gli altri, e non perché è un errore di battitura. Sono cose che mi entusiasmano da sempre, quando ero in Lega mi entusiasmavano ma quando la Lega smise di parlarne, e di farne il centro della sua identità culturale e dell’azione politica, scrissi a Bossi e andai via. Questa concezione federalista continua a entusiasmarmi, mi piace un mondo, però in Italia non funziona, perché quelli sono lì a far politica hanno in testa solo la gestione del potere, e non gliene importa nulla, per usare un eufemismo, di come organizzare il sistema-Paese.
Lei evoca la riforma del sistema-Paese, mentre in Italia ci accingiamo a votare per il referendum sul taglio del numero dei parlamentari. Non è una deminutio rispetto alle grandi questioni di cui in precedenza ha parlato?
Assolutamente sì. Come quello che gli fai vedere la luna e lui guarda il dito… Tutte le cose di cui si discute, sono tutte scemate. Il problema è organizzarsi meglio. Sono tutte robe inutili: vogliono fare il referendum su ‘sta roba, vabbé ma chissene… Per tornare un attimo ai parlamentari, anche il famoso taglio dei vitalizi: quel taglio ha fatto risparmiare una cifra che equivale a 8 ore di interessi passivi sul debito pubblico. Otto ore! Prendendo il debito pubblico diviso 365 giorni, diviso 24 ore, il risparmio di questa roba per cui hanno parlato, discusso per dei mesi, è di 8 ore. Di risparmiare 8 ore di interessi passivi ne hanno parlato per mesi, di ridurre il debito pubblico non ne parla mai nessuno, anzi, cercano di aumentarlo. Questo ti fa capire che c’è proprio una illogicità di fondo: ogni tanto, qualcuno mi chiede cosa ne pensi di questo o quello, rispondo che sono su Marte…
In una intervista a questo giornale, un “grande vecchio” della politica italiana, Rino Formica, ha affermato che il guaio in politica dell’Italia, e non solo della sinistra di cui continua a sentirsi, parte, non è il deficit di classe dirigente, ma l’assenza di pensiero.
Bravo Formica. La sua considerazione è del tutto fondata. Qui c’è il divieto di discutere seriamente. È diventato un divieto culturale. Senti solo questi qui che litigano, ma non c’è un’idea delle cose da fare. Tra l’altro, io sono convinto di questo, della priorità assoluta dell’organizzazione del sistema-Paese, ma se qualcun altro mi propone altre cose, ci ragiono sopra e se sono migliori faccio marcia indietro e ragiono sulle cose che dice lui. Invece no, non hai proposte, è lo zero assoluto, o se vuoi hai le solite proposte: riduciamo l’evasione fiscale, combattiamo gli immigrati, un milione di nuovi posti di lavoro… sono tutte le solite scemate. Tutti dicono riduciamo le tasse, però nessuno dice come. In un Paese civile, se uno dice riduco le tasse, subito bisognerebbe dire: “bene, riduci le tasse quindi meno soldi e dunque dimmi quali spese contrai. Oppure se non vuoi tagliare delle spese, dimmi come ti entrano altri soldi che non vengono dalla pressione fiscale”. Cos’è: apriamo un casinò per ogni Regione? Non c’è la capacità, l’abitudine di discutere, di ragionare. Zero assoluto. Bravo Rino: l’incapacità di ragionare, è questo qui il problema grosso del Paese.
Il federalismo che lei ha perorato e per il quale si è battuto, può essere il vero antidoto al sovranismo populista?
Secondo me assolutamente sì, anche se sono due cose molto diverse. Il sovranismo è semplicemente una grande cavolata, per non dire di peggio, come dicevamo nel ’96: le guerre mondiali le hanno generate questi nazionalismi stupidi. Poi c’è il punto che a me sta tantissimo a cuore che è quello dell’Unione europea. Dobbiamo avere una Unione europea fortissima, altrimenti non contiamo niente. Ma per averla, è necessario che elimini, non fisicamente, ma culturalmente, i vecchi Stati-nazione. Devi avere l’Europa come una grande Svizzera. Finché tu hai l’Italia, la Francia, la Germania e via elencando, tu non avrai mai l’Europa. Questi vecchi Stati-nazione sono quelli che di fatto bloccano la costruzione di una Europa forte come gli Stati Uniti d’America…Questo per ciò che concerne il sovranismo. Quanto al federalismo, è tutt’altra cosa. Il federalismo, se vuoi, è anche un modo di vivere e di intendere la vita: devo sentire gli altri, io sono io, sono diverso dagli altri però dobbiamo lavorare assieme. Se ci mettiamo a fare la guerra, il sistema-Paese non va avanti, così come non va avanti un condominio. È proprio un approccio culturale. Sono discorsi completamente diversi, agli antipodi, quelli del federalismo e di questi nazionalismi che io non sento, che non ho mai avuto dentro di me.
In ogni dove, si continua a dire e a scrivere che dopo il Covid-19 nulla sarà più come prima. Ma non c’è il rischio che questo “nulla” si trasformi in “peggio”?
Se nulla sarà più come prima, ne sarei solo che contento. Perché prima era un disastro. Secondo me sarà tutto come prima, purtroppo, perché il problema è culturale. La cultura dipende da quello che senti dentro e non dagli avvenimenti che hai intorno. A quegli avvenimenti cerchi di metterci una pezza, ma il problema è culturale. Sarò brutale, ma sono abituato a dire ciò che penso. E quel che penso è che l’Italia culturalmente è ancora abbastanza all’età della pietra, e dopo il coronaviurs ho paura che continuerà a esserlo. È molto triste, ma è così.
L’ultima domanda ci riporta al discorso sull’oggi. Quando ci fu la crisi del Conte I, alla base della formazione della nuova maggioranza che dette vita al Conte II, c’era il dover far fronte alla minaccia-Salvini. Ma bisogna davvero avere così paura di Matteo Salvini?
No, e la ragione è la stessa che spiega perché non era il caso di avere paura di Berlusconi o dei comunisti che mangiano i bambini. Uno ragiona perché vuole vincere qualcosa… Pensa alla sinistra: per venti-trent’anni tutti contro Berlusconi. Ora non è che mi sia particolarmente simpatico Berlusconi, ma che una politica a sinistra dovesse ridursi all’antiberlusconismo, era una roba sciocca, così come è sciocco essere contro-Salvini. A me, dico la verità, Salvini fa molta paura per quello che dice contro l’Unione europea, ma il fatto che mi faccia paura non mi porta a dire che il mio obiettivo è bloccarlo. Secondo me le elezioni bisognerebbe farle prima o poi, però Mattarella ha fatto bene: se c’erano i numeri in Parlamento, è suo dovere fare la cosa che ha fatto. Essere contro qualcuno è proprio il contrario del federalismo. Non ha senso essere contro qualcuno. Tant’è che in Svizzera, il mio pallino, non hai nemmeno le minoranze in Parlamento. Non esiste il concetto di minoranza: ognuno fa dei passi indietro finché non si trova il punto di accordo, anche se questo richiede tempo. Così si fanno le cose, mica con il muro contro muro.
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