Israele sta passeggiando sui cieli iraniani con i suoi droni kamikaze. Quella dello Stato ebraico è una abilissima guerra costruita sull’intelligence. E dopo aver accecato le difese iraniane, Israele non si ferma, ma continua a estendere la sua offensiva in tutte le altre aree del Paese, ovunque vi siano basi militari, piattaforme missilistiche e siti nucleari.
Con l’eliminazione dei maggiori comandanti e degli alti funzionari del Corpo dei guardiani della rivoluzione si mira a distruggere l’intera linea di comando militare, che è a protezione anche dell’apparato clericale. Sembrerebbe che Israele miri a neutralizzare tutta la catena di comando, magari per favorire il cambio di regime. L’uccisione di Ali Shamkhani, colpito a casa sua, è molto indicativa di questa strategia. Già consigliere politico della guida suprema, durante i recenti colloqui sul nucleare, Shamkhani interloquiva con Trump, che aveva aperto con lui un canale di dialogo per una trattativa parallela a quella del presidente Pezeshkian. Colpendo Shamkhani, Israele ha voluto eliminare ogni possibilità di giungere a un accordo che consentisse all’Iran di dotarsi anche solo del nucleare civile. Inoltre, Shamkhani era l’architetto dietro al tentativo di normalizzare i rapporti con l’Arabia Saudita. L’obiettivo di Israele, dunque, sarebbe anche quello di isolare il regime e di spezzare ogni sua possibilità di sopravvivenza.
L’esultanza degli oppositori in piazza
I giovani oppositori in Iran non sembrano affatto scioccati della guerra alla Repubblica islamica, anzi producono video e notizie che ci trasmettono, soprattutto attraverso i social, superando le barriere della censura. Mostrano con soddisfazione la caduta dei lussuosi palazzi dei pasdaran: l’esercito israeliano, infatti, ha colpito con precisione chirurgica i loro edifici, situati nei quartieri residenziali. I comandanti dei Guardiani della rivoluzione islamica hanno intimato alla popolazione di “resistere”, ma gli iraniani non obbediscono. I coraggiosi studenti della prestigiosa Sharif University di Teheran sono scesi in piazza nonostante il divieto imposto a tutta la popolazione e hanno messo in fuga gli agenti della sicurezza che presidiavano le strade. Hanno esultato per l’attacco e hanno gridato: “Gente, le strade sono ora nelle nostre mani! Gli agenti sono tutti fuggiti. Venite in strada così possiamo distruggerli!”. Il regime, dall’altra parte, ha inviato SMS a tutti i giornalisti comunicando loro di non pubblicare notizie, video o foto dell’attacco israeliano. Mentre il ministero delle Comunicazioni ha imposto restrizioni temporanee all’uso di Internet in tutto il Paese, oscurando la rete in tutto il territorio.
Donna, Vita, Libertà: “Siete voi il nostro Isis”
I giovani del movimento “Donna, Vita, Libertà” sono ancora più furiosi contro la Repubblica islamica perché per anni è stato detto loro di stringere la cinghia mentre i cosiddetti “difensori della rivoluzione” costruivano imperi e averi sulla loro sofferenza. “Questo regime non ha mai condiviso il dolore del popolo. Ne ha solo tratto profitto”, dicono i ragazzi e le ragazze iraniane da noi interpellati. I giovani in Iran stanno da diversi anni lanciando messaggi dirompenti in aperta contraddizione con la retorica a loro imposta, fin dalla nascita, da parte del regime degli ayatollah. La nuova generazione non intende per nulla manifestare a sostegno di Gaza come invece vorrebbe il regime, perché sa che quella regione è dominata da Hamas. Nei giorni delle proteste “Donna, Vita, Libertà” i ragazzi universitari e delle scuole medie, scrivevano sui muri dei palazzi e gridavano per le strade: “Sepahi [pasdaran], basiji, Hamas, siete voi il nostro Isis” e ancora: “Il nostro regime islamico è come l’Isis, è come Hamas, come Hezbollah e per questo deve essere abbattuto”. Sono slogan risuonati in Iran anche nei giorni molto drammatici della brutale repressione del regime contro giovani donne e uomini.
È anche l’intero settore imprenditoriale del paese, a partire da quello commerciale e degli autotrasportatori (con i bazari, un tempo molto vicini al regime), a lanciare forti e aperte critiche nei confronti degli ayatollah, sostenendo che le “cricche” dei fanatici militanti di Gaza, così come gli altri “proxi” di Teheran, come Hezbollah libanese, siano pozzi senza fondo che hanno consumato la ricchezza iraniana e che hanno prodotto il suo isolamento internazionale. Ritengono che la questione palestinese abbia soppiantato la necessità di provvedere alle loro urgenze economiche. “La Repubblica Islamica ha fallito. I suoi delinquenti stanno cadendo, uno dopo l’altro. È questo il loro destino. I giovani e le donne lo sanno e resistono”, scrive sui suoi account l’attivista iraniana Masih Alinejad.
