“Inchiodati dalle telecamere del penitenziario”.  Sono 14 tra agenti e sottoufficiali, tutti uomini, di varia età e vario grado di esperienza, in servizio nel carcere di Reggio Emilia, gli iscritti nel registro degli indagati accusati di torture e lesioni ai danni di un detenuto e di falso ideologico in atto pubblico per aver redatto tre relazioni considerate false. Per 10 di loro sono scattate delle misure cautelari, ma per nessuno l’arresto, come avanzato al Gip dall’ufficio del pubblico ministero.

Il procuratore capo di Reggio Emilia, Gaetano Calogero Paci, ha chiarito oggi in conferenza stampa le prime ricostruzioni: “Le indagini sono state condotte con estrema celerità e hanno consentito di acclarare l’accertamento dei fatti così come l’esponente li aveva denunziati. Otto persone, accusate in concorso del reato di tortura, sono state sospese dal servizio per un anno. Altre due, a cui si contestano i reati di lesione e falso in atto pubblico, sono state interdette dai loro uffici per 10 mesi. Sono  fatti su cui fondare giudizio di responsabilità di singole persone. I diritti costituzionali dell’individuo devono essere assolutamente garantiti, questi comportamenti non sono minimamente tollerati. Ma questo non mette minimamente in discussione la professionalità della polizia penitenziaria, si tratta di responsabilità di singoli”.

L’aggressione shock
Paci ha anche riportato alcuni dettagli agghiaccianti sul pestaggio ai danni di un detenuto 40enne di origini tunisine, dello scorso 3 aprile scorso: “È stato incappucciato con la federa di un cuscino, atterrato con uno sgambetto e immobilizzato a terra per poi essere colpito con calci e pugni in viso e sul corpo e calpestato dai suoi aggressori. Denudato, percosso ancora e lasciato per quasi un’ora in una cella di isolamento. Il detenuto è stato poi soccorso da un medico, ma solo quando ha rotto il lavandino della cella e, per richiamare l’attenzione, ne ha prima scagliato i cocci contro le pareti e poi li ha usati per procurarsi delle ferite così profonde che il suo sangue ha allagato il corridoio”.

Il caso Cucchi

“Questa è l’ennesima dimostrazione dell’importanza di una legge che punisca la tortura – ha dichiarata la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, commentando le dieci misure cautelari coercitive emesse dalla Procura-. Le carceri, dove si continua ad usare la violenza contro i detenuti, dovrebbero essere luoghi rieducativi, non certo un luogo dove usare tortura. Sono stata nel mese di aprile in visita al carcere di Reggio Emilia e ho potuto constatare con i miei occhi le drammatiche condizioni in cui vivono i reclusi in quel carcere. Condizioni inumane e degradanti. Quello di Reggio Emilia, purtroppo, non è un caso isolato”, conclude Cucchi.

Redazione

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