Che poi siamo sempre lì: a balbettare per decidere che cosa sia di destra e che cosa sia di sinistra, perché il grande mercato delle idee è una bancarella di cianfrusaglie. Per me vale sempre la vegliarda vignetta del Male, gloriosa testata dei tempi che furon, in cui il frigo di destra ridondava di bistecche e ananas mentre quello di sinistra era vuoto, salvo un uovo incrinato e un ciuffo di prezzemolo appassito. Come dire ricchi contro poveri, ma sappiamo che non è così. È importante oggi ridefinire o almeno provarci? Sarebbe un gioco da ombrellone, ma causa Covid gli ombrelloni sono contingentati e dunque anche i dibattiti sono ridotti. Io, ormai alla svolta finale della vita, un’idea me la sono fatta ed è talmente elementare da rendermi soddisfatto. È di destra ciò che resiste al progresso e protegge i privilegi ed è di sinistra ovviamente tutto ciò che promuove il progresso. L’asticella si sposta soltanto: chi lo stabilisce che cosa sia progresso?
Risposta: i risultati pratici. Noi tutti, l’umanità dell’emisfero che ha creato e prodotto strumenti, perdiamo di vista il fatto che siamo ancora vivi e duriamo più del triplo del tempo rispetto alle migliaia d’anni che ci precedono, grazie all’igiene, il cibo e la medicina. E l’istruzione. Visto? Il discorso diventa subito noioso proprio sul più bello. E qui mi voglio togliere un sasso dalla scarpa: nel mondo moderno e progredito – che non è quello dei parrucconi latifondisti e reazionari incipriati – le classi o i gruppi che si definiscono di destra sono molto più inclini al progresso, al cambiamento, al miglioramento. I gruppi che si definiscono di sinistra sono sempre più conservatori e tendenzialmente ostili al progresso perché il progresso produce invariabilmente delle élites, se non altro intellettuali, mentre la cultura di sinistra vuole scuole il cui livello di sforzo intellettuale deve essere tarato su chi è più indietro, paralizzando o mettendo in fuga dalle università e dai laboratori chiunque promuova le élites.
Da molto tempo ho l’impressione che destra e sinistra in Italia si siano scambiate le parti e che alla sinistra – come pattern identitario su cui riconoscersi – non sia rimasto molto di più del comune vibrare cantando Bella ciao. Non scherzo: essere di sinistra – esistenzialmente parlando – vuol dire soltanto condividere delle emozioni, fra cui quella di non aver combattuto alcuna guerra partigiana ma di provarne comunque una sospetta nostalgia: sospetta perché non esistendo alcuna ragione di salire in montagna, ma avendo un estremo bisogno identitario di cantare Bella Ciao, una larga parte della sinistra è letteralmente assetata dal desiderio di avere un nemico contro cui combattere cantando Bella Ciao. La questione identitaria è un vero tormento emotivo per una sinistra sganciata dalla corsa verso il progresso e non è un caso che divenne famosa ed emblematica la celebre invocazione “D’Alema, dì qualcosa di sinistra” in un film di Nanni Moretti, il quale si faceva formidabile portavoce di quell’ansia. Ma che cosa è “qualcosa di sinistra”? Vediamo: certamente tassare i ricchi e distribuire la loro ricchezza ai poveri. Un desiderio questo che andrebbe anche nella giusta direzione della coincidenza con il progresso se le ricchezze indicate come salvadanaio da cui attingere fossero soltanto le ricchezze accumulate passivamente.
Da un punto di vista del diritto non va bene affatto tassare patrimoni che hanno già versato la loro quota alla cassa comune, ma tutti sono d’accordo a sinistra che mungere comunque i ricchi per dare a chi ha poco o nulla e comunque di meno, sia certificato come “di sinistra”. Ecco ora un breve esercizio alla provocazione: Donald Trump ha detassato i ricchi che producevano, inducendoli a usare i soldi risparmiati in nuovi posti di lavoro. Mai tanti afroamericani e immigrati di origine latina hanno avuto paghe così alte come sotto l’amministrazione di quel mascalzone odioso e farabutto di Donald Trump, che Iddio lo fulmini. E la sua massiccia iniezione di miliardi di dollari pubblici nella ricerca ha permesso agli Stati Uniti da soli in un tempo impossibilmente breve di creare e produrre vaccini anti Covid che ci hanno salvato la pelle a tutti, perché l’AstraZeneca anglo danese non ci piace, a noi che non produciamo un brevetto farmacologico di livello internazionale dai primi anni Ottanta.
Quel porco sperava di farsi salvare dal vaccino nelle urne, ma gli è andata male e il suo successore che è a suo modo di sinistra, ha subito confiscato la proprietà intellettuale degli scienziati che hanno creato genialmente un vaccino che non ti inocula un virus, ma una astutissima e innocua password crackata. Ma nessuno ha dubbi sul fatto che Trump sia un losco individuo di destra, benché si sia tenuto molto più distante del suo successore ai limiti della guerra fredda, ma già rovente. Non ci abbasseremo fino a ricordare che il reddito di cittadinanza, sicuramente di sinistra, sta bloccando le piccole e medie imprese che non trovano lavoratori disposti a rinunciare alla comoda paghetta sul divano e andare a lavorare. Ma Enrico Letta ha pensato che una paghetta a una intera generazione vittima del calendario sia una buona idea, anche se nessuna generazione ha mai avuto o rivendicato una paghetta e a noi dei turni precedenti ci hanno triturato come carbone in scatola e non parliamo di quelli ancora prima.
Ma Letta ha ragione se davvero le primarie lo premiano, perché il comune sentire di sinistra è esente dalle scomodità legate al progresso che purtroppo è sempre asimmetrico e prospera soltanto in aree non soffocate dai vincoli. Naturalmente, se questa davvero dovesse confermarsi come la “giusta posizione” della sinistra tutta, si ricadrebbe a pancia piatta nella facile previsione del comedian genovese Beppe Grillo quando pronosticava e sperava in una decrescita felice in cui l’aggettivo è magari un po’ ottimista, ma il sostantivo ha davvero radici ormai solide.
Postilla arbitraria ma non troppo: il centrodestra sperimenta formule di assemblaggio di cui ci dichiariamo incompetenti. Ma è un dato di fatto che allo stato attuale la sinistra abbia abbandonato per disinteresse a e fastidio l’antico obiettivo antico del progresso e se qualcun altro volesse servirsi politicamente del vuoto usando gli strumenti della politica e non della propaganda, potrebbe ottenere, anziché una sterile federazione di sigle, una mietitura copiosa e salutare anche a chi si è perso nel labirinto delle paghette della decrescita.
