Quella dei rapporti diretti fra Lega e Forza Italia è una storia che per Salvini e per Berlusconi nasce in tempi e per ragioni assai diverse. Per Salvini il problema si è posto solo da un mese a questa parte, quando la perdita di circa 10 punti della Lega rispetto ai risultati delle europee (dal 32% all’attuale 22-23%) e la crescita della Meloni lo hanno terrorizzato per il rischio del sorpasso. Precedentemente Salvini aveva ignorato a tal punto Forza Italia da andare da solo al governo con i grillini nel Conte 1 e poi da aver costruito la sua avanzata dal 4% al 32 su uno schema alternativo a quello moderato e liberale di Forza Italia e specialmente a quello del PPE.

Nel Centro-Sud in questi anni molto più di Fratelli d’Italia Salvini ha raccattato di tutto – Casa Pound, No Vax (di qui la sua perdurante ambiguità sul tema), razzisti, pezzi dei settori più imbarazzanti del sistema di potere meridionale: ciò da Roma in giù costituisce la sostanza della Lega di Salvini, a fronte degli insediamenti politici molto più seri e presentabili di Forza Italia, che mantiene al Sud il suo radicamento, e degli stessi Fratelli d’Italia che sono stati molto più selettivi nel recupero della AN tradizionale. Poi certo, pur con tutti gli errori commessi specie nella prima fase della pandemia dalla Lega in Lombardia, rimane in campo la parte seria della Lega al Nord, quella sorta di atipico sindacato interclassista fatto da piccole e medie imprese e da operai magari con la tessera della Cgil che lavorano come fornitori e subfornitori di imprese tedesche attraverso l’euro, il che ha già costituito uno sbarramento alla originaria linea di Salvini, Bagnai, Borghi per l’uscita dall’euro.

Ma ancora recentemente Salvini, con i suoi viaggi, ha esplicitamente ricercato una convergenza con il governo polacco, con Orban, con la Le Pen, in alternativa non alla socialdemocrazia, ma al PPE, alla Merkel, all’attuale linea dell’Europa che in questa fase è molto aperta nei confronti dell’Italia. Allora Salvini, avendo costruito tutta un’impalcatura politica alternativa a quella di Forza Italia nel centro-destra, e non avendo certo avviato un esplicito ripensamento politico-culturale e organizzativo né rispetto al suo insediamento di stampo estremista-clientelare nel Sud, né tantomeno rispetto alla sua posizione internazionale complessiva, all’improvviso ha scoperto l’ipotesi della federazione con Forza Italia solo come operazione spot da fare cotta e mangiata in tempi rapidissimi, per tamponare il rischio di sorpasso da parte della Meloni.

Salvini vive di sondaggi, con i sondaggi è cresciuto, ma di sondaggi può anche perire. Per lui è fondamentale acquisire circa il 3% dell’attuale 6-7% di Forza Italia per mantenere sotto di un punto, di un punto e mezzo, di mezzo punto l’avanzata di Giorgia Meloni. Tutto sarebbe all’insegna per Forza Italia dell’autolesionismo. Nelle federazioni, che comportano un appiattimento delle posizioni autonome, sono sempre le forze minoritarie a rimetterci e a perdere colpi sia sul piano politico che dell’insediamento culturale. Dopodiché da una federazione-Anschluss siffatta alle prossime elezioni per Forza Italia rimarrebbero disponibili solo una decina di seggi al Nord, mentre per il Centro-Sud Salvini non è in grado di garantire nulla neanche ai suoi, visto anche il taglio dei parlamentari.

Per quello che riguarda Berlusconi invece la vicenda ha tutto un altro spessore. Essa risale ad un drammatico passato (il 2013) quando furono perpetrati contro di lui ben due operazioni violente e truccate, la condanna per una pretesa evasione fiscale fatta da un’azienda nella quale egli non era più nel Consiglio d’Amministrazione, mentre il presidente Fedele Confalonieri venne assolto, e poi la perdita del seggio al Senato sulla base di una applicazione retroattiva della legge Severino (la legge è del 2012, il preteso reato del 2002). Ciò detto, però, per quello che ha riguardato gli anni 2013 e seguenti mantengo il giudizio che a mio avviso Berlusconi commise un serio errore politico rispondendo a quel vulnus con una scelta radicale che lo portò a togliere l’appoggio al governo Letta che rappresentava comunque un’alternativa alla vittoria dei grillini. L’errore fu evidente, tant’è che Berlusconi stesso lo corresse con il successivo patto del Nazareno.

Il fatto è che sottoposto a pressioni di opposto segno Berlusconi è andato avanti in quella fase a zig-zag, non mantenendo ferma la barra, e ciò ha dato spazio sia alle posizioni sovraniste di Matteo Salvini, sia quelle populiste e sovraniste di Giorgia Meloni. Probabilmente ha ragione Antonio Tajani quando afferma che “fuori della Chiesa non c’è salvezza”, per cui tutte le successive secessioni da Alfano, a Verdini ad altre si sono risolte in un fallimento. Se si vuole però essere onesti intellettualmente, e non fare ogni giorno un’opaca propaganda, vale anche l’inverso. Se Forza Italia è scesa dal 22-23% prima al 14 e poi adesso al 6-7, evidentemente una ragione c’è e a mio avviso essa deriva sia da una linea politica a zig-zag, sia dallo smantellamento del suo precedente gruppo dirigente: le due cose combinate hanno prodotto un patatrac che nessuno, neanche Tajani che ne è stato il principale gestore, è riuscito ad evitare.

Ciò detto, però, non si può fare a meno di dare a Berlusconi quel che è di Berlusconi. Berlusconi ha il merito storico di aver salvato la democrazia e la libertà in questo paese scendendo in campo nel 1994, impedendo così al combinato disposto costituito dal pool di Mani Pulite di Milano (che aveva l’effettiva leadership politica in quel momento) e alla gloriosa macchina da guerra dei “ragazzi di Berlinguer” di prendere il potere. D’altra parte, nel 1993 Gianni Letta e Fedele Confalonieri predissero al Cavaliere i guai giudiziari a cui sarebbe andato incontro con quella iniziativa. Allora, però, al netto di tutti gli errori politici e comportamentali commessi, quella di Berlusconi e di Forza Italia è la storia di una forza liberale, moderata, garantista, riformista che non può finire fagocitata in una posizione subalterna al leghismo insieme sovranista e confusionario, che per un eccesso di furbizia e di tatticismo Salvini ha voluto collocare in una dimensione ambigua di lotta e di governo rispetto a una leadership seria e organica qual è quella di Mario Draghi, e adesso che si è cacciato in questo cul de sac è terrorizzato dall’alternativa della Meloni e vuole usare Forza Italia per tamponare il pericolo.

Ma non si tratterebbe solo della svendita a prezzi stracciati di una storia caratterizzata tuttora da grande spessore, ma anche di un’occasione persa nel presente. Oggi c’è un grande vuoto al centro. C’è una forte domanda di una grande forza liberal-democratica, riformista e moderata; finora per un verso Renzi, per altro verso Calenda, la Bonino e altri hanno provato a riempire quello spazio, ma non ci sono riusciti malgrado che si tratti di personaggi di buon livello, forse perché per usare un’espressione del passato “gli manca il quid”. Se Berlusconi riscendesse in campo con il suo carisma e il suo retroterra potrebbe davvero costruire un punto di riferimento per tante forze individuali e collettive esistenti o emergenti nella società italiana. Due ultime notazioni: quale collocazione internazionale potrebbe avere un patto federativo fra due forze una delle quali è parte integrante del partito popolare europeo e l’altra è impegnata in quel nucleo di destra (Orban, i polacchi, la Le Pen, ADF e quant’altri) che considera un nemico mortale non la socialdemocrazia, ma i popolari?

Detto tutto ciò una cosa va salvata di quello che sta facendo Salvini: ci riferiamo al sostegno ai referendum sulla giustizia indetti dai radicali. I referendum comportano la convergenza fra forze molto diverse e possono esercitare un ruolo assai importante viste le posizioni di una parte del PD (ma è molto positiva la posizione assunta da Bettini) e di larga parte del Movimento 5 stelle (anche in questo caso Di Maio ha scritto una lettera interessante al Foglio). Capiamo il travaglio che attraversa Forza Italia, ma la sua è la storia di un grande leader e di tendenze liberali, moderate e riformiste che non possono finire con una federazione-annessione che segnerebbe una inutile subalternità al tatticismo di un personaggio che in ogni occasione si comporta come se fosse Napoleone.