Perso il ghigno di chi si crede un potere perché bazzica il potere. Viso più paffuto. Per il resto è tale e quale. Sempre cordiale, sempre abbronzato, un po’ pr brillante e un po’ lupo feroce. «Se ci fossi in ballo io, Berlusconi diventerebbe presidente della Repubblica. Eletto al 100% lo do”, dice Valter Lavitola, 55 anni, seduto al tavolino della sua pescheria-ristorante di un ombroso viale romano, la nuova vita che s’è inventato tre anni fa dopo la latitanza in Sud America e il carcere a Secondigliano. «Anche 11 in una stanza eravamo, ci alzavamo a turno, a un certo punto m’hanno messo da solo in cella con un pazzo, uno psicopatico marocchino che non parlava mai». Tre suoi ex redattori di quando era direttore dell’Avanti lavorano in sala. «Due giornalisti e un poligrafico, sì, ai tavoli, al banco e in amministrazione, alla fine qui tutti facciamo tutto». Sembra nato con la parannanza, come se non avesse fatto altro in vita sua. «Una sera è venuto anche un pm di quelli che m’arrestarono, Milita, uno dei più tosti e dei più seri. L’ho servito io senza riconoscerlo. Mentre stava uscendo m’ha detto: non m’ha riconosciuto vero? No, sinceramente no. Meglio così, mi risponde. Nemmeno un euro di sconto gli ho fatto».

Craxiano prima, tuttofare di Berlusconi poi. Nel mezzo una flotta di pescherecci a Rio e qualche affare a Panama. Scontati i tre anni e otto mesi per la truffa allo Stato dei 23 milioni fatti avere all’Avanti tra il 1997 e il 2008 e prescritta in Corte d’appello la condanna per corruzione con l’accusa d’aver comprato voti per far lo sgambetto a Prodi, si sta riprendendo da una sequela di vicende giudiziarie ancora non chiuse sulle quali preferisce sorvolare. «Mi piace qui, si mangia benissimo, non ho nostalgia della vita di prima. Mentirei se dicessi che non mi manca la politica. Quando uno ha visto dall’interno come funziona il motore della macchina … ». Lavitola ha dei conti precisi in testa. Quanti voti stanno di qua e potrebbero anche stare di là, esattamente come li aveva negli ultimi cupi giorni del governo Prodi, prima che pochi strategici parlamentari passati da sinistra a destra col favore delle tenebre aiutassero Berlusconi a tornare a Palazzo Chigi.

Quali conti ha fatto?
Tanto per cominciare ci sono 53 parlamentari usciti da vari gruppi e in particolare dai 5 Stelle che si sono collocati in una posizione di centro. Se fossero approcciati in un modo netto, trasparente, sono sicuro che si muoverebbero per avere Berlusconi presidente della Repubblica.

Basta offrirgli qualcosa?
Sì. Credo che si sia sdoganata la campagna acquisti con Conte. Si è legittimato con Conte che per sostenere un governo si possano cercare delle persone all’interno di altre realtà politiche senza che ciò faccia scandalo. A noi c’hanno accusato di corruzione per la nostra vicenda della cosiddetta compravendita di senatori. Oggi non farebbe scandalo. Probabilmente invece di condannarmi mi farebbero ministro.

Della contrattazione sottobanco?
Guardi che non ci fu nessuna contrattazione sottobanco per tentare di far cadere il governo Prodi, fu una cosa palese, si andava lì e si offriva, 3 senatori valevano più di 6 deputati, e così via. Nel caso dell’elezione del presidente della Repubblica la cosa bella è che tra consiglieri regionali e parlamentari il peso è lo stesso, uno vale uno. Tanti eletti dei 5 stelle non avrebbero un futuro alla fine di questa legislatura. Io ho fatto l’elenco, preciso, con le professioni reali, quel che facevano prima, un lavoretto fatto bene.

Nella speranza che, arrivata la cartellina a Berlusconi, lui telefoni?
Ma figuriamoci! Credo ce l’abbia già. Per passione. Per la voglia di buttare la pietra nello stagno. Io farei qualsiasi cosa per vedere Berlusconi al Quirinale. Napolitano è stato eletto a 92 anni, lui ne ha 86.

Perché è tornato dalla latitanza?
Ho fatto una cazzata assoluta. Il mio avvocato mi disse che in pochi mesi avrei risolto il problema e sbagliai. Questi ritenevano che tornavo io e loro arrestavano il Banana, erano questi i titoli di quel periodo. Mi ritenevano detentore di segreti inesistenti. Credevano forse che per scrollarmi di dosso problemi giudiziari avrei detto cose imbeccate dalla Procura. O che avrei fatto come De Gregorio, non so.

Che ha fatto De Gregorio?
Me l’ha raccontato De Gregorio. Lui era ostaggio di cammorristi napoletani che gli avevano prestato un sacco di soldi. Andò da Berlusconi e gli disse: mi dai ‘sti soldi per pagare ‘ste cose e me ne vado all’estero? Berlusconi disse di no. Lui stava per essere arrestato per un procedimento che non ricordo quale fosse, gli disse: candidami. Non fu candidato, non sapeva che fare e andò in Procura, raccontò ‘sta storia dei soldi ai senatori, la Procura gli ha arrestato gli usurai, non l’hanno mandato in galera e lui non ha avuto bisogno di scappare. Ho in mente invece un piccolo dettaglio che aiuta a capire come funziona in concreto il famoso “Sistema”, perché io l’ho visto sulla mia pelle il “Sistema”. Era agosto, ero ai domiciliari in un appartamento qui a Roma, a ponte Milvio, non c’era nessuno nel palazzo. Va via la corrente, io avevo il braccialetto elettronico, scendo dove sono i contatori. Torno su. Siccome in galera mi avevano spiegato di stare attentissimo, di non scendere nemmeno se la polizia suona al citofono, avviso l’avvocato, spiego e mi esplicitano l’autorizzazione ad andare nelle pertinenze della casa. Una volta vado in giardino per togliere una telecamera, gigantesca oltretutto, che mi avevano messo. La procura di Napoli mi denuncia per danneggiamenti. Ad ottobre Palamara mi arresta per evasione perché ad agosto sarei uscito dall’appartamento. I miei avvocati scrivono: guarda che era autorizzato ad andare nelle pertinenze di casa, lui se ne frega e io sto altri tre mesi dentro. Palamara voleva mettere anche lui la freccetta nell’orsetto e rispondeva all’esigenza del Sistema: voleva dare una mano ai colleghi di Napoli per rendermi più difficile la vicenda perché io mi stancassi prima e rivelassi chissà cosa. Il fatto che tu sei uno attenzionato da un magistrato fa sì che tu sia attenzionato da quelli del suo gruppetto. L’accusa è stata addirittura archiviata. Io sono, credo, uno dei pochi arrestati da Palamara che faceva il segretario dell’Associazione nazionale magistrati in quel modo e il tempo di fare il pm non ce l’aveva, e lui ha ottenuto una archiviazione per evasione che fa ridere perché l’evasione è un fatto oggettivo, o sei evaso o non sei evaso, c’è un parametro oggettivo. Eppure lui per compiacere il sistema di cui faceva parte è riuscito a fare un simile numero. Eh sì, c’ho un sacco di primati eccezionali io: sono uno dei pochi condannati di Woodcock, uno dei pochi arrestati da Palamara, ma anche lui è riuscito in un capolavoro.

Qual è la sua versione definiva sui cinquecentomila euro usati per pagare nell’isola di Santa Lucia chi tirò fuori le carte che inguaiavano Fini per l’appartamento di Montecarlo?
Non so se Fini sapesse o no tutto di quella vicenda, nel tempo mi sono convinto che sia stato turlupinato, che sia stato inguaiato da una serie di leggerezze. Fini comunque era stato realmente avvicinato da Sarkozy e Merkel, ho avuto riscontro poche settimane fa della riunione, di cui si è sempre vociferato, avuta da Fini a Parigi con Merkel e Sarkozy per togliere Berlusconi dalla scena. Io riesco a coinvolgere un agente inglese che trova una email tra un agente di Montecarlo e uno di Santa Lucia. Nel messaggio non si faceva il nome di Fini ma si capiva di cosa si parlava. Si riuscì poi a convincere un ministro a fare una comunicazione al presidente della repubblica e la cosa uscì. I cinquecentomila euro servirono a pagare questo ambaradan e i viaggi.

L’operazione fu coperta da Berlusconi?
Neanche tutta, non era gratis l’agente inglese.

Come fu convinto il senatore Pallaro a non presentarsi per la fiducia a Prodi?
Quando io tentai di convincere Pallaro lui mi disse: guarda, io faccio l’imprenditore in Argentina, questi Kirchner confiscano, nazionalizzano, non posso fare come mi pare. Io ottenni soltanto che il governo argentino non continuasse a pressare in modo insostenibile Pallaro che da noi niente ebbe. È dal governo Prodi che lui ottenne fondi molto grossi per un progetto sulla salute degli italiani in Argentina, loro per tenerselo buono fecero di tutto. L’operazione Libertà per far cadere il governo Prodi comiciò un giorno in aereo. Io avevo detto a Berlusconi che avevo fatto uno studio sui flussi possibili di parlamentari e che volevo darglielo e lui rinviava. Io andavo sempre in giro con questo foglietto in tasca cercando di mostrarglielo senza riuscirci. Durante un volo Berlusconi mi disse: dai, dimmi questa cosa che devi dirmi. C’era anche Valentino Valentini, un suo stretto collaboratore. Quando atterrammo a Ciampino Valentino mi fece un cenno: l’hai convinto. Pensai: sì, figurati. Un minuto dopo Berlusconi che è sempre gentilissimo mi chiese: sei impegnato stasera? Per l’amor di Dio presidente. Andammo. Aprì una cartellina di quelle di vialla San Martino e mi disse: Operazione Libertà, ti piace? E iniziammo a fare la spunta. Tutti dissero che eravamo matti. C’era un suo compagno di scuola, Romano Comincioli, che mi voleva bene e fu il front man in Senato di questa roba. Il risultato finale fu che dopo un anno lui era di nuovo presidente del consiglio.

Ora vorrebbe fare il bis?
No, io vorrei che lo facesse lui il bis. Io non ho interessi per me in questo momento. Per me vorrei finire le mie beghe, consolidare questo posto e andare in Sud America o in Africa.