Il retroscena sulla diaspora azzurra
Terremoto in Forza Italia, cosa c’è dietro il nuovo progetto di Toti e Brugnaro
Berlusconi combatte gli affanni del post-covid deciso a non uscire di scena, ma è cambio di stagione per il centrodestra. In Forza Italia le porte girevoli ruotano all’impazzata: rientrata Renata Polverini, esce Micaela Biancofiore, la deputata “più berlusconiana di Berlusconi”, come lei stessa si definisce. E con lei escono undici deputati. Ieri è stata la giornata dell’operazione Coraggio, un terremoto senza precedenti tra gli azzurri e non solo. In 23 parlamentari – fuoriuscendo da Forza Italia, M5S e dal gruppo di Tabacci – hanno dato vita a una scissione da “Palazzo dei Dogi”: il progetto “Coraggio Italia” unisce il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il governatore ligure Giovanni Toti e punta a costituire una terza ala liberale nella federazione del centrodestra.
È da inizio aprile che qualcuno ci lavorava, come si deduce dalle registrazioni dei domini e dalle pagine social già pronte. L’assunto è che il centrodestra pende troppo a destra: i due big player Lega e Fdi si somigliano, competendo tra loro su sovranismo e protezionismo, mentre gli elettori centristi, moderati e liberali – più convintamente europeisti – si trovano oggi senza casa. «C’è una fortissima domanda di politiche liberali in Italia – dice Antonio Noto – che in questo momento non trova soddisfazione: per la prima volta il centrodestra nel suo complesso ha molti più elettori di quanti la sua offerta politica possa rappresentare». Ed ecco che le iniziative di segno neocentrista si moltiplicano sullo sfondo del sostegno a un governo Draghi di lungo corso. Coraggio Italia non è sola. Noi Con l’Italia, formazione invero non nuovissima, torna a calcare le scene con Maurizio Lupi che potrebbe essere il candidato del centrodestra a sindaco di Milano. A Roma c’è Rinascimento Italiano con Sgarbi candidato sindaco, oltre alla combattiva pattuglia del popolo delle partite Iva, Liberisti Italiani di Andrea Bernaudo. E l’8 maggio scorso ha preso ufficialmente il via l’attività del Partito Liberale Europeo – segretario nazionale Marco Montecchi, presidente Francesco Patamìa – che riunisce imprenditori, professionisti e pubblicitari proprio come nello spirito di Forza Italia del ’94. È proprio inaugurando la sede di Napoli del Ple che il magistrato Catello Maresca ha preannunciato mercoledì di aver appeso la toga al chiodo per scendere nell’agone elettorale partenopeo.
L’inserimento di questi nuovi soggetti nell’arcipelago di un nuovo centrodestra allargato sembrerebbe ispirato dallo stesso Berlusconi, se non si dovessero fare i conti con l’alterazione dei suoi colonnelli. Infuriato per la scissione degli undici parlamentari, Tajani ha disdetto il vertice con gli altri leader del centrodestra: «È una slealtà», protesta. Ma Toti non ne vuol sapere di desistere. «Vogliamo ricomporre la diaspora dei moderati ma senza andare contro il Cavaliere: Berlusconi è stato forse l’unico a voler cambiare questo Paese. Abbiamo lasciato quella casa perché, per asfissia delle idee, per il “logorio della vita moderna”, non era più il luogo adatto per riaggregare un mondo largo. Io e Luigi (Brugnaro, ndr) abbiamo deciso di gettare un sasso e vedere chi ci sta, non possiamo tollerare che qualcuno pensi di avere i quarti di nobilità per rappresentare il Paese». E fa sapere che dalla settimana prossima, al prossimo vertice sulle candidature per le grandi città, Coraggio siederà al tavolo alla pari degli altri.
Le prime adesioni sono di tutto rispetto: ci sono giovani e più di qualche figura storica. Il presidente sarà Marco Marin, un energico padovano tre volte Oro nella scherma, medico e deputato azzurro; poi tra gli altri Stefano Mugnai, Raffaele Baratto, Maurizio d’Ettore, Simona Vietina, Michaela Biancofiore, Cosimo Sibilia, Matteo Dall’Osso, Elisabetta Ripani, Maria Teresa Baldini, Guido Germano Pettarin. Berlusconi per qualche ora ha atteso di capire meglio e ha chiamato uno a uno gli interessati. Solo dopo le ripetute sollecitazioni di Tajani ha giocato la carta dell’ironia: «Ma dove vanno, con Brugnaro?». Gli ha risposto un amico di vecchia data, Claudio Scajola. «Da tempo sostengo che Forza Italia abbia avuto una fase involutiva, si è chiusa, non ha parlato più con la gente e i suoi dirigenti sono apparsi autoreferenziali. L’ho detto più volte a Berlusconi, al quale mi lega un sentimento di sincero affetto: serve una nuova casa». E un’altra colonna storica del berlusconismo come la Biancofiore spiega le sue ragioni: «Ho lasciato Forza Italia dopo che l’ha lasciata Silvio, che ne è presidente formalmente, ma c’è gente che fa il bello e il cattivo tempo a discapito della storia di Fi. Ce l’ho con Tajani, Giacomoni, Gasparri, che hanno falcidiato il territorio e accompagnato alla porta persone come me».
C’eravamo tanto amati, insomma. E le sorprese potrebbero non essere finite qui. Le tentazioni di uscire dalla vecchia casa scricchiolante riguarderebbero in questi giorni anche due autorevoli ministre in quota Forza Italia. Mara Carfagna aveva infatti incontrato Giovanni Toti proprio per ragionare di una costituenda associazione centrista, auspice Paolo Romani, lo scorso ottobre. Il precipitare della crisi del governo Conte e l’arrivo di Draghi hanno messo un argine all’iniziativa. In direzione opposta, un’altra donna di grande peso nel governo è invece data in uscita verso la Lega dove erano già approdati in novembre Federica Zanella, Maurizio Carrara e Laura Ravetto. L’arcipelago del centrodestra si riequilibra seguendo la regola dei vuoti che in politica si riempiono sempre. «Se questi soggetti assumeranno una identità forte – è la previsione di Antonio Noto – potranno coinvolgere ampi settori di elettorato non rappresentato che in questo momento finisce nell’area del non voto». Viene però da chiedersi se la tenuta e la composizione del governo Draghi rimarranno indenni da tanti sconvolgimenti a destra.
© Riproduzione riservata