C’è un teste ignorato in tribunale che potrebbe riaprire il caso della morte di Mauro Guerra? A sostenerlo è un articolo a firma Luigi Manconi su Repubblica, che torna sul caso del 32enne ucciso il 29 luglio del 2015 a Carmignano di Sant’Urbano, in provincia di Padova, per un colpo d’arma da fuoco nell’addome esploso da un carabiniere.

In quel pomeriggio caldo e afoso Guerra è inseguito da Marco Pegoraro, nuovo comandante della locale Stazione, e da altri militari, che vogliono sottoporlo a Tso, il trattamento sanitario obbligatorio. Mauro, che corre seminudo vestito solo con dei boxer, viene ‘placcato’ dai carabinieri che gli mettono le manette a un polso, quindi il 32enne riesce a divincolarsi e a reagire colpendo un carabiniere, fino al colpo di pistola che lo raggiunge all’addome. Le procedure di rianimazione iniziano solo 40 minuti più tardi, all’arrivo dell’elisoccorso, ma Mauro viene dichiarato morto un’ora e mezza più tardi, senza alcun ritrovamento di sostanze psicotrope nel sangue.

Per capire l’epilogo di questo caso bisogna fare un passo indietro. Mauro Guerra, laureato in Economia e in procinto di diventare commercialista grazie a un tirocinio professionale che stava svolgendo, qualche giorno prima della sua morte si reca nella caserma dei carabinieri distanti poche centinaia di metri dalla sua abitazione per comunicare l’intenzione di organizzare una manifestazione pubblica. In caserma trova Marco Pegoraro, il nuovo comandante, e gli lascia dei disegni di “ispirazione mistica.

Per Pegoraro i disegni e le parole pronunciate da Guerra bastano per considerarlo una persona pericolosa e per questo decide di sottoporlo a Tso, anche se non vi sono ragioni oggettive ed il provvedimento va autorizzato dai sanitari e dal sindaco del Comune di appartenenza del destinatario. Quando i carabinieri, assistiti da un’ambulanza, si recano a casa di Mauro, questo prima fa finta di dire sì al ricovero e poi scappa, fino al tragico epilogo.

Per questo vicenda il maresciallo Pegoraro, a processo per omicidio colposo, è stato assolto nel dicembre 2018 con motivazioni contradditorie rispetto all’esito del processo, fa notare Manconi. “È da ritenere che tutto l’inseguimento per i campi, nonché i tentativi di immobilizzazione della persona offesa, siano state condotte del tutto arbitrarie e illegittime”, è un passaggio riportato dall’ex parlamentare, che evidenzia come sia stato realizzato anche un “grave tentativo di stordimento del Guerra (in quel momento libero cittadino), attraverso la somministrazione occulta di una dose di tranquillante”. Nonostante ciò, il maresciallo Pegoraro viene assolto definitivamente, perché la stessa Procura non fa ricorso in Appello, avendo chiesto l’assoluzione di Pegoraro.

Il processo civile invece va avanti in Appello e potrebbe contare su delle novità importanti per stabilire la verità. A rivelarle al sito Padovaoggi.it è il maresciallo Filippo Billeci, comandante della stazione dei carabinieri di Carmignano fino a tre mesi prima dei tragici fatti. Quel 29 luglio 2015 Billeci viene chiamato a svolgere un’azione di mediazione, nella convinzione che si potesse indurre Guerra ad accettare il Tso, un trattamento che “dopo ho scoperto non c’era”, spiega l’ex comandante di Carmignano.

La versione dei fatti di Billeci è diversa da quella emersa nel processo e smentisce anche la presunta pericolosità sociale di Guerra. “Per me Mauro non era pericoloso, con me non c’erano mai stati problemi in tanti anni”; e “se fosse stato pericoloso, non sarei stato in casa da solo un’ora con lui“. La situazione precipita, racconta ancora Billeci, quando il 32enne “ha visto che non c’era il documento che certificava il TSO, ha detto che lo si poteva lasciare stare e ha preso la strada per i campi” e “quando si è messo a correre lungo la strada non ha fatto nulla a nessuno“. Quindi la colluttazione “con il carabiniere Sarto, poi il collega che è intervenuto, Pegoraro, ha deciso di operare in quella maniera. E quando si opera in quella maniera…”.

Una testimonianza, quella dell’ex comandante della Stazione di Carmignano, che era stata acquisita agli atti del processo ma il carabiniere non è mai stato ascoltato in dibattito perché “nessuno ha chiesto la mia versione. Da parte di un tribunale non credo sia la cosa più opportuna”.

Avatar photo

Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.