Lo stato di salute del nostro sistema sanitario è noto ormai da tempo e conseguenziale a scelte prese in passato: soprattutto durante la stagione preCOVID, e nella fattispecie nel decennio 2010-2019, l’andamento percentuale del Fondo Sanitario Nazionale è andato riducendosi per poi vedere una tiepida risalita solamente, e per ovvie ragioni, durante il periodo pandemico. La mancanza di investimenti e di debite attenzioni ha sortito gli effetti che oggi conosciamo.

Tuttavia se la maggior parte di questi, soprattutto strutturali, sono sotto gli occhi dell’utenza, una parte risulta ai molti misconosciuta. Mi riferisco agli operatori sanitari ed in particolare ai medici specializzandi, precursori dei medici ospedalieri che siamo abituati a conoscere e protagonisti di un imbuto formativo che vede una discrepanza tra i posti a loro stanziati e quelli richiesti nonostante la carenza di medici. Si è celebrato infatti a luglio il concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione medica, in cui sono state bandite le borse di studio, per le varie branche mediche, chirurgiche o dei servizi. Una road map ministeriale vedeva il periodo compreso tra l’8 ed il 18 settembre la fase di scelta degli aspiranti, oltre 14.000, salvo, a due giorni dalla stessa, slittare con decreto direttoriale n.1398 al periodo compreso tra il 26 settembre ed il 6 ottobre.

Uno slittamento a cui i concorrenti sono ormai abituati da anni, sintomo di una cattiva gestione ministeriale ormai strutturata che ha non poche conseguenze sul futuro dei medici. Rimanendo immutata, infatti, la data della presa di servizio al 1 novembre, da una parte, lo slittamento riduce gli scaglioni prima previsti per consentire un’adeguata scelta dei concorrenti, preso atto della propria posizione in graduatoria, e dall’altro il tempo utile agli stessi per trasferirsi in una città talvolta non preventivava e lontana da quella di residenza.

Il tutto si traduce, come è ovvio che sia, in una sostanziale rinuncia alle borse di specializzazione che nel concorso SSM 2022 è stata pari al 15% del totale. Senza considerare il tasso di dimissioni in itinere, perché la scelta presa non soddisfa le proprie attitudini, o soprattutto, per le condizioni a cui i medici specializzandi sono notoriamente soggetti: turni in overshifting ed atteggiamenti vessatori che nel solo 2022 hanno prodotto almeno 3 casi di risonanza mediatica a Trento, Salerno e Perugia. Meno specializzandi assegnati oggi significa meno specialisti domani. Se la sanità pubblica ha dei difetti e dei limiti strutturali, quantomeno investa sulla tutela delle proprie risorse umane.

Federico Bennardo - studente di Meritare l'Europa

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