Retorica pro-Pal tra i banchi
La scuola diventa centro sociale, a Firenze i prof elogiano la Flotilla e parlano di “genocidio”. Docente sostegno si oppone: “No a indottrinamento alunni”
Il Collegio docenti della scuola media Sandro Botticelli: “Stop a ogni collaborazione militare con Israele”
Un documento che parla di «genocidio a Gaza», che definisce Israele uno Stato di «apartheid» e che chiede di interrompere «ogni collaborazione militare» con Tel Aviv. E che ovviamente sostiene «con forza» la Global Sumud Flotilla. Non è il volantino di un centro sociale, ma il testo che il Collegio docenti della scuola media Sandro Botticelli di Firenze ha messo ai voti e che qualcuno vorrebbe trasformare in materiale didattico per le ore di Educazione civica.
«Come educatori non possiamo affrontare il nuovo anno scolastico in silenzio di fronte alla sistematica strage in corso a Gaza; sentiamo il dovere di volgere l’attenzione, nostra e di tutta la scuola, sulle atrocità in atto e di prendere posizione a favore della pace», si legge. Alla mattanza del Sabato Nero viene dedicata una riga striminzita: «Certo non possiamo dimenticare il brutale attacco compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023. A tale attacco va la nostra piena e ferma condanna». Giusto per pulirsi la coscienza. E infatti subito dopo si elencano tutte le colpe scaricate su Israele, arrivando a citare la Corte Internazionale di Giustizia per denunciare la violazione degli «obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio». L’obiettivo dei docenti? Propalare le loro posizioni a famiglie e studenti, rendendoli parte integrante della vita scolastica.
Insomma, la propaganda anti-Israele trova un varco perfino dentro le aule. Ma non tutti i prof rimangono in silenzio. A opporsi con forza è Alisa Santarlasci, docente di sostegno, che si rivolge al dirigente scolastico con una lettera durissima. Un atto di coraggio in un contesto dove non per tutti è semplice esporsi, anche per il rischio di creare spaccature nella classe docente. «Premetto che sono contro tutte le guerre, contro ogni crimine e contro le morti che esse seminano. Ma parlare solo di Palestina rischia di dimenticare il dramma del popolo israeliano, ma anche quello di tanti altri Paesi dilaniati da guerra e terrorismo», è la premessa della professoressa.
Santarlasci punta il dito contro la parzialità e le omissioni del documento: «Hamas affama il proprio popolo, ruba il 90% del cibo destinato alla popolazione, si nasconde negli ospedali e usa i civili come scudi umani. Hamas insegna ai bambini l’odio e come ammazzare un ebreo fin dai libri di testo». E tutti dovrebbero tenere a mente che i miliziani vogliono annientare Israele e cancellare gli ebrei dalla faccia della terra. «Come possiamo allora pensare alla pace? Chi siamo noi, sulla base di notizie controverse e spesso viziate da propaganda, per dire se la riposta di Israele è adeguata o meno? Cosa avrebbe fatto l’Italia se 10.400 civili (questo è in proporzione il numero degli assassinati il 7 ottobre rapportato alla popolazione italiana) fossero stati prima stuprati e poi ammazzati in territorio italiano?», si chiede la prof.
Tra le altre cose, Santarlasci contesta con veemenza la strumentalizzazione del termine «genocidio» quando si parla della guerra nella Striscia: «Se fosse un genocidio, Israele non porterebbe cibo e medicine a rischio della vita dei suoi soldati (quanti Stati in guerra forniscono cibo al nemico?) e non avrebbe vaccinato contro la poliomielite 600.000 bambini palestinesi in un solo anno. Se Israele volesse fare un genocidio, saprebbe bene come farlo e non avrebbe protratto la guerra per due anni». E poi c’è una considerazione che fa crollare al tappeto le ingiurie contro lo Stato ebraico: «Se è genocidio, perché 2 milioni di palestinesi vivono in pace nelle città israeliane, hanno 5 seggi nel Parlamento israeliano e un Giudice della Corte Suprema di Israele è un arabo?».
Il cuore della battaglia di Santarlasci è la scuola, che deve restare un luogo del sapere e non un pretesto per seminare una pericolosa propaganda. Perciò la docente invita a proteggere gli alunni dall’essere indottrinati: «Lasciamo loro la libertà di sentirsi accolti qualunque sia la loro provenienza e cultura. Non imponiamo narrazioni unilaterali e giudizi personali agli alunni». Parole che suonano come un grido d’allarme in un momento in cui la demonizzazione di Israele ha già acceso la più feroce ondata di antisemitismo dal dopoguerra. «Mi inorridisce e mi fa tremare che la demonizzazione di una sola parte in gioco abbia alimentato l’odio anti-israeliano nella totale e voluta indifferenza di tutti quelli che si riempiono la bocca con la parola “diritti”», è il monito finale della professoressa.
Il «caso Botticelli» è la prova che il conflitto in Medio Oriente non si combatte solo a Gaza, ma anche tra i banchi di scuola. In tutto il mondo, compresa l’Italia. C’è chi vuole trasformare l’educazione in propaganda, dimenticando che la missione della scuola non è alimentare ideologie ma formare coscienze libere.
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