La Cgil farà venerdì il suo quarto sciopero generale contro la manovra, mentre la Cisl manifesterà sabato a Roma. Abbiamo parlato di questa scelta e di questa nuova stagione di concertazione con la segretaria Daniela Fumarola.

Segretaria Fumarola, quali sono gli obiettivi della vostra mobilitazione?
«La nostra manifestazione è una tappa importante del Cammino della responsabilità, un percorso che in queste settimane ha visto impegnate molte strutture territoriali, regionali e di categoria. Sabato saremo in piazza per ribadire ciò che va cambiato nella legge di bilancio, che per noi deve rappresentare il primo tassello di un Accordo neoconcertativo tra Governo e parti sociali su lavoro, crescita e coesione. L’Italia deve rilanciare le politiche di sviluppo in vista della conclusione del PNRR nel 2026. Quando verrà meno il principale volano degli investimenti pubblici, dovremo avere una strategia solida e condivisa per dare forza e continuità a politiche di sviluppo e di coesione, innovazione, sicurezza, qualità e stabilità dell’occupazione, assumendo impegni reciproci e utilizzando bene ogni euro a disposizione».

Ci sono le condizioni politiche e sociali per questa nuova stagione di concertazione?
«Siamo convinti che sarebbe un errore non percorrere la strada del dialogo in una fase così complessa. La nostra proposta di una grande alleanza ha ricevuto disponibilità dalla presidente del Consiglio Meloni e aperture importanti dalle associazioni imprenditoriali più rappresentative. Ora occorre passare dalle parole ai fatti e concordare gli interventi da mettere in campo. Sul patto si misura il reale riformismo delle istituzioni e delle forze sociali. Questa è la sfida che lanceremo sabato. La Cisl è pronta, in assoluta autonomia dalla politica, come sempre nella sua storia».

Quali sono i punti più importanti del patto che proporrete?
«Serve un progetto di sviluppo condiviso che guardi alle grandi trasformazioni demografiche e tecnologiche: più sicurezza, stabilità e qualità del lavoro, nuove politiche industriali, buon governo contrattato dell’intelligenza artificiale, sanità e pensioni, welfare e coesione sociale, sostenibilità sociale e ambientale. E poi partecipazione dei lavoratori alla vita e ai risultati delle imprese. Ogni tessera deve contribuire a costruire il mosaico di un nuovo modello di sviluppo più resiliente, competitivo, solidale. Un accordo che definisca le strategie per aumentare integrazione sociale, produttività e salari, sostenendo la crescita con investimenti in innovazione, nuove tecnologie e capitale umano. Sara una piazza di proposta, una chiamata alla corresponsabilità. Non sarà un punto di arrivo ma una nuova tappa per costruire un Paese più giusto e unito».

Che cosa vi piace e cosa si può cambiare nella legge di bilancio?
«Abbiamo dato un giudizio articolato, riconoscendo misure positive frutto anche delle nostre richieste: sostegno al ceto medio, riduzione dell’Irpef, detassazione dei premi di produttività, sgravio per il lavoro scomodo, risorse per la sanità, potenziamento della Zes unica. Ma abbiamo indicato con chiarezza ciò che va corretto: rifinanziamento del fondo sulla partecipazione, legare la defiscalizzazione ai contratti comparativamente rappresentativi elevando però la soglia dei 28 mila euro per non escludere milioni di lavoratori; rafforzare risorse per scuola, università, ricerca e non autosufficienza; tutelare meglio le pensioni minime e confermare Opzione Donna. Abbiamo registrato aperture da tutte le forze politiche, ma tireremo le somme solo a legge approvata».

Come rispondete a chi vi accusa di collateralismo con il governo Meloni?
«Sono ricostruzioni del tutto capziose ed infondate. La Cisl dialoga e si confronta con le sue proposte e senza pregiudiziali con tutti i governi di qualsiasi colore politico. Siamo gelosi della nostra autonomia e rimandiamo al mittente ogni tentativo di collocarci a destra, a sinistra o al centro. Noi facciamo solo sindacato con l’obiettivo di portare risultati concreti ai nostri iscritti, ai lavoratori e ai pensionati. Solo quando il dialogo si interrompe o di fronte a scelte sbagliate delle nostre controparti, la Cisl pratica la strada del conflitto e dello sciopero come facciamo in tantissime vertenze nazionali e locali».

La legge sulla partecipazione quale ruolo potrà avere?
«La partecipazione è una leva strategica di sviluppo. Con la legge 76 abbiamo ottenuto una conquista storica: non è più un optional o una concessione. È la via per sostenere investimenti, innovazione, aumentare produttività e salari, difendere l’occupazione, rafforzare formazione, tutele, salute e sicurezza, orientare il risparmio verso l’economia reale. Continueremo la nostra campagna per promuovere una cultura della partecipazione, a partire dalle grandi aziende pubbliche. La strutturalità del fondo per la legge 76 è centrale per incentivare gli accordi che permettono ai lavoratori di partecipare alla vita delle imprese».

Quale strada per superare l’emergenza salariale?
«La via maestra è la contrattazione, con un grande rafforzamento delle articolazioni territoriali e aziendali. È la via che porta a un aumento di produttività negoziato, che poi va redistribuito su retribuzioni più alte e orari ridotti a parità di stipendio. Le invasioni legislative sulle paghe minime orarie non solo non risolvono un problema concentrato sui salari medi e mediani, ma tenderebbero a peggiorarlo, con una compressione delle retribuzioni da parte di molte aziende che, uscendo dai contratti, si attesterebbero sul minimo normativo. La sfida va colta in positivo. Bisogna rinnovare i contratti alla scadenza naturale, con aumenti veri legati alla produttività e sostenuti da una fiscalità più equa. C’è da potenziare l’innovazione tecnologica e organizzativa. Serve poi investire in formazione e competenze: senza queste leve il valore aggiunto del lavoro non cresce e non può esserci reale riscatto dei salari, né mobilità sociale».

Si parla di nuove norme sulla rappresentatività sindacale. È il momento?
«La CISL è storicamente contraria a una legge sulla rappresentanza non per diffidenza perché la via pattizia funziona meglio: è più flessibile, nasce da una mediazione tra posizioni legittime e si adatta più facilmente ai cambiamenti. Una legge regolatoria, invece, rischia di cristallizzare rapporti di forza contingenti, risentire di dinamiche politiche ed essere difficile da correggere nel tempo. Detto questo, se venisse proposto un testo che recepisca e renda esigibili gli accordi interconfederali sulla rappresentanza, con una verifica “terza” dei dati affidata al CNEL, la CISL è disponibile. In passato il percorso si è fermato sul dissenso delle associazioni datoriali su come misurare la loro rappresentatività, mentre sul versante sindacale il criterio è già consolidato: la media tra iscritti e risultati delle elezioni RSU».

Fisco: come valutate le scelte del governo?
«Il taglio dell’Irpef per il ceto medio è positivo e coerente con le nostre richieste per sostenere il potere d’acquisto. Ma sull’equità fiscale serve fare molto di più. Anche a questo deve servire il patto: redistribuire con maggiore giustizia, alleggerire il carico su lavoratori e pensionati, puntare sulla lotta all’evasione. Siamo contrari a condoni e sanatorie che premiano chi non rispetta le regole. L’equità si costruisce responsabilizzando tutti».

Molti dossier sono aperti: automotive, siderurgia, transizioni industriali. Quale politica industriale serve?
«Serve una politica industriale moderna, capace di accompagnare transizioni tecnologiche, energetiche e ambientali senza lasciare indietro i lavoratori. Occorrono piani che tengano insieme lavoro, impresa e ambiente. Basta rinvii e ricette velleitarie: è il momento delle scelte. Anche lo Stato deve fare la sua parte promuovendo investimenti sostenibili, ricerca, filiere strategiche e qualità dell’occupazione. Il patto della responsabilità deve puntare su lavoro, sicurezza, salari, produttività e partecipazione: i pilastri della nuova stagione di sviluppo del Paese».