Escalation
La sinistra mondiale impazzisce per Gaza. Il libro guida è di Enzo Iacchetti e non conosce contraddittorio
Un po’ come negli anni 60: “The answer, my friend, is blowin’ in the wind”. Ancora una volta è nel vento, che alimenta le proteste per Gaza e fa procedere (molto lentamente) la Flotilla, che vanno cercate le ragioni della mania collettiva che appassiona le sinistre di tutto il pianeta.
Un nuovo conformismo, quell’accomodamento che Pier Paolo Pasolini definì come “testarda certezza degli incerti”. La mania in Italia prende le forme di un vero e proprio inseguimento a tratti esilarante. Come quello che è andato in scena in Campidoglio: martedì il M5S presenta una mozione per esporre la bandiera della Palestina, il Pd si astiene, l’atto non passa.
Il flash mob
Ravvedimento operoso? Non proprio, oggi il gruppo consiliare dem presenterà analoga mozione sul vessillo palestinese. Insomma guerricciole per stabilire la testa del corteo. Per rafforzare il concetto, ieri deputati e senatori dem, hanno organizzato un flash mob davanti a Montecitorio. Un gioco per tornare all’adolescenza, tutti seduti a terra con le mani in alto, una gioia per le lavanderie del centro di Roma.
La Cgil
A farsi largo non poteva mancare la Cgil: quattro ore di sciopero indette per domani: “Cessi l’invasione militare, vengano aperti immediatamente corridoi umanitari e sia ripristinato il rispetto delle leggi internazionali e dell’umanità”. Presidii e manifestazioni in tutta Italia: “Siamo schierati a difesa delle donne e degli uomini della Global Sumud Flotilla che in questi giorni stanno navigando verso Gaza”.
Il problema dell’Eurovision
Dopo la tragicomica protesta sul carpet inscenata da attori e registi italiani alla Mostra del cinema di Venezia, la rumba promette di trasferirsi a Vienna, dove nel maggio del prossimo anno si terrà Eurovision. Le emittenti di Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia, Islanda e Spagna hanno annunciato che non parteciperanno alla più importante competizione musicale d’Europa, se ci sarà Israele. In pratica radio e tv israeliane considerate alla stregua di alleati del governo Netanyahu. Sulla stessa lunghezza d’onda a Bologna si organizza una massiccia campagna contro il concerto dei Radiohead, storico gruppo britannico. La colpa di Thom Yorke e compagni? Non aver attaccato Israele pubblicamente. “Invitiamo anche i fan ad aderire alla campagna di boicottaggio – dice Chiara Pancaldi, musicista e organizzatrice di ‘Voci per la Palestina’ – io stessa adoro i Radiohead, ma cercheremo di promuovere questa campagna il più possibile”.
Gli altri casi
D’altra parte è il principio guida della protesta: colpire chiunque abiti o abbia rapporti in quella terra o ne sia comunque amico. Una censura che ha colpito Gal Gadot in Laguna, le arachidi del Negev (messe al bando dai supermercati Coop), la nazionale di calcio, i farmaci Teva dalle farmacie comunali di Sesto Fiorentino, Marco Carrai dalla Fondazione Mejer di Firenze in quanto console onorario. Una lista pressoché infinita, che comprende turisti cacciati da ristoranti e negozi, soldati in vacanza nel nostro Paese, un working progress continuo, impossibile starci dietro. Dagli insulti alle vie di fatto, come quelle messe in pratica da una quindicina di giovani che all’Ateneo di Pisa interrompono la lezione ed aggrediscono un docente, accusato di un gravissimo “reato”: “È un sionista”. Non contenti della bravata contro il professor Rino Casella, hanno chiamato rinforzi, ed in serata hanno bruciato bandiere di Israele in una piazza cittadina.
Sempre il sindacato, stavolta del settore agroalimentare, si è inventato uno sciopero al contrario. Un’iniziativa dal titolo evocativo: “pane per Gaza”: “Chiediamo di versare la somma di denaro corrispondente ad un’ora di lavoro quale contributo a favore del progetto”. C’è poi la rete pro-Pal che organizza la mobilitazione: grande corteo a Roma il 4 ottobre, con comizi nell’ iconica piazza di sempre: San Giovanni. Se non c’è una colonna sonora, esiste almeno il libro guida. Lo ha firmato Enzo Iacchetti, storico volto di Striscia la notizia, martedì sera a Carta Bianca: “Non ci deve essere un contraddittorio”. Il tempo della verità ufficiale e poi chi se ne importa della carneficina russa in Ucraina.
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