Nei vicoli di quei quartieri dove il sole non batte, quelli apostrofati come “difficili”, oltre il Covid c’è un altro virus che infetta i giovani: la criminalità organizzata. La scuola è chiusa e tra poco, forse, toccherà alle palestre. Gli unici punti di riferimento per i ragazzi che vivono a Scampia o in qualsiasi altra zona a rischio non ci saranno più: che ne sarà di loro? Il Riformista lo ha chiesto a Gianni Maddaloni, titolare della palestra Star Judo Club, da sempre in prima linea per strappare i ragazzini dalle sabbie mobili dell’illegalità.

Quanto è importante lo sport per i ragazzi, soprattutto in contesti difficili come quello di Scampia?
«È fondamentale, lo sport li salva dalla strada, evita che finiscano in galera o che entrino a far parte dei clan. Allenarsi, appassionarsi a una disciplina dà loro la possibilità di conoscere e avere nuovi modelli da seguire, che non sono più i camorristi con le moto di grossa cilindrata ma Clemente Russo o altri atleti. Nella mia palestra di judo imparano questo, ma anche le regole e il rispetto per gli altri».

Ecco, se le palestre dovessero chiudere, ai ragazzi resteranno solo gli spazi aperti per poter fare sport: Napoli è attrezzata?
«Assolutamente no, fare sport all’aperto a Napoli è un’utopia, in inverno è addirittura follia. Non ci sono strutture all’aperto dotate di copertura né attrezzature. Scampia ha molto verde, ma di certo a dicembre non posso portare i bambini ad allenarsi lì. Tempo fa il Calcio Napoli mi aveva promesso che avrebbero realizzato una copertura su piazza Grandi Eventi ma così non è andata: ecco, se il progetto fosse stato realizzato si sarebbe trattato di un’ottima soluzione per non lasciare i ragazzi soli e permettere loro di fare sport anche d’inverno, anche ora. Invece, adesso, saranno costretti a smettere di allenarsi».

Quanto è pericoloso per loro smettere di frequentare la sua palestra e, in generale, di fare sport?
«Moltissimo. Non vanno a scuola, non possono più allenarsi. Sa cosa vuol dire questo? Che questi ragazzi sono tutte nuove leve per la camorra, senza punti di riferimento andranno a fare le sentinelle per le consegne di droghe e così via. Qui, a 13 anni, fanno già parte di bande criminali. Io ho perso molti ragazzi, ma sono riuscito a salvarne moltissimi altri: erano ragazzi con un destino già segnato e che invece, grazie allo sport, si sono salvati. Ma non solo qui ho in affidamento molti ragazzi detenuti che grazie allo sport stanno provando a ricostruirsi una vita. Così tutto il lavoro di decenni verrà vanificato e i giovani seguiranno l’unico modello che avranno ancora vicino».

A quale modello fa riferimento?
«A quello proposto da Gomorra. Questa serie tv ha contribuito moltissimo a deviare i ragazzi di Scampia e non solo, avvicinandoli sempre di più a una vita fatta di rapine, droga, motorini in sella ai quali scorrazzare di notte e soldi facili. Gomorra ha raccontato tutto questo e quelle immagini hanno avuto un effetto devastante in quartieri difficili che già cercavano di combattere a fatica quei modelli. Ho visto ragazzini di 13 anni fondare bande criminali».

Cosa dovrebbero fare le istituzioni?
«Innanzitutto dovrebbero smetterla con questo terrorismo psicologico, dovrebbero pensare a riorganizzare la sanità e a fare nuove assunzioni invece di chiudere le attività e far morire di fame la gente. Poi mettere a disposizione di associazioni come la mia spazi all’aperto per far allenare i ragazzi. Lo sport è essenziale per i ragazzi a rischio, ma anche per quelli diversamente abili che migliorano moltissimo la loro qualità della vita stando a contatto con gli altri e imparando cose nuove».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.