Mentre Biden telefona a Scholz e Macron ma non a Meloni per la situazione in Ucraina, il ministro del Made in Italy Adolfo Urso prova a fare capolino in Europa con un trilaterale con il titolare dell’Economia francese Bruno le Maire e il vice cancelliere tedesco Robert Habeck. Tema: le materie prime rare (ormai definite “critiche”).
La transizione verde e digitale determinerà una domanda esponenziale di questi materiali; mentre la scarsa offerta intensificherà la competizione globale. Per questo la Commissione Europea lo scorso 16 marzo ha presentato una proposta di regolamento in esame, il Critical Raw Materials Act (Crma) con l’obiettivo di garantire l’accesso dell’Ue a un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche.

Il testo ora è al vaglio del parlamento italiano, ma il Governo Meloni ha trasmesso alle Camera una relazione con cui valuta positivamente le finalità generali della proposta e ritiene le disposizioni in essa contenute conformi all’interesse nazionale. Ritiene altresì l’approvazione della proposta di particolare urgenza. Eppure a Bruxelles molti esponenti di maggioranza in Italia criticano il regolamento. L’europarlamentare Alessandro Panza della Lega, ad esempio, lo giudica l’ennesimo fallimento dell’Ue che arriva a stabilire le regole per le materie critiche con quattro anni di ritardo rispetto al Green Deal. E con un piano lontano dalla realizzabilità.

Il Critical Raw Materials Act allo scopo di rendere l’industria dell’Ue meno dipendente da paesi terzi, stabilisce che, entro il 2030, l’Unione europea: estragga almeno il 10% (dal 3% attuale), trasformi almeno il 40% e ricicli almeno il 15% del proprio consumo annuale di materie prime strategiche; non dipenda, per ciascuna materia prima strategica, da un singolo paese terzo per oltre il 65% del proprio consumo annuale.

Secondo le previsioni della Commissione europea, la domanda di materie prime critiche è destinata ad aumentare drasticamente. La Commissione stima, ad esempio, che la domanda globale di litio utilizzato per la produzione di batterie per la mobilità e l’accumulo di energia potrebbe aumentare fino a 89 volte entro il 2050. La domanda europea di elementi di terre rare da cui vengono prodotti i magneti permanenti utilizzati nelle turbine eoliche o nei veicoli elettrici dovrebbe aumentare da sei a sette volte entro il 2050. La domanda di gallio nell’Ue, utilizzato per la produzione di semiconduttori, è destinata a crescere di 17 volte entro il 2050. Nell’Ue attualmente sono estratte meno del 2% delle materie prime critiche: anche se alcuni metalli sono presenti nel suo territorio, mancano le capacità di estrazione e di trasformazione. Ad oggi, segnala la Commissione, le capacità attuali e quelle previste rischiano di non soddisfare più del 50% della domanda di cobalto prevista e in futuro la domanda di terre rare è destinata a superare la crescita delle capacità. Per produrre un’auto elettrica servono 6 volte più minerali che per produrre un’auto convenzionale. E per realizzare un impianto eolico sono necessari 9 volte i minerali che basterebbero per costruirne uno a gas.

La Commissione ricorda, a titolo esemplificativo, che le terre rare pesanti, da cui si ottengono i magneti permanenti utilizzati nelle turbine eoliche o nei veicoli elettrici, sono raffinate esclusivamente in Cina; il 63% del cobalto mondiale, utilizzato nelle batterie, è estratto nella Repubblica democratica del Congo. Mentre in Europa sono 15 anni che non si apre una nuova miniera.
In Italia abbiamo 15 di queste materie, ma sono in giacimenti chiusi 30 anni fa. Secondo i dati forniti dall’Ispra sono stati identificati finora 3.016 siti estrattivi, in Piemonte, sono riscontrati sinora elevati tenori di cobalto e nickel, in Lombardia di zinco, piombo e argento, mentre vicino a Roma è stata riscontrata presenza di litio. Ma l’ultima carta mineraria è del 1973, e si sta lavorando all’aggiornamento. Ma siamo sicuri che quando verrà pubblicata, come ha dimostrato la pubblicazione della mappa per i siti idonei per il deposito nucleare, vorrà dire aprire ai Nimby. Anche i più insospettabili (ad esempio la Lega del nuclearista Salvini, appoggia sindaci no deposito).

Se finora infatti i comitati nimby hanno messo a ferro e fuoco i cantieri solo per un approdo Tap invisibile, o per trivelle al largo dei mari, cosa potrebbero fare per l’estrazione in miniera in terra ferma, magari in parchi protetti? E i vandali di Ultima Generazione che protestano contro i fossili, sono pronti ad aprire le miniere, o imbratteranno pure quelle? Si sentiranno green se a rifornirci di materie prime sono i bambini sfruttati nelle miniere del Congo, o i cinesi?A Manduria nella masseria di Vespa a Conte che lo ascoltava, Urso ha chiesto “che ne pensa l’ex premier del fatto che per la transizione dovremmo estrarre materie rare in Italia?”. Conte ha risposto di essere d’accordo, ma forse non aveva capito la domanda. Del resto ha aggiunto ci sono “17 materiali chimici fondamentali, dal litio in giù”. Dimostrando di non sapere nulla: il litio non fa parte delle terre rare, che non sono “materiali chimici”.

Nel frattempo Urso anche in questa occasione ripete in loop il mantra dello Stato stratega e della nazione sovrana: “Se l’Europa chiede di sfruttarli, e noi siamo d’accordo, deve darci gli strumenti legislativi, normativi, amministrativi e finanziari per poterlo fare compiutamente ed entro i termini previsti. E noi lo faremo perché sia chiaro a tutti: è tornata l’Italia del fare. L’Italia orgogliosa della sua scienza e della tecnologia, delle imprese e del modello sociale. Ecco, appunto: non siamo più un’anomalia nell’economia occidentale, ma il modello che altri vogliono imitare”. Il prossimo trilaterale sulle materie critiche con Francia e Germania si terrà a ottobre in Italia. Prima che gli eco vandali imbrattino anche i ministri europei (non diamo idee!) Perché il ministro Urso non inizia a spiegare ai nimby in Parlamento (pd, 5 stelle e persino Lega) che per estrarre il titanio dobbiamo trivellare il parco del Beigua?

Annarita Digiorgio

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