La cucina italiana è entrata ufficialmente nel Patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, un traguardo che non è solo simbolico ma rappresenta una vera e propria vittoria nazionale. A New Delhi il Comitato intergovernativo dell’Unesco ha approvato all’unanimità l’iscrizione, riconoscendo alla gastronomia del nostro Paese un valore universale fatto di identità, tradizioni, condivisione e cura. È la prima volta che un’intera cucina nazionale viene tutelata nella sua complessità e nella sua ricchezza, un precedente che sottolinea quanto il nostro patrimonio culturale sia unico e riconoscibile in ogni angolo del pianeta.

La decisione è stata accolta con entusiasmo dalle istituzioni e dalle filiere. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha parlato di “una festa che appartiene a tutti”, ricordando come la cucina italiana sia espressione di radici profonde e di una creatività capace di trasformare la tradizione in eccellenza. Parole che risuonano con quelle del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha definito il riconoscimento “una vittoria dell’Italia”, capace di dare nuovo slancio a chi ogni giorno coltiva, produce, trasforma e cucina. Un settore che non è solo cultura ma economia reale: filiere che generano lavoro e valore e che esportano oggi circa 70 miliardi di euro di agroalimentare. Il mondo agricolo ha ricordato come questo primato affondi nei territori e nei mille piatti regionali che raccontano secoli di storia e saperi. Coldiretti e Campagna Amica hanno sottolineato che il valore globale della cucina italiana ha raggiunto i 251 miliardi di euro e che questo riconoscimento concretizza l’importanza di un patrimonio che da sempre è ambasciatore dell’Italia nel mondo.

Anche dal fronte politico il traguardo è stato salutato come un risultato di cui il Paese – ovviamente – può andare fiero. Il Partito Democratico ha parlato di “una vittoria dell’Italia e degli italiani”, ricordando però la necessità di costruire politiche di tutela e sviluppo all’altezza di un settore che sostiene centinaia di migliaia di imprese e oltre un milione e mezzo di lavoratori. Non erano mancate, accanto all’annunciato successo, tensioni e polemiche sul ruolo della politica e del servizio pubblico, esplose dopo l’ospitata della premier a “Domenica In” lo scorso settembre. Pd e M5S, per l’occasione, avevano denunciato un uso politico della televisione e la mancanza di confronto su altri dossier internazionali, aprendo un dibattito che ha occupato spazio ma non è riuscito a offuscare il senso profondo di ciò che ha poi portato a questo risultato.

La padrona di casa Mara Venier invece, a distanza di due mesi e in maniera quasi premonitrice, proprio ieri ha preso parte alla quinta giornata di Atreju. Al di là delle divisioni e del confronto politico, alla fine resta solo un fatto: l’Unesco ha certificato ciò che il mondo già riconosce da tempo. La cucina italiana non è soltanto un insieme di ricette, è un patrimonio vivente che unisce generazioni, territori e culture, è identità e lavoro, è bellezza e gusto, è un linguaggio che non ha bisogno di traduzioni. Oggi l’Italia può davvero dirlo con orgoglio: non abbiamo solo inventato piatti, abbiamo inventato un modo di stare al mondo. E questo, nessun riconoscimento potrà mai davvero misurarlo, ma può certamente celebrarlo.

Carola Causarano

Autore