Milano capitale per un giorno: ieri sera Matteo Renzi e Carlo Calenda sono stati i protagonisti del varo di Renew Europe Italia, il progetto politico unitario – progetto, non ancora soggetto – che punta a dare un seguito all’esperimento elettorale del Terzo Polo. «Dobbiamo salvare il Paese dai due populismi di destra e di sinistra», hanno detto insieme. Se il leader di Italia Viva ha ribadito che «La partita è tra Meloni e di nuovo Draghi a Palazzo Chigi», Calenda se l’è presa con Enrico Letta: «Infantile. La campagna lo ha trasformato in peggio».
Una schermaglia ravvivata dalle interviste con cui il segretario Dem prova a inchiodare le elezioni in una dinamica bipolare, con Fdi a trarre vantaggio dall’indebolimento del Nazareno. Nel centrodestra si agitano fantasmi allo specchio: «I moderati che votassero Terzo Polo favorirebbero la sinistra», dice Maurizio Lupi, Noi con l’Italia. Mentre ciascuno dipinge scenari su misura per sé, Giorgia Meloni riceve un’apertura inattesa da una democratica (ma americana): Hillary Clinton confida di non temere troppo la leadership meloniana: «Una donna premier è una rottura con il passato. Poi vedremo i fatti. Ammiravo Thatcher anche se non la pensavo come lei. Le donne a destra sono molto più supportate dal partito rispetto alla sinistra», fa sapere.
Salvini presenta le liste del Carroccio e assesta una stoccata a Meloni: «Il presidente del Consiglio lo decidono gli italiani e poi lo indica Sergio Mattarella: l’accordo del centrodestra è che chi prende un voto in più, come è bello e giusto in democrazia, ha l’onore e l’onere di proporsi come guida di questo paese». E guarda anche al caos che si prospetta in casa Dem, dopo l’esito elettorale: «Bonaccini è impegnato nella guerra interna al suo partito, sta cercando di fare le scarpe a Letta e quindi è lì che gufa sperando che il Pd vada male. Noi lo accontenteremo». Meloni non vuole rendere nota la lista dei ministri cui starebbe già lavorando, anche se nella notte qualche informazione deve essere trapelata dai suoi uffici.
Tanti saranno i profili tecnici. Francesco Rocca della Croce Rossa Internazionale accetterebbe di fare il ministro della Sanità. Carlo Nordio andrebbe alla Giustizia. Da Forza Italia, Antonio Tajani, forte dell’esperienza in Europa, andrebbe agli Esteri. E si pone una questione Salvini. Il numero due della coalizione ambirebbe al Viminale, ma le pressioni per scongiurarlo sono già tante. Né il leader della Lega accetterebbe dicasteri di minor peso. L’idea di Giorgia Meloni? Indicare Salvini come Presidente del Senato. Diventerebbe la seconda carica dello Stato in una posizione tanto autorevole quanto inoffensiva.
