Non ho alcun preconcetto nei confronti delle Università telematiche. Anzi, ritengo che possano svolgere un servizio importante, soprattutto nei riguardi delle persone, qualunque sia la loro età, che abbiano difficoltà a frequentare l’Università in presenza per svariate ragioni, lavorative, di distanza, di salute o di altro genere. Proprio in virtù di questa linea di pensiero, nella mia esperienza di rettore, ho anche promosso, presso la mia Università, la nascita di corsi di laurea magistrale on line, peraltro in lingua inglese, rivolti a studenti stranieri, ma anche a studenti italiani che preferissero questa modalità di studio. Ma due aspetti devono essere chiari.

In primo luogo, l’Università, nella sua accezione più completa, è incontro, partecipazione, confronto, discussione, dibattito. L’Università non può essere solo un conferimento di nozioni, ma deve tradursi nella crescita complessiva della persona, che acquisisce sapere, ma anche maturità e metodo critico. Tutto questo trova la sua completa realizzazione in una formazione in presenza. Una lezione, una esercitazione, un seminario, un laboratorio, un gruppo di lavoro, sarà pienamente efficace se avverrà nel confronto tra docente e discente, nella completa interazione tra le parti. Gli studenti non dicono “studio all’Università”, ma “vado all’Università”, intendendo proprio che esiste una dimensione di vita all’interno delle strutture universitarie che è fondamentale nella formazione superiore, anche per la completa crescita umana della persona.

La formazione a distanza, pur riconoscendo i grandi sforzi operati negli anni per incrementare il livello di interattività, non riesce a raggiungere quel grado di profonda interazione tra maestro e allievo che è l’essenza stessa della formazione. Anche il drammatico test del periodo della pandemia – in cui, per carità, la formazione a distanza è stata straordinariamente utile, anzi necessaria, per consentire la continuità di un percorso che altrimenti si sarebbe bloccato – ha confermato la differenza con la formazione in presenza sul livello complessivo di maturazione della persona.

Fatta questa doverosa premessa e ribadendo, in ogni caso, il valore della formazione a distanza, qualora le condizioni personali la rendano più opportuna o addirittura necessaria, non credo possano esserci dubbi sul fatto che anche le Università telematiche debbano essere sottoposte a quel meccanismo di accertamento della qualità che da anni caratterizza l’Università in presenza. Le Università sono sottoposte ad accurati meccanismi di valutazione ed accreditamento, volti al miglioramento continuo della qualità del servizio offerto. Per attivare un nuovo Corso di Laurea, le Università devono ricevere il via libera dal Ministero sulla base di precisi parametri che vanno dalla numerosità dei docenti, alle strutture disponibili, dalla definizione precisa del progetto formativo, al confronto con i cosiddetti stakeholder.

Non si comprenderebbe davvero perché le Università telematiche, che peraltro hanno spesso un costo assai elevato, possano avere percorsi differenziati o rinvii nell’applicazione delle normative vigenti in termini di qualità del servizio.
L’emendamento proposto dalla Lega nel quadro del Decreto Milleproroghe, già soprannominato emendamento Bandecchi dal nome del sindaco dimissionario di Terni, amministratore di una delle più importanti Università telematiche, che mira al rinvio dell’applicazione dei suddetti criteri, appare quindi assolutamente inaccettabile.

Le Università telematiche hanno pieno diritto di cittadinanza. Offrono un servizio importante e complementare. Ma devono rispettare le medesime regole di accreditamento e di garanzia della qualità del servizio offerto, dal momento che conferiscono anch’esse un titolo di studi valido e legalmente riconosciuto.

Fabrizio Micari

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