La settimana trascorsa lascia sul campo i pezzi di una maggioranza in difficoltà, ostaggio di una sinistra fuori e dentro il Pd, che insegue le piazze. La questione più grave riguarda proprio i dem, sempre più in crisi di identità…
«Il Partito Democratico nasce per avere una linea riformista, europeista, atlantista – riformista per la politica interna ed economica, aperta al mercato – e soprattutto per rivedere la linea che aveva avuto il Partito Comunista e anche la Democrazia Cristiana sul rapporto con Israele e il Medio Oriente. Non più una linea completamente schiacciata sul panarabismo e sull’antioccidentalismo, ma una linea moderna che guarda la società per come stanno le cose. C’erano stati grossi passi avanti: penso alla svolta che diede Renzi con il suo discorso alla Knesset, all’ottimo lavoro di Fassino sul tema del rapporto tra sinistra e Israele. A un certo punto questa linea viene radicalmente spezzata dalla segreteria Schlein. Ci sono stati diversi fattori che mi hanno portato a una grande riflessione, soprattutto per il totalmente assente equilibrio sulla crisi mediorientale, sulla guerra tra Israele e Gaza. Il Partito Democratico non ha mai riconosciuto le ragioni di Israele, il fatto che Israele è stata costretta a combattere questa guerra – questo non vuol dire che non si debba criticare anche la condotta della guerra, però oggettivamente il PD ha sdoganato termini quali “genocidio” in riferimento a quello che è accaduto a Gaza».

Lei parla di “sdoganamento” del termine genocidio. Chi lo mette in discussione viene, ben che vada considerato uno che si nasconde dietro le parole, un manipolatore.
«No, guardi, è un termine che ha portato un’ondata di antisemitismo in Italia e soprattutto a Milano preoccupante. Uno può parlare di massacro, di grande massacro dei civili, come ha detto anche Benny Morris in una sua intervista, però come si fa a parlare di genocidio quando non c’è stata alcuna intenzione di sterminare un popolo da parte dell’esercito israeliano? Non c’è stata alcuna cancellazione del popolo palestinese: in Israele stesso il 22% della popolazione è araba musulmana, un giudice della Corte Costituzionale è arabo, ci sono cinque partiti arabi rappresentati. Questo termine è stato utilizzato per far passare le vittime di ieri come carnefici di oggi e su questo il Partito Democratico non è mai stato netto. Come non è mai stato netto su tutte le manifestazioni di questi due anni dove si gridava “dal fiume al mare Palestina libera”, che vuol dire buttare gli ebrei a mare. Non ho sentito una dichiarazione di condanna da parte della Schlein o dei dirigenti locali, regionali, nazionali del PD contro quelle manifestazioni dove si gridavano frasi come “ammazza gli ebrei”, “Israele stato terrorista”, “sionismo uguale a nazismo”. Quando nessuno di quei dirigenti prende e se ne va da quelle manifestazioni, oggettivamente c’è un problema enorme dentro al Partito Democratico».

Come è possibile che Milano, città che ha vissuto gli anni del socialismo riformista, che è stata modello di civiltà e sviluppo, oggi veda il suo Consiglio Comunale trasformarsi in una sorta di tribunale anti-israeliano? Penso alla mozione sul gemellaggio con Tel Aviv che voi avete bloccato.
«Lo dico come battuta, ma mica tanto: dovrebbero fare un monumento a me e a Gian Maria Radice – mi compagno consigliere nel gruppo I Riformisti- davanti alla sede del PD milanese perché gli abbiamo evitato una gran figuraccia sul tema del gemellaggio con Tel Aviv. Il 6 ottobre era stata presentata una mozione fortemente anti-israeliana dove il punto focale era l’interruzione del gemellaggio tra Milano e Tel Aviv. Io avevo chiesto alla capogruppo del PD di togliere quel punto, mi è stato detto di no. Alla prima votazione siamo usciti io e Radice con l’opposizione dall’Aula, è caduto il numero legale e la cosa non è passata. Grazie anche alle nostre prese di posizione pubbliche, il PD ha modificato la sua posizione. Io avevo depositato una mozione che chiedeva di fare un’iniziativa sulla pace con i rappresentanti di Tel Aviv e Betlemme, città gemellate, per parlare dei due popoli, due Stati e di convivenza pacifica. Il Consiglio Comunale di Milano è diventato l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: sono due anni che discutiamo solo di Gaza. Alla fine il PD ha bocciato il punto sul gemellaggio e ha votato la mia mozione, ma al prossimo Consiglio presenta una mozione dove si chiede di attivare una sospensione momentanea del gemellaggio qualora Israele dovesse violare il cessate il fuoco. Esce dalla porta e entra dalla finestra».

Il fatto è che tutto accade dentro alla maggioranza che esprime il governo della città. I Verdi, la sinistra che sembra poterla tenere sotto scacco.
«La verità? È stato fatto tutto questo perché si è aperta una crisi dentro la maggioranza con i Verdi sulla questione di San Siro. Una giunta riformista erede della storia del socialismo milanese oggi è sotto scacco dei Verdi, che dicono no a tutto, che sono oltranzisti, che hanno posizioni sulla politica estera che vanno oltre quelle della vecchia Democrazia Proletaria, nel 2025. Hanno utilizzato quella mozione per tenere i Verdi nella maggioranza. Abbiamo i Verdi, che erano tre e ora sono due, che sono oltre l’estrema sinistra. Abbiamo un pezzo del PD con posizioni molto connotate a sinistra, e abbiamo una giunta che per San Siro ha dovuto prendere i voti di Forza Italia. Ci sono temi reali che riguardano i cittadini – il caro vita, i cantieri bloccati – che non si stanno affrontando per un immobilismo politico dovuto a una maggioranza che non tiene più».

La questione dell’Ambrogino d’Oro alla Flotilla e il progetto di un gemellaggio di fatto con Gaza City, governata da Hamas, rappresentano il culmine di questa deriva.
«La vicenda della Flotilla è incredibile: un’operazione prettamente mediatica, strumentale, anti-israeliana, in un momento dove si stava avviando un percorso di pace. Il governo israeliano aveva proposto loro di fermarsi per distribuire gli aiuti, il Presidente della Repubblica aveva detto di fermarsi. Hanno voluto forzare il blocco navale con il risultato che non hanno portato mezzo aiuto, perché non era quello l’intento. Che senso ha premiare con l’Ambrogino d’Oro una realtà del genere? Il tema è umanitario? Bene, Potevano proporre di premiare il CESVI che fa questo lavoro enorme in tutto il mondo e anche a Gaza. Mi stupisce la posizione del PD che è un partito che ambisce a governare il paese».

Mentre il Consiglio Comunale – come dice lei – si trasforma in un’assemblea ONU, Milano ha urgenze reali che dovrebbero essere nelle corde della sinistra: periferie, equità sociale, costo della vita. Dovrebbero essere il programma quotidiano dell’amministrazione.
«In questi quattro anni di Consiglio sono passate poche delibere della Giunta e abbiamo parlato praticamente solo di politica estera. Ci sono tutti i temi riguardanti la città che sono affrontati poco: la questione dei salari, del caro vita, dell’edilizia convenzionata – perché oggi soffre principalmente il ceto medio. C’è il tema dei cantieri bloccati in città dove hai i Verdi che si mettono contro. Su Salva Milano è stata fatta una marcia indietro. Sullo stadio, che può portare 4-6 miliardi in città e 18mila posti di lavoro, si è riusciti a farla passare grazie all’astensione di Forza Italia. Questi temi andrebbero affrontati con una buona dose sana di riformismo, cosa che in questo momento è davvero pallida…».

Cosa dovrebbe fare Beppe Sala?
«Beppe Sala dovrebbe in quest’ultimo anno e mezzo fare… Beppe Sala. E cercare di imporre un’agenda per affrontare questi problemi e risolverli. Cosa che avrà tutto il nostro appoggio contro i veti di un pezzo della sua maggioranza».