“L’ultima fotografia del sistema antiviolenza italiano non distingue tra centri antiviolenza che rispettano i criteri della Convenzione di Istanbul e che quindi forniscono un’accoglienza completa che accompagna la donna fino alla riconquista della propria autonomia, e centri che invece forniscono solo alcune prestazioni, di fatto lasciando le donne sole soprattutto nella fase di avvio della loro nuova vita”. È quanto afferma Antonella Veltri, presidente di D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza).

Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re del Veneto fa inoltre notare come la rilevazione Istat si sovrappone a quella realizzata autonomamente da D.i.Re: “Confrontando i dati, emerge che a fronte di 49.394 donne accolte dai 257 centri che hanno completato il questionario dell’istituto di statistica, le donne accolte da D.i.Re nel 2018 sono state 19.715 in 85 centri della rete, ovvero quasi il 39,9 del totale”. Inoltre, “i centri D.i.Re, oltre a fornire il percorso completo, agiscono sulla formazione e dunque sulla prevenzione”, aggiunge Veltri, “e quindi sono agenti a 360 gradi del cambiamento strutturale e culturale necessario per vincere la violenza maschile sulle donne”. La rilevazione Istat poi  “conferma inoltre alcune criticità che D.i.Re ha segnalato ripetutamente, a cominciare dall’alta percentuale di lavoro volontario che riguarda il 55,5% delle operatrici”, aggiunge Veltri. Esiste poi una vera e propria “questione meridionale”, con un numero insufficiente di centri antiviolenza al Sud e nelle Isole, che viene periodicamente rilevata dall’Istat ma che, con altrettanta costanza, non viene affrontata con misure specifiche. Vale la pena sottolineare che circa 85 centri su 257 forniscono quasi il 40% del supporto complessivo offerto dal sistema antiviolenza italiano, ovvero forniscono percorsi di fuoriuscita dalla violenza completi, dall’accoglienza telefonica all’autonomia.

“Infine, a fronte dell’alta percentuale di donne di origine straniera accolte nei centri, ancora troppo scarso rispetto al fabbisogno è il coinvolgimento delle mediatrici culturali, che diventano imprescindibili nel supporto a donne richiedenti asilo e rifugiate, come D.i.Re ha sperimentato negli ultimi 3 anni nell’ambito del progetto “Leaving violence. Living safe” realizzato in partnership con Unhcr”, fa notare ancora la presidente. Cosa fare dunque? Secondo Vetri sarebbe un primo punto di partenza elaborare una revisione dell’Intesa Stato-Regioni del 2014, proprio per assicurare che alle donne sia fornito tutto il supporto di cui hanno bisogno nel percorso di fuoriuscita dalla violenza.