Ambiente
Nucleare, policy e prospettive per un’Italia protagonista nella UE: lo studio di AWARE Think Tank
Un mercato complessivo potenziale di circa 46 miliardi di euro e 14,8 miliardi di valore aggiunto diretto al 2050. Strategia nazionale, industria pilota SMR e rafforzamento dell’Autorità di regolazione ISIN: le politiche abilitanti per la crescita dell’atomo nel Paese. I dati dallo studio AWARE “Il nucleare in Europa e in Italia: analisi del quadro normativo, scenari e opportunità di mercato”
L’Italia, per ritagliarsi un ruolo da protagonista nella nuova stagione del nucleare europeo, ha bisogno di una strategia nazionale, integrata con PNIEC e neutralità climatica al 2050, coordinata da un gruppo interministeriale che coinvolga MASE, MIMIT, MUR. A livello industriale, serve l’avvio di una fase pilota di small modular reactors (SMR) in siti idonei, in particolare aree con infrastrutture esistenti o in decommissioning, tramite partenariati pubblico-privati. Sul fronte istituzionale, è necessario puntare al rafforzamento dell’Autorità di regolazione ISIN, in termini di risorse e competenze, in coerenza con la nuova legge delega sul nucleare, e un investimento stabile in formazione, ricerca e rientro dei talenti, con nuovi percorsi universitari, ITS e poli di eccellenza su SMR, IV generazione e fusione.
Ieri (9 dicembre), presso l’Europa Experience – David Sassoli a Roma, è stato presentato il nuovo paper di AWARE think tank sul ruolo economico e strategico del nucleare per l’Italia, al centro dell’evento “Il ritorno dell’atomo: quale ruolo per l’Italia nella nuova stagione del nucleare europeo?”. Il documento analizza gli impatti su PIL, bilancia energetica, ricerca e posizionamento competitivo internazionale, proponendo un pacchetto di misure di policy nazionali e internazionali.
Combinando opportunità di mercato europeo e un eventuale programma nazionale, le elaborazioni del paper, tratte dallo studio TEHA Group “Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese” (2024), da EY e da stime Forbes 2025, indicano un mercato complessivo potenziale di circa 46 miliardi di euro e 14,8 miliardi di valore aggiunto diretto, con un impatto totale fino a 50,3 miliardi di euro, pari a circa il 2,5% del PIL, e 117.000 nuovi posti di lavoro tra diretti, indiretti e indotti.
Sul piano internazionale il documento propone l’aggiornamento, sotto l’egida AIEA, delle convenzioni su sicurezza e gestione del combustibile, con standard minimi globali vincolanti lungo tutto il ciclo di vita degli impianti e maggiore trasparenza sulla gestione dei rifiuti radioattivi. A livello europeo, il paper suggerisce di rafforzare il mandato di Euratom per includere il supporto diretto a SMR e idrogeno nucleare e di procedere verso una armonizzazione delle procedure di licensing tra Stati membri, inserendo il nucleare nella nuova politica industriale verde dell’UE.
Dal punto di vista economico, sulla base del report EY “Nucleare Italia: il punto della situazione” (2025), la filiera nucleare allargata in Italia genera già oggi circa 4,1 miliardi di euro di produzione, 1,3 miliardi di valore aggiunto e 13.500 addetti (dati 2022). Il solo “core” nucleare – progettazione, componentistica, ciclo del combustibile e servizi specialistici – vale 457 milioni di euro di fatturato e 161 milioni di valore aggiunto, con circa 2.800 occupati, pari allo 0,02% del PIL 2023 (fonti: EY, ISTAT).
Sul fronte energetico, i dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (“Situazione energetica nazionale 2023”) indicano per l’Italia un tasso di autosufficienza del 25,4%, con forte dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili. Nonostante la chiusura delle centrali, il Paese importa ogni anno da Francia e altri vicini circa 14 TWh di elettricità di origine nucleare, pari a circa il 5% del fabbisogno elettrico nazionale, per un valore stimato intorno a 1 miliardo di euro (stime del paper su dati GME e ARERA). Ogni GW di capacità nucleare installata potrebbe sostituire tra gli uno e due miliardi di metri cubi di gas all’anno, con risparmi fino a 400 milioni di euro sulla bilancia energetica, grazie a fattori di capacità prossimi al 90%. Il PNIEC 2023 del MASE, nello scenario “con nucleare”, ipotizza risparmi cumulati per circa 17 miliardi di euro e fino a 500 milioni di euro l’anno di PIL aggiuntivo rispetto a scenari privi di nucleare, grazie a una capacità complessiva che al 2050 può arrivare a 7,6 GW.
L’Italia, ricorda il paper, è 15ª al mondo e 7ª tra i Paesi UE per export di reattori, componenti e strumentazione nucleare nel periodo 2018-2022, con un valore medio annuo di circa 530 milioni di euro e una quota del 3,2% del mercato globale, oltre il 75% dei volumi destinato all’UE (fonte: UN Comtrade). La spesa italiana in R&S è pari all’1,48% del PIL, di cui lo 0,55% pubblica (ISTAT 2021); un rafforzamento mirato sulla ricerca nucleare – materiali avanzati, digitalizzazione, sensoristica e robotica – avrebbe un forte effetto leva su cluster hi-tech e spin-off ad alta intensità di conoscenza. Il Paese partecipa inoltre a programmi come ITER, DTT, DEMO, Euratom, EUROfusion e Horizon Europe ed è parte attiva della European SMR Alliance.
Per Nadia Cipriani, responsabile Area gestione rifiuti radioattivi, trasporto e radioprotezione di ISIN, “l’ISIN deve essere rafforzata in termini di risorse e competenza sin da subito e anche in prospettiva futura tenendo conto del decreto di legge delega sul nuovo nucleare”.
Riguardo al tema dell’accettabilità del “nucleare” da parte della popolazione, “l’Ispettorato è disposto a fare la sua parte, pur nella consapevolezza della necessità di mantenere un ruolo super partes”. Si tratta di un processo complesso che dovrà basarsi su trasparenza, formazione, coinvolgimento degli stakeholders, per far comprendere che la sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti radioattivi sono assicurate da norme definite e dalle attività che l’Ispettorato svolge per la tutela dell’ambiente, della protezione dei lavoratori e della popolazione, attuale e delle generazioni future”, ha aggiunto Cipriani.
“Sarà compito delle istituzioni e delle aziende individuare gli incentivi economici e professionali per trattenerli o farli rientrare in Italia, l’università può solo continuare ad alimentare la loro passione e il loro interesse per queste discipline”, ha commentato Gianfranco Caruso, Professore Ordinario in Impianti nucleari presso Università di Roma “La Sapienza” e membro del Board CIRTEN (Consorzio Interuniversitario Ricerca Tecnologica Nucleare).
Giacomo Falcucci, Professore Ordinario di Macchine e Sistemi Energetici presso Università di Roma Tor Vergata, ha delineato quello che ritiene “lo scenario più realistico per una transizione energetica davvero sostenibile in Italia”. “Non è ‘rinnovabili senza nucleare’ né ‘nucleare contro le rinnovabili’ – ha detto – ma un’architettura eterogenea in cui le rinnovabili si integrino pienamente con il nucleare di nuova generazione. Quest’ultimo, infatti, può garantire capacità programmabile ad alta densità energetica (inerzia, stabilità di frequenza, copertura del carico di base), lasciando spazio a strategie ottimali per la gestione delle rinnovabili e degli accumuli di cui esse necessitano (idrogeno verde e idroelettrico in primis). Questa configurazione, pienamente coerente con gli scenari PNIEC e con le evidenze tecniche sui sistemi ad alta penetrazione rinnovabile, è ad oggi il mix migliore per ottenere un sistema elettrico stabile, resiliente e compatibile con la neutralità climatica”.
“Il supporto alle Istituzioni e alle industrie impegnate nel settore nucleare è la nostra principale priorità nella pianificazione delle attività di ricerca”, ha affermato Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Nucleare ENEA.
“Le più accreditate stime dicono che l’elettrificazione dei consumi e la transizione digitale in corso porteranno, nei prossimi decenni, a raddoppiare il consumo di elettricità – ha concluso Gian Luca Artizzu, Amministratore Delegato di Sogin. “Di fronte a questo scenario è necessario affiancare alle diverse fonti rinnovabili il nucleare con l’obiettivo di garantire la decarbonizzazione, la sicurezza energetica e la riduzione dei costi dell’energia per le famiglie e le imprese italiane. In questo contesto – ha aggiunto Artizzu – Sogin è già pronta a mettere a disposizione i suoi asset industriali e le sue competenze professionali per migliorare il sistema elettrico, fornendo il proprio contributo nel settore delle rinnovabili e, ancora di più, nel nucleare, se il Paese deciderà di tornare a produrre energia elettrica da questa fonte”.
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