Francesco Basentini venne nominato capo del Dap “grazie” alla sua amicizia con il pm Leonardo Pucci, compagno di studi all’Università di Alfonso Bonafede. Lo ha confermato questa settimana Luca Palamara durante la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia presieduta dal pentastellato Nicola Morra. Interrogato a Palazzo San Macuto, l’ex zar delle nomine ha ricostruito come avvenne nella primavera del 2018 la nomina di Basentini, allora uno sconosciuto magistrato e senza particolari titoli, al vertice del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, posto per il quale era invece in pole position il pm antimafia Nino Di Matteo. «I capi delle correnti rimasero molto sorpresi quando il ministro della Giustizia Bonafede nominò Basentini al Dap», ha esordito Palamara.
Tutte le nomine dei vertici degli uffici di via Arenula, a cominciare da quella del capo di gabinetto del ministro, sono sempre state il frutto di un “accordo fra le correnti”, premette Palamara. Nella spartizione correntizia un posto di primo piano lo ha sempre avuto il ruolo di numero uno del Dap, incarico particolarmente ambito fra i magistrati soprattutto per il suo maxi emolumento. Nel 2018 a seguito delle elezioni politiche, con la vittoria travolgente dei grillini, “cambiano i rapporti di forza” a via Arenula. Il Ministero era stato guidato fino a quel momento per cinque anni da Andrea Orlando, esponente di primo piano del Pd, che aveva preferito circondarsi, tranne rare eccezioni, da magistrati legati alla sinistra giudiziaria di Magistratura democratica e al gruppo centrista di Unicost, la corrente di Palamara.
L’arrivo di Bonafede “sfugge ai rapporti” che Unicost aveva con via Arenula, creando “apprensione”. Le correnti, e quindi Unicost, temono che Bonafede attui un feroce spoil system fra le toghe di Md e Unicost che per anni hanno colonizzato il Ministero della giustizia. Favorite in questa partita dovrebbero essere le toghe di Autonomia&indipendenza, la corrente fondata dall’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo, ben vista dai grillini e dal circuito mediatico che appoggia pancia a terra il M5s, come, ad esempio, il Fatto quotidiano di Marco Travaglio o il Gruppo Cairo. La mancata nomina di Di Matteo sorprende Palamara. «Non voglio offendere nessuno – mette le mani avanti l’ex zar – ma il profilo professionale di Di Matteo sul fronte del contrasto alla mafia era certamente diverso a quello di Basentini». Palamara conosce bene Basentini avendolo proposto a suo tempo per diventare procuratore aggiunto a Potenza nell’ambito di “accordi correntizi”.
L’arrivo di Basentini al Dap, invece, è diverso: il magistrato pur essendo “legato” all’ambiente di Unicost, non è “espressione” di Unicost. Quindi una nomina non frutto della lottizzazione correntizia ma di rapporti di conoscenza che avevano comunque garantito un posto di prestigio nel risiko dei magistrati fuori ruolo a Unicost. A fare il nome di Basentini è dunque Pucci che aveva conosciuto Basentini quando lavorava a Potenza. Il compagno di studi di Bonafede, prosegue il racconto, era anche diventato il terminale delle segnalazioni e delle premure delle correnti in quel periodo. A supporto di quanto affermato, Palamara ha invitato tutti i componenti della Commissione parlamentare antimafia a rileggere la chat con Maria Casola, allora potentissima capa Dipartimento al Ministero.
È il 22 giugno del 2018 quando la dottoressa Casola chiede a Palamara chi sia questo sconosciuto magistrato catapultato al vertice del Dap. «È del nostro concorso vicino a noi bravo ragazzo cugino di Speranza (Roberto, ndr) di Leu molto amico di Pucci. Che lo ha voluto», risponde secco Palamara. «Sono totalmente iniziative individuali e nessuno può essere ricondotto a noi», sottolinea quindi l’ex zar, escludendo di aver partecipato alla spartizione degli incarichi. Basentini, poi, si dimetterà dall’incarico travolto dalle polemiche per le rivolte nelle carceri a marzo dello scorso anno che causarono 13 morti fra i detenuti.
