La riflessione
Per Socrate il bene più prezioso era il futuro; la nostra epoca, invece, lo odia
«O Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo». Socrate, già freddo fino all’addome, a un soffio dalla morte, si scopre per pronunciare le sue ultime parole. Sul loro significato si sono arrovellate le menti migliori, per secoli, fra le tantissime, una anonima, semplice: per Socrate la vita non era il bene più prezioso. Lo era il futuro. Vi era già proiettato, e quello gli avrebbe dato le soddisfazioni maggiori, per cui era essenziale non lasciare nulla in sospeso e finire, per ricominciare, rimanendo coerente con i propri principi. Nemmeno per il Cristo, uomo, la vita era tutto, altrimenti avrebbe rinnegato il Padre suo per conservarla, e non è stato tutto per i Martiri della Chiesa che la hanno ceduto in cambio del Credo.
La storia umana è, nella sostanza, una successione di cicli in cui si è alternato l’attaccamento assoluto alla vita, poi, al suo valore relativo, minore rispetto a qualcosa di più grande. I periodi più bui sono stati quelli in cui la vita era tutto, la luce ha riempito i tempi di rinascimento. Quanti e quanti geni, in tutti i campi, hanno condotto esistenze malferme e all’ultimo anelito di vita hanno affidato il guizzo migliore del loro intelletto o del loro cuore. Van Gogh era arrivato alla certezza di non poter migliorare la propria esistenza terrena attraverso la pittura, ma la ha prodotta infaticabile, per se stesso, per noi. L’uomo ha due modi di vivere: per il presente o per il futuro, in proprio o per gli altri. Quello, tutto, di cui noi godiamo del passato, lo dobbiamo a chi ha vissuto avendo come guida il futuro: nell’arte, la natura, la scienza. Un bosco millenario lo abbiamo perché qualcuno, magari sterile dal punto di vista riproduttivo, ha pensato ai propri figli.
È la storia che fa la differenza, alcuni la guardano con speranza, altri la temono disperati. Perché se arriverà avrà parole vere in bocca: il genio la ama, in vita non è mai stato attaccato alla vita come bene supremo unico. Dei nostri tempi si dice che non esiste la vergogna, o la meraviglia, e molti fanno o commettono cose impensabili fino a qualche anno fa. Viviamo il tempo di chi non ha genio e perciò del futuro non gli importa nulla. Il mediocre assiso al potere ha nella vita il bene supremo, vorrebbe che fosse eterna per prendersi i privilegi che è riuscito a ottenere. Odia tutti perché odia il futuro, teme la storia, che se verrà, porterà parole a coltello o a vanga per seppellire esistenze che non potevano lasciare il segno, e non lo lasceranno.
L’odio tracima nei nostri anni perché non sono anni popolati da geni, i pochi che ci stanno vivranno nell’ombra in attesa della giustizia futura. I mediocri faranno di tutto per prolungarsi la vita, per allontanare la tempesta che ne polverizzerà il ricordo, non possono non essere cattivi, non possono non odiare, perché non hanno prodotto nulla di nobile da lasciare all’umanità che è l’unico bene supremo che appartiene all’uomo. Frotte di politici, burocrati, artisti, potenti e potentucoli le loro gesta le hanno impresse negli arenili, ma non lo fermeranno il mare.
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